Parliamo di |
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Autori
del Novecento italiano:
PIRANDELLO |
Critica
all'opera |
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Gerardo
Guerrieri |
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Così è (se vi pare) |
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Commedia in tre atti
rappresentata nel 1916, tratta dalla novella "La signora
Frola e il Signor Ponza, suo genero". Nulla di
trascendentale nella tesi di questa parabola filosofica:
la verità e questa o quella o qualsivoglia; chi conoscerà,
mai la verità? Un luogo comune da cui deriva una delle
commedie più spericolate, una delle farse più sapienti di
Pirandello. Fra scene scaltre e paradossali è disegnato un
ritratto di provincia di un'eccellente misura
caricaturale. Il tono leggero e falsamente arguto della
conversazione da salotto provinciale si rarefà
continuamente per finire in uno stupore melanconico e
ossessivo. Il motivo, abitudinario in Pirandello, di un
discreto e navigato relativismo, lo spinge a far fondo a
tutta la sua pirotecnica; ma il divertito umorista si gela
di pietà sul destino degli uomini, che non sapranno mai,
che rimarranno soli e ostili, a rimpiangere una meschinità
senza scampo. A Valdana arriva il signor Ponza con la
moglie e la suocera: questa alloggia nel centro della
città, mentre per la coppia c'è un quartierino alla
periferia. Pare che alla suocera sia addirittura vietato
vedere la figlia, tanto che questa può comunicare con lei
solo per mezzo di bigliettini celati in un paniere. La
stranezza della situazione è accresciuta dalla curiosità
generale e dalle più strampalate supposizioni. Per di più
la signora Frola rifiuta di farsi vedere e ha evitato
anche, estrema scortesia, la visita di prammatica ai
vicini. Il consigliere di prefettura Agazzi, superiore del
signor Ponza, è quasi costretto dalla moglie e dalla
figlia a ricorrere al prefetto: non occorre meno perché la
vecchietta si decida a far loro visita. E con i presenti
assetati di notizie ella si scusa pateticamente: tutti i
familiari suoi e del genero sono periti in un terremoto.
Quanto al signor Ponza, solo il suo amore esclusivo e
violento ha escogitato l'espediente del panierino; egli
non permette nemmeno alla madre di avvicinarsi alla
moglie. Ma, appena ella è uscita, entra il signor Ponza ad
avvertire che non le diano ascolto: in realtà ella è
pazza, e ritiene che la figlia sia ancora viva, mentre
invece è morta da quattro anni. Da quattro anni egli
cerca, con ogni espediente, di evitarle questo dolore e di
farle credere che la figlia sia viva. Uscito il signor
Ponza, rientra la signora Frola: che non gli diano retta,
il pazzo è lui soltanto, che crede di avere una seconda
moglie, essendogli morta la prima. In realtà la figlia
della signora Frola, sottratta all'affetto violento e
geloso del marito, fu posta in una casa di salute. Al suo
ritorno il signor Ponza pretese di sposarla di nuovo,
prendendola per un'altra e credendo morta la prima. Le
contradditorie rivelazioni producono una generale
eccitazione; il consigliere fa eseguire minuziose ricerche
nei registri dello stato civile, ma non riesce ad appurare
nulla, perché tutto è andato distrutto col terremoto;
finalmente ricorrono a un confronto, che in questi
processi alla verità è di prammatica e fissa il nucleo più
appariscente e vivace dell'intreccio. Attirati i due in
casa Agazzi, il signor Ponza si irrita, sgrida con
veemenza la suocera e la scaccia: poi, appena uscita la
vecchia, si scusa per la scenata. È l'unico mezzo per
tenerla ancora nell'illusione: farle credere la verità
come effetto della propria pazzia. A questo punto compare
anche il prefetto, e si chiama, ultima speranza, la
signora Ponza, tra la più aperta e dolorosa opposizione
della signora Frola e del genero contro questa spietata
persecuzione della curiosità. La signora Ponza entra,
simbolicamente coperta di veli; di fronte a una sventura
così nascosta, dice, è inutile e crudele volerla svelare.
"La verità è solo questa: che vi sono, sì la figlia della
signora Frola, - e la seconda moglie del signor Ponza; sì,
e per me nessuna!, nessuna!... Per me io sono colei che mi
si crede!". Si trovano forse riuniti in questa originale "sotie"
i motivi più istintivamente umani dello scrittore: la
solitudine umana e la sua disperata incomunicabilità. Solo
la pietà può consolarle, aprendo la solitudine in
solidarietà, per questi uomini condannati al buio dei
sensi.
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