Letteratura italiana: Luigi Pirandello

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Parliamo di

  Autori del Novecento italiano: PIRANDELLO
Critica all'opera
  Gerardo Guarneri

 


Vestire gli ignudi
 

Commedia in tre atti rappresentata nel 1922. Ersilia Drei, governante in casa del console italiano a Smirne, è divenuta amante dell'ufficiale di marina Laspiga, che, dopo averle promesso di sposarla, l'ha abbandonata; e poi del console. Un giorno, durante un colloquio dei due amanti, la bambina affidata alle cure di Ersilia è caduta dalla terrazza ed è morta. Scacciata, e giunta a Roma, ha trovato Laspiga fidanzato con un'altra; alla fine, caduta sempre più in basso, non potendone più, ha tentato di avvelenarsi. Ma all'ospedale, sicura di morire, ha raccontato ai giornalisti una triste storia d'amore infelice, come causa del suicidio. Guarisce: ed entrambi, il console e Laspiga, accorrono, l'uno Per smascherare le menzogne raccontate ai giornali, l'altro, tratto a pietà da questo presunto amore che per lui va incontro alla morte, deciso a riparare al suo torto. Attraverso le loro concitate indagini per sapere, per capire, per ricostruire, viene a galla la vera storia: invano Ersilia ha cercato di vestire la sua povera nudità. E quando essa si sente ricondotta a una realtà da cui aveva tentato evadere nel momento stesso in cui credeva di scomparire, non le rimane che avvelenarsi di nuovo. Estreme storie romantiche vengono riesumate da Pirandello attraverso schemi dialogici, ma in Ersilia affiora il torbido dramma della conoscenza, in una landa dove tutto è avvenuto e tuttavia incomincia ancora attraverso le parole. È il rifacimento verbale, il naturalismo retroattivo: un dualismo implacabile che, a ritroso, conduce Pirandello vicino ai difficili passi della poesia. "In me è la passione stessa che diventa poi, appena si esalti, un po'teatrale". Mentre la lontananza addolcisce e rende dolente questa materia meschina, a volte sordida, il romanzo d'appendice si scioglie in dramma non appena si fa mite il ricordo, e tace la disordinata foga dei sensi.

Sembra anche qui che si voglia svelare non si sa quale triste legge della vita; e nondimeno non si svela niente, perché niente c'è da svelare.
(B. Croce)

 

Luigi De Bellis