Nel
Canzoniere di Saba proprio per l'impianto su cui
esso si regge, per la concezione che della sua
attività poetica ha l'autore (registrazione della
propria vicenda anteriore, romanzo totale), c'è
posto per una vastissima gamma di atteggiamenti, per
posizioni molteplici e contrastanti. Questa lirica,
rispetto alle precedenti, ha una notevole carica di
novità: sia per la sua essenzialità, sia per il cupo
senso di estraneità alla vita degli altri -
descritta prima con tanta affettuosa adesione - che
la anima.
Tutto l'ultimo Saba, attraverso Parole, Ultime cose
e Mediterranee, rinnova, con la più duttile sapienza
dell'età matura, l'accento di grazia intima di
Trieste e una donna e dei suoi più alti momenti
successivi. Consunti e indeboliti i moduli d'una
tradizione che gli erano serviti come limiti e
schemi ove si rapprendesse e assumesse figura la sua
calda materia, ora si enucleano, nella forma della
più semplice notazione di diario, della fugace
impressione naturale e della rapida fissazione di un
pensiero o di un ricordo, i trasalimenti della vita
profonda. Semplici constatazioni, in cui l'emozione
lirica si distende nella misura dell'endecasillabo
come nel proprio naturale respiro, in fulminei
scorci evoca una figura o un paesaggio e suscita
atmosfere d'una intensità forse prima irraggiunta.
S'è così operata, nella poesia di Saba, una sorta di
precipitazione, per cui tanti elementi del suo
mondo, magari poetici ma non poeticamente
essenziali, ne sono caduti (e le prose di
Scorciatoie, assieme a qualche epigramma, accolgono
ora le espressioni della sua famigliare saggezza ed
esperienza, gli aneddoti, i momenti riflessivi, che
sono forse anch'essi, in fondo, di natura poetica,
ma d'un ordine diverso), e rimane, nella sua diretta
ed intensa espressione, nella sua acuta aderenza
sensibile, il puro momento della «trance» emotiva.
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