Letteratura italiana: Analisi del Novecento

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Parliamo di

  Opere di Vitaliano Brancati
Analisi opere
 1 Il bell'Antonio
2 Diario romano
3 Paolo il caldo
4 Il vecchio con gli stivali
5 Don Giovanni in Sicilia

 


Il bell'Antonio
 

Romanzo dello scrittore siciliano Vitaliano Brancati pubblicato a Milano nel 1949, tre anni dopo Il vecchio con gli stivali. È il più complesso tentativo compiuto da B. per realizzare le misure del Romanzo. La vicenda, nelle sue linee esterne, può essere riassunta in poche righe: un giovane di straordinaria bellezza, Antonio Magnano, termine delle speranze e dei sogni di tutta la gioventù femminile catanese, sposa Barbara, una ricca e bella ereditiera della città, senza rivelare né a essa né ad altri il difetto che lo affligge, qualcosa che sta tra l'inibizione e l'impotenza sessuale. Dopo tre anni, durante i quali egli cerca di puntare sul candore di sua moglie per sostituire ai normali rapporti coniugali un legame amoroso idealizzato, la cosa viene risaputa dalla famiglia di lei, salda e concreta prosapia di notai. L'annullamento del matrimonio e lo scandalo che ne segue in una società dove, come dice sarcasticamente Brancati, "la parola onore ha il suo più alto significato nella frase "farsi onore con una donna", getta nell'infamia il povero Antonio e nella disperazione il settantenne padre di lui, che per riscattare l'"onore" familiare si fa sorprendere da un bombardamento in un postribolo lasciandovi la vita. Tuttavia né questo né altro più ampio riassunto del libro può dare la minima idea della sinuosità della sua linea, tanto meno delle figure e degli episodi di cui è ricco e che anzi lo rendono valido al di là dell'improbabile storia di Antonio Magnano: e neppure serve a dare un'idea della sua ambientazione storica (gli ultimi anni della dittatura fascista a Catania) o delle intenzioni comico-polemiche dello scrittore, il quale, seppure in modo discontinuo, tenta di sollevarsi dalla satira di costume già tentata con levità nel Don Giovanni in Sicilia a un moralismo più approfondito e rigoroso. Quanto si è detto basta a far comprendere che Il bell'Antonio è un tentativo riuscito solo a metà. Esso non possiede l'unità del Don Giovanni e neppure il mordente del Vecchio con gli stivali, ma risulta da un compromesso tra i due temi principali su cui s'era finora esercitato il comico di Brancati: il gallismo e il fascismo. Va notato, piuttosto, che nel Bell'Antonio si assiste a una revisione della tematica del gallismo: la quale perde in questo libro l'alone quasi romantico in cui la tuffavano gli impossibili sogni dei Don Giovanni siciliani, e s'arricchisce d'una sorta d'acredine giudiziaria e moralistica, la quale, pur negli scompensi che produce, è un chiaro indice della volontà dell'Autore di instaurare, da quest'opera in poi, un processo in piena regola alla sua provincia. Ma è soprattutto nel senso dell'ambientazione e nella capacità di farci vivere e penetrare veramente in una sua società siciliana media e piccolo-borghese, che notiamo in questo romanzo un progresso. Ed è questo un acquisto che a Brancati viene dalle istanze di realismo che in lui s'erano fatte urgenti dopo gli anni della guerra. In questo senso nel Bell'Antonio c'è una "provincia", c'è una Catania "vera" e destinata letterariamente a restare, anche se si tratta di ricavarla dall'involucro d'una vicenda troppo esigua che non sempre riesce a reggere intero il peso delle intenzioni etico-politiche dello scrittore. Mario Pomilio

 

Luigi De Bellis