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IL NOVECENTO
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CREPUSCOLARISMO
Crepuscolari furono definiti dal
critico Giuseppe Antonio Borgese
quei poeti che avvertirono la
crisi spirituale del tempo come
un crepuscolo nell’imminenza del
tramonto, che non vollero e non
seppero allacciare alcun
rapporto concreto e costruttivo
con la realtà sociale, che
rifiutarono ogni aggancio con la
tradizione culturale. Questi
poeti si ripiegarono su se
stessi a compiangersi d’esser
nati e, in attesa della morte,
cantarono gli aspetti più banali
e insignificanti del quotidiano,
avvolgendo uomini e cose in una
nuvola di malinconia. Privi di
fede e di speranza, i
crepuscolari si rifugiarono nel
grigiore delle cose comuni,
quasi col pudore di chi vuol
nascondersi agli occhi degli
altri per non farsi veder
piangere. Tra di loro
annoveriamo Marino Moretti,
Corrado Govoni, Fausto Maria
Martini, ma le voci più
autentiche e significative sono
quelle di Sergio Corazzini e
Guido Gozzano.
Sergio Corazzini nacque a Roma
nel 1887 e visse una infanzia
assai triste e in assoluta
povertà per il fallimento del
padre. Poco più che adolescente
fu costretto ad impiegarsi in
una compagnia di assicurazioni
per far fronte alle più
indispensabili necessità della
vita, vedendo così crollare ad
uno ad uno tutti i sogni
dell’infanzia. Ammalatosi di
tisi, morì a soli venti anni.
Dalla sua unica raccolta di
poesia, citiamo la prima ed
ultima strofa di “Desolazione
del povero poeta sentimentale”:
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Perché tu mi dici:
poeta?
Io non sono un poeta.
Io non sono che un
piccolo fanciullo che
piange.
Vedi: io non ho che
lagrime da offrire al
Silenzio.
Perché tu mi dici:
poeta?
..............................
Oh, io sono veramente
malato!
E muoio un poco ogni
giorno.
Vedi: come le cose.
Non sono, dunque, un
poeta:
io so che per esser
detto: poeta, conviene
viver ben altra vita!
Io non so, Dio mio, che
morire.
Amen. |
Guido Gozzano nacque ad Aglié,
in provincia di Torino, nel
1883. Abbandonati gli studi di
giurisprudenza, si dedicò
interamente alla letteratura e
pubblicò due raccolte di versi,
“La via del rifugio” (1907) e “I
Colloqui” (1911). L'opera sua
più importante, però, è il libro
in prosa che descrive il suo
viaggio in India, ove era andato
nella speranza di guarire dalla
tisi: “Verso la cuna del mondo”.
Morì a soli trentatré anni,
lasciando ancora da pubblicare
due raccolte di novelle
(“L’ultima traccia” e “L’altare
del passato”) e due raccolte di
fiabe (“La principessa si sposa”
e “I tre talismani”).
«La sua - avverte il Pazzaglia -
potrebbe essere chiamata poesia
dell’assenza, della vita
mancata, d'una stanca aridità,
conseguita al crollo dei miti
fastosi romantici o dannunziani
e approfondita da quel suo
sentirsi morire giorno per
giorno. Egli resta perplesso
davanti all’assurdità della vita
e del suo stesso io
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(è strano
fra tante cose strambe
un coso con due gambe
detto guido gozzano), |
ed esprime il suo tormento ora
abbandonandosi ad un cinismo
spinto fino alla crudeltà, ora
insistendo sulla propria
disperata aridità sentimentale».
Peculiare alla poesia del
Gozzano è quella vena sottile
ironica con cui tenta celare la
sua profonda desolazione a causa
di una esistenza che gli appare
inaccettabile e che egli non sa
in alcun modo ravvivare. Da uno
dei “Colloqui”, “L’amica di
nonna Speranza”, citiamo la
terza parte:
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Giungeva lo Zio, signore
virtuoso, di molto
riguardo,
ligio al passato, al
Lombardo-Veneto,
all'Imperatore;
giungeva la Zia, ben
degna consorte, molto
dabbene,
ligia al passato,
sebbene amante del Re di
Sardegna...
"Baciate la mano alli
Zii" -dicevano il Babbo
e la Mamma,
e alzavano il volto di
fiamma ai piccolini
restii.
"E questa è l'amica in
vacanza: madamigella
Carlotta
Capenna: l'alunna più
dotta, l'amica più cara
a Speranza".
"Ma bene... ma bene...
ma bene... " -diceva
gesuitico e tardo
lo Zio di molto
riguardo- "... ma
bene... ma bene... ma
bene...
Capenna? Conobbi un
Arturo Capenna...
Capenna... Capenna...
Sicuro! Alla Corte di
Vienna! Sicuro...
sicuro... sicuro... ".
"Gradiscono un po' di
moscato?" "Signora
Sorella magari...".
E con un sorriso pacato
sedevano in bei
conversari.
"...ma la Brambilla non
seppe...". "E' pingue
già per l'Ernani... "
"La Scala non ha più
soprani...". -"Che vena
quel Verdi Giuseppe".
"...nel Marzo avremo un
lavoro alla Fenice,
m'han detto,
nuovissimo: il
Rigoletto. Si parla d'un
capolavoro".
"...Azzurri si portano o
grigi?. -"E questi
orecchini? Che bei
rubini! E questi
cammei... " - "la gran
novità di Parigi...".
"...Radetzki? Ma che?
L'armistizio... la pace,
la pace che regna...".
"...quel giovine Re di
Sardegna è uomo di molto
giudizio!".
"E' certo uno spirito
insonne, e forte, e
vigile e scaltro..."
"E' bello?". -"Non
bello: tutt'altro".
-"Gli piacciono molto le
donne...".
"Speranza!" (chinavansi
piano, in tono un po'
sibillino)
"Carlotta! Scendete in
giardino: andate a
giocare al volano!".
Allora le amiche serene
lasciavano con un
perfetto
inchino di molto
rispetto gli Zii molto
dabbene. |
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