Le opere di Ugo Betti

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Parliamo di

  Ugo Betti
Analisi opere
 1 L'aiuola bruciata 
2 Canzonette - La morte
3 Le case
4 Corruzione al palazzo di giustizia
5 Delitto all'isola delle capre
6 Il diluvio
7 Frana allo scalo nord
8 Il re pensieroso
9 La regina e gli insorti

 


Frana allo scalo nord
 

Dramma in tre atti scritto nel 1932, pubblicato in "Scenario" nel 1935 e in Teatro di Betti a Bologna nel 1955, e rappresentato per la prima volta al Teatro Goldoni di Venezia il 28 novembre 1936. Come la frana che ha inghiottito tre operai, cosi l'istruttoria che ne segue inizia lentamente, allarga le sue dimensioni, incalza con ritmo sempre più implacabile (e in questa progressione è una delle maggiori attrattive del dramma). Il giudice Parsc, assistito dall'Accusatore, ha in mano la pratica e procede con le formalità che il meccanismo della regola burocratica richiede. Ma il dramma a un dato punto avanza incontenibile, sempre più convulsamente, nell'intricato campo ove sorgono i problemi della coscienza umana. Chi ha la colpa della tremenda disgrazia? L'imprenditore dei lavori, il maggiore indiziato, rigetta l'imputazione, ma accusato dai suoi operai, inaspettatamente, in quanto credeva d'esserne benvoluto, è come smarrito e tenta di togliersi la vita. Trattenuto in tempo, si denuncia, confessa. E così gli altri. Man mano tutti si sentono responsabili, sentono come un bisogno di confessarsi pubblicamente. Intorno anche l'atmosfera, rarefatta nel simbolo, assume un senso d'incubo collettivo, d'inquietante, tragica vibrazione. Si presentano le stesse vittime della catastrofe; all'imprenditore, al motorista, al manovale che continuano ad accusare se stessi, le ombre manifestano il loro dissenso. Di chi la colpa allora? L'interrogativo supera ormai l'ambito della ricerca del colpevole; la responsabilità si allarga investendo l'umanità tutta. Lo stesso giudice si leva la toga e rifiuta di emettere la sentenza. Ma dietro le insistenze dell'Accusatore eccola, la sentenza: essa non può essere che un grido: pietà, pietà per tutti. Forse in nessun altro lavoro di Betti la situazione drammatica è sostenuta da tanta efficacia corale. D'altra parte il tema della responsabilità che progressivamente si innalza, si complica, si universalizza, non riesce a soffocare o a disperdere l'umanità delle doloranti creature. Il ritmo e lo stacco delle scene, la successione del dialogo che si avvale spesso, e con rigorosa misura, di pause, di scatti improvvisi, di toni smorzati, conferiscono al dramma un'essenzialità e una potenza estreme. 
Alfredo Barbina
 

 

Luigi De Bellis