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Autori
del Novecento italiano |
Analisi
opere |
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Mario
Luzi |
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Mario Luzi è nato
a Firenze nel 1914, dove ha passato gran parte della
giovinezza (a parte un soggiorno a Siena, importante per
la formazione del suo immaginario, dal 1926 al 1929) e
dove ha compiuto gli studi, laureandosi in Letteratura
francese (con una tesi su Francois Mauriac, che ha
stimolato la conoscenza del pensiero cattolico francese).
A Firenze entra nel gruppo degli ermetici, collabora alle
riviste «Il Frontespizio», «Letteratura» e «Campo di
Marte». Pubblica nel 1935 la prima raccolta di versi La
barca. Nel 1938 inizia l'attività di insegnante nelle
scuole medie superiori e soggiorna a Parma, a S. Miniato e
a Roma, prima di ritornare a Firenze. Nel 1940 pubblica
Avvento notturno, la raccolta forse più esemplare del suo
ermetismo (e degli influssi del surrealismo). Seguono, a
completare questa fase, Un brindisi (1946) e Quaderno
gotico (1947), Una seconda fase - come si é detto - si
apre con Primizie del deserto (1952) e con Onore del vero
(1957). Tutta la produzione lirica menzionata è raccolta
nel 1960 in Il giusto della vita, Frattanto Luzi, dal
1955, tiene la cattedra di letteratura francese
all'Università di Firenze, dove continuerà a risiedere
negli anni seguenti e dove tuttora vive. Le successive
raccolte di liriche sono Dal fondo delle campagne (1963),
Nel magma (1963), Su fondamenti invisibili (1971), Al
fuoco della controversia (2978); Per il battesimo dei
nostri frammenti (1985), Frasi e incisi di un canto
salutare (1990), Viaggio terrestre e celeste di Simone
Martini (1994). Importanti sono anche vari volumi di
saggistica letteraria e numerose traduzioni (fra cui
quelle da Shakespeare e da Coleridge).
Mario Luzi Il maestro dell'ermetismo
La poesia di Luzi come l'espressione più alta
dell'ermetismo fiorentino riprende le fila del discorso
avviato dai grandi autori del simbolismo europeo, della
lirica pura e del surrealismo (soprattutto Mallarmé,
Valéry, Machado, Jiménez, Eluard).
La produzione del Luzi più tipicamente ermetico si
inscrive in una concezione della poesia come «isolamento
ed esercizio spirituale» (Fortini) in cui le vicende
esistenziali son collocate fuori dal tempo e fuori dalla
storia, in un ideale colloquio e confronto del poeta con
se stesso e con l'eterno, spesso tra «città spettrali,
paesaggi lunari, marmi e pietre preziose, costellazioni,
chimere, creature terrestri e celesti, angeli lacrimanti e
tremendi» (Fortini). Il linguaggio è per lo più
caratterizzato dal «preziosismo formale» (Mengaldo), da
uno stile al tempo stesso sontuoso e nitido, squisito e
capzioso. Tutta la poesia di Luzi, anche quella più
recente, è comunque una meditazione sul destino
individuale, sul rapporto tra effimero ed eterno. Cimitero
delle fanciulle è una solenne meditazione su quello che a
Luzi appare il mistero della morte, le cui plaghe (il mare
delle vostre ombre) lambiscono di continuo i viventi, e
quindi una meditazione sul vigoroso fluire e rapido
svanire di quell'altrettanto misteriosa vitalità che il
poeta con sgomento sente in sé (questa mia solenne irta
esistenza). In Ah quel tempo è un barbaglio sembra
prevalere l'assaporamento di un attimo di felicità tutta
temporale. Ma è solo apparenza: il poeta, smaterializzando
l'amata, auspica che la felicità istantanea dell'amore si
faccia eterna e rivela la dolente consapevolezza del suo
carattere effimero. E si noti che la vicenda felice è
proiettata in un passato remoto, è allontanata da sé.
Siamo di fronte ancora ad una meditazione (mascherata) sul
tempo e sull'eterno e siamo, quanto a morale, all'opposto
del carpe diem oraziano.
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