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Minnie
la candida - 900 |
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MINNIE LA CANDIDA Dramma di Massimo Bontempelli tratto da una
novella della Donna dei miei sogni, scritto tra il 1925 ed
il 1927 e rappresentato a Torino nel 1928. Del primo
gruppo di drammi bontempelliani, Minnie è il lavoro più
ricco di intenti psicologici; in esso la ricerca dello
scrittore è meglio orientata verso il "personaggio umano".
Il dramma di Minnie, il cui intimo e universale candore le
fa sempre chiedere a tutti "che cosa è questo e che cosa è
quello", convinta che "a non sapere non si è mai felici",
non consiste nell'ingenua credulità con la quale essa
accetta la storiella degli uomini artificiali, narratale
in un momento di gaiezza da due allegri amici, e che la
conduce attraverso una lucida follia al suicidio, ma
consiste appunto in un più profondo motivo umano, nella
patetica impossibilità di Minnie a vivere in un mondo
corrotto, rigido e disumano, che ormai non sa e non può
più intendere la natura di un essere che sfugge al grigio
e arido meccanismo degli uomini. Il senso di questo dramma
bontempelliano ricco di suggestioni ma come rallentato dal
paradosso logico poggia sul valore che B. attribuisce al
candore: una "qualità elementare, molto rara, la più
rara", che significa "prodigiosa purezza", schietta e
naturale semplicità, un atteggiamento dello spirito
"divinamente incauto", "pieno di senso del mistero", che
esso accoglie con letizia umile, facendosene custode per
gli altri.
"900" Rivista fondata da Massimo Bontempelli, e pubblicata a Roma. I primi quattro numeri, con il
sottotitolo "Quaderni d'Italia e d'Europa", uscirono
dall'autunno del 1926 all'estate dell'anno dopo, uno per
stagione, e rappresentarono una sconcertante novità
essendo completa, mente redatti in francese. Dall'autunno
del '27 le edizioni furono due: una francese e una
italiana. Dal luglio del '28, la rivista proseguì nella
sola edizione italiana, che da trimestrale divenne mensile
fino all'ultimo numero (giugno '29). L'iniziativa era nata
con programmi assai ambiziosi, tendendo a raccogliere gli
aspetti più nuovi e autentici della nostra cultura secondo
principi largamente eclettici ma decisamente avversi ai
residui ottocenteschi, che a giudizio di B. stavano
pigramente aduggiando l'Italia provinciale e ritardataria.
Di qui, la battaglia contro i "relitti verminosi dello
psicologismo, del naturalismo, dell'estetismo, del gusto
piccolo-borghese, del sentimentalismo", ecc., e insieme la
ricerca di una letteratura non formalistica né accademica,
fondata sull'"immaginazione inventiva" e capace di
conservare intatti i propri valori anche nelle traduzioni.
E se la veste iniziale, esclusivamente francese, fu dunque
l'applicazione più fedele di questa idea, la rivista
continuò a seguire un criterio di generoso rinnovamento
anche nei successivi numeri italiani, ospitando scrittori
italiani e stranieri che si dimostrassero liberi dalle
angustie delle tradizioni nazionali. Così, nel panorama
della nostra letteratura di quegli anni, la rivista ebbe
una posizione non eccelsa ma storicamente riconoscibile:
sviluppò certi fermenti già vivi nell'antiaccademismo
della Voce; riprese forse il meglio del futurismo,
dal quale proclamò di distinguersi in nome di una segreta
vocazione popolaresca, estranea a ogni intellettualistico
compiacimento; manifestò esigenze che in seguito (con
interessi piú rigorosi ma non altrettanto vasti) avrebbero
ispirato la rivista fiorentina Solaria sino alla
vigilia dell'ultima guerra. Giusto vanto di B., inoltre,
fu la collaborazione di molti scrittori di ogni
provenienza, stimolati e, se pur momentaneamente, persuasi
dalla battagliera vivacità del periodico, che cessò di
vivere quando sul nonconformismo letterario cominciarono a
stendersi sempre più grevi i veli del conformismo
politico. Ricorderemo, dei collaboratori italiani, Corrado
Alvaro, Bruno Barilli, Emilio Cecchi, Giovanni Comisso,
Curzio Malaparte, F.T. Marinetti, Alberto Moravia. E degli
stranieri Blaise Cendrars, Il'jà Ehrenburg, Max Jacob,
James Joyce, André Malraux, André Maurois, Stefan Zweig.
Né meno importante fu la collaborazione dei pittori: da
Campigli a Rosai, da Carrà a Picasso. B. illustrò poi le
vicende della sua rivista, e riprodusse un'abbondantissima
scelta dei propri articoli che vi erano comparsi,
nell'ampio volume antologico e documentario L'avventura
novecentista (Firenze, 1938). Ferdinando Giannessi
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