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Famosa
raccolta di poesie e di prose liriche di Dino Campana
apparsa nel 1914, e, per cura di Bino Binazzi, ristampata
con altre composizioni nel 1928; una terza edizione, col
corredo di numerose note sulla lezione del testo, č stata
pubblicata da Enrico Falqui nel 1941. L'avventurosa e
diseguale vita dell'autore (ricondotto, anche per il suo
atteggiamento di scapigliato, all'esempio del Rimbaud) si
riflette nelle visioni allucinate dell'opera, dove
impressioni di paesaggio, sensazioni pungenti e
arabescate, ricordi di volti e di deserti vengono fusi in
un'atmosfera singolarissima. Frammentario nella sua
struttura, questo libro ha il bagliore delle
"Illuminazioni", del Rimbaud (v. Poesie di Rimbaud), e
polemicamente vuol raggiungere, anche di fronte alla
tradizione italiana, la schiettezza di un nuovo
atteggiamento lirico. Per niente morbosa o decadente, la
poesia di Campana, talora valutata esageratamente dai
cenacoli letterari che vi vedevano la rivelazione di un
nuovo "verbo lirico", ha nondimeno una notevole importanza
nella storia della letteratura contemporanea. Nei suoi
momenti migliori essa sembra stagliata come una roccia sul
fondo di un cielo cilestrino: le finissime notazioni del
diario sulla. "Verna", l'ampio e sinfoniale mito della
"Notte" basterebbero da soli a indicare la freschezza e
la. potenza lirica di un artista. L'esistenza č
intensamente sentita in un panico amore per la natura e in
un'ispirazione che, negli intendimenti dell'artista, non
poteva essere che dell'antico mito.
Carlo Cordič |