Letteratura italiana: Analisi del Novecento

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OPERE
Osteria flegrea
Poesie

 


Osteria flegrea
 

Raccolta poetica edita a Milano nel 1962. Gatto torna sempre ai suoi accenti, anche se li rende più pacati e sereni, e torna ai suoi maestri (Pascoli). Si deve però aggiungere che gli impegni morali e civili o, in genere, i richiami di una realtà concreta si congiungono ormai come una seconda passione naturale inserita dall'interno nell'originaria disposizione poetica e umana. In questo senso Osteria flegrea può considerarsi una riconferma, un punto d'arrivo abbastanza tranquillo della poesia di Gatto. Il nucleo essenziale del volume è dato dal gruppo "La madre e la morte" che riprende il motivo più dolente e più caro centrato, questa volta, sulla perdita della madre, un dato biografico che, pur conservando tutta la sua importanza, è però, poeticamente parlando, solo un forte spunto per una vera e propria teoria della morte, che trova i suoi accenti più chiari e artisticamente più validi in "La sorgente" e "Parabola", ove l'identità dei termini iniziali e finali risolve il ciclo dell'essere in un'angosciosa consolazione cosmica: "Ogni sorgente muore / della sua sete nel vedere l'onda"; "Tutti morti i bambini che vivranno / sparendo nell'età che li allontana / dalla soglia del mondo e dalla sera / del giorno eterno". Ma Osteria flegrea ha voluto il poeta intitolare il volume per congiungere quell'immagine della morte a un solare paesaggio meridionale che in parte la dissolve o almeno la rasserena nell'atto stesso in cui la riporta non tanto ai freschi colori di un quadro di vita quanto piuttosto a una concezione classica, storica, laica, e per ciò stesso non angosciante: "L'immemore che beve / nella pergola azzurra del suo tufo / e al sereno della morte invita". Ma vi è anche un tentativo di rinnovamento formale, un'insofferenza dei modi usuali che compare qua e là a spezzare i ritmi nuovi, la sempre per fetta architettura del verso gattiano. Ma anche questa ricerca nasce dall'interno dell'esperienza poetica di G., e, forse da un suo momento che per quanto possa sembrare lontano ne contiene invece le premesse (Arie e ricordi, 1940/41; Il capo sulla neve, 1949).
Giovanni Morelli

 

Luigi De Bellis