Quindicinale letterario fondato a Torino nel 1924 da Piero
Gobetti, titolo ne indica le aspirazioni
programmatiche a una civiltà culturale giudicata e
selezionata anche in nome di quegli aspetti morali e
civili che, appunto, avevano suscitato le passioni
critiche di Giuseppe Baretti ispirandolo nelle pagine più
calde della sua Frusta letteraria. Come gli
scrittori della Ronda che aveva cessato di uscire
poche settimane prima dell'esordio del Baretti, Gobetti e
i suoi amici combatterono ogni forma di dilettantismo e di
decadentismo, soprattutto il futurismo e il
dannunzianesimo, e si proposero un'austera fedeltà ai
grandi ideali della nostra tradizione; ma i "barettiani",
diversamente dai loro predecessori, avevano interessi ben
radicati anche nelle strutture della vita pubblica, e
l'impegno morale che ne derivava fu occasione di generosi
contrasti con le autorità del regime fascista. Ai primi
del 1926 Gobetti, osteggiato e percosso, fu costretto a
espatriare e poco dopo morì in Francia, in conseguenza
delle violenze subite. Gli amici mandarono innanzi la sua
iniziativa ma non riuscirono a resistere più di due anni.
Tra i collaboratori, sono da ricordare S. Benco, E.
Montale, N. Sapegno, G. Prezzolini. Grande importanza
ebbero numerose opere stampate in volume dall'omonima
collezione, che costui un altro aspetto dell'iniziativa
svolta dal periodico. Figurano nel catalogo i nomi di G.
Salvemini, L. Einaudi, L. Sturzo, ecc.; e, memorabile,
Risorgimento senza eroi del Gobetti stesso,
comparso pochi mesi dopo la morte dell'autore.
Ferdinando Giannessi
LA FRUSTA TEATRALE
Raccolta di rassegne critiche .
Ispirandosi, per un deciso moralismo e un buon senso tutto
piemontese, al carattere della barettiana Frusta
letteraria, il giovane autore vuol esaminare con
chiarezza la questione del teatro contemporaneo. Dopo aver
discusso alcune questioni di metodo (sulla lettura delle
opere teatrali, sull'interpretazione scenica), esamina il
vario mondo degli attori contemporanei: dalla Borelli alla
Duse, dal Falconi al Gandusio, dalla Galli a Emma
Gramatica allo Zacconi. Il Gobetti auspica un teatro
serio, di pochi autori e di spettacoli non guastati da
lavori mediocri e falsi; il valore letterario e poetico
dell'opera scenica deve combattere il teatro inteso come
passatempo e deformazione antistorica dell'opera d'arte.
Queste pagine furono riscritte e raccolte anche in vista
di un'opera generale di "Storia del Teatro Italiano
contemporaneo", interrotta dalla morte; ma vanno integrate
dalle note teatrali e dalle opere postume, in quanto
rappresentano un efficace documento del moralismo
dell'autore per il tentativo di sentire l'importanza della
vita anche nelle affermazioni ideali di un'opera d'arte.
RISORGIMENTO SENZA EROI
Opera storica. È costituita da capitoli solo in parte
pronti per la stampa e da saggi e articoli che rientravano
di per sé nel disegno di una trattazione particolare. Come
indica il titolo, questa ricostruzione polemica dell'età
dell'indipendenza e dell'unità d'Italia parte dal
presupposto che il Risorgimento non abbia realizzato le
premesse ideali della Rivoluzione francese, e che le forze
conservatrici abbiano nociuto allo sviluppo della nazione
e della sua nuova concezione di libertà individuale e
sociale. In tal modo il movimento nel suo complesso deve
considerarsi fallito, perché si è adagiato su compromessi
e non ha trovato gli uomini degni di fede che meritava.
L'autore afferma che per l'opera di anime fervide e
vigorose, il Risorgimento è stato opera di pochi senza
legame col popolo e con la nazione: in tal modo la vita
politica italiana si è straniata dai problemi dell'Europa
contemporanea e non si è sviluppata secondo i diritti
storici della libertà. Gli eventi dopo l'Unità lo
dimostrano, particolarmente da Roma capitale in poi, con
gravi conseguenze per l'educazione del popolo. Questa
tesi, ispirata a un concetto di "rivoluzione liberale"
basato del tutto su rinnovate condizioni di lotta per una
superiore moralità politica e nazionale appare debole
perché non tien conto dei motivi stessi del Risorgimento,
dei suoi uomini e del suo effettivo farsi di evento in
evento; mentre il rigorismo critico del Gobetti non
riconosce quanto di positivo e di efficacemente ideale è
nell'opera di un Cavour e anche di un Mazzini.
PARADOSSO DELLO SPIRITO
RUSSO.
Opera critica di Piero Gobetti pubblicata postuma nel 1926: solo alcuni capitoli erano
pronti per la stampa, mentre altri sono stati abbozzati o
desunti da articoli. Nondimeno il libro ha un suo
particolare interesse perché reca, con conoscenza precisa
delle fonti russe e degli autori che il giovane studioso
andava traducendo, un'interpretazione storica complessiva
della vita morale e politica della Russia. Partendo dal
fatto che la rivoluzione bolscevica del 1917 è stata
giudicata in modo troppo diseguale nell'Europa
occidentale, il Gobetti cerca di dare un giudizio storico
su un avvenimento di tanta importanza per le ripercussioni
sociali della Russia e del mondo intero. È necessario
pertanto esaminare in tutte le sue intime vicende la
storia del popolo russo con particolare riguardo
all'Ottocento e al primo Novecento. In esso non si può non
notare la più stridente contraddizione tra le aspirazioni
morali della moltitudine e le repressioni zariste, tra la
secolare schiavitù e l'utopia di alcuni pensatori isolati.
Il paradosso di una siffatta lotta sta appunto nella diseguaglianza continua tra il sogno di alcuni profeti e
pensatori politici (tra cui sono da annoverare, per la
loro specifica funzione sociale, i maggiori scrittori
dell'Ottocento) e la realtà storica contingente: perciò
assai grave è il dissidio fra il governo e il popolo.
L'astrattismo della posizione spirituale degli stessi
pensatori rivoluzionari indica con quanta difficoltà le
loro utopie si adeguassero alla necessità del popolo
russo, ma dopo tante lotte, quasi di fallimento in
fallimento (fino a quello della rivoluzione del 1905) si è
pur giunti al punto conclusivo di un marasma. Qui il
Gobetti, indulgendo alla sua tendenza di rigorista
politico, accentua nel carattere profondamente rinnovatore
della rivoluzione del 1917 i valori positivi di una
ricostruzione: per cui ciò che non riuscì all'astratta
"Intellighenzia" riuscirà a quanti hanno voluto un nuovo
stato di cose attraverso la complessa e rude esperienza
marxista. Sarà questo un tuffo nella realtà, pur nelle
dure difficoltà sociali da risolvere dopo un torpore
millenario. In questo modo il tentativo sovietico di
rimediare ai mali della precedente società e di instaurare
un ordine nuovo di libertà potrà avere inizio: l'opera di
Lenin e quella non meno complessa di Trotzki risulteranno
meritorie storicamente. Si vede che questo quadro si
ispira alla concezione di una rivoluzione rinnovatrice
della società e insieme non nasconde un'aspettazione
messianica della società del Novecento: da ciò nel libro
quel carattere più mistico che storico, più moralistico
che politico. Nell'insieme l'operetta ha un suo carattere
nel tentativo di interpretare un evento quale quello della
rivoluzione nella vita d'insieme del popolo: essa sarebbe
veramente la risoluzione del paradosso secolare e il primo
passo verso la civiltà. I suoi grandi scrittori lo
testimoniano, da Gogol'ad Andreev a Kuprin.
Carlo Cordiè