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Il
vecchio con gli stivali |
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Dieci racconti pubblicati a Milano nel 1946, dopo una prima
edizione parziale comprendente solo "Il vecchio con gli
stivali" e "Singolare avventura di Francesco Maria",
uscita a Roma nel 1945. Ristampati a Milano nel 1947 con
due racconti in più e il titolo Il vecchio con gli stivali
e altri racconti, furono ivi riediti nel 1958 come III
volume delle Opere di B., con il titolo Il vecchio con gli
stivali e i racconti e un'ulteriore aggiunta di otto
racconti. I dieci racconti dell'edizione originale furono
scritti dopo il Don Giovanni in Sicilia, anzi in
massima parte tra il 1943 e il 1945, un periodo che lo
scrittore trascorse tutto a Catania e nei dintorni,
vivendo lì le ultime fasi della guerra e i due anni
dell'occupazione militare alleata. Bisogna tener conto di
tale fatto per intendere il libro nella sua origine, nella
sua carica documentaria, nei suoi valori poetici, nello
stesso carattere ch'esso ha rispetto al Don Giovanni. Fu
infatti nell'ambito di una Sicilia la quale stava vivendo
di nuovo una sua storia autonoma e particolare e ben poco
risentiva del grande moto degli spiriti da cui altrove
usciva la Resistenza, e fu quindi in condizioni di pieno
isolamento ideologico, che B. cominciò per suo conto il
processo al fascismo e alla guerra, abbandonando in tronco
il tema del gallismo (al quale tornerà però con Il bell'Antonio) e portando invece allo scoperto, in una con il suo
impegno politico, le radici amare del suo umorismo. "Il
vecchio con gli stivali", "La noia del '937", "Una festa
da ballo", "La casa felice", "La doccia", "Il cavaliere",
"Passo del silenzio" rappresentano difatti, quale più
quale meno, e con risultati or più or meno autentici, la
presa di contatto dell'umorismo brancatiano con la storia,
o in altri termini, la ripresa del discorso iniziato dallo
scrittore con "Il bacio" e con "Nemici" (due racconti
d'ispirazione antifascista apparsi nel 1941 in appendice
al Don Giovanni), operata sì con la stessa carica
d'intelligenza e la stessa tendenza a sboccare
nell'apologo, o, più precisamente, nel racconto dal
significato pregnante, ma con la maggior concretezza e
forza di comunicazione che derivano a Brancati dalla possibilità
di sperimentare il suo gusto del grottesco in chiave di
polemica scoperta, all'interno di situazioni
realisticamente circoscritte, dettategli dall'urgenza
d'una precisa realtà storica. Ciò fa sì che Il vecchio con
gli stivali sia il volume più succoso di Brancati, il più vario,
il più aperto, un vero nodo per intendere non solo la
storia dell'Autore, ma la crisi cui andò incontro la nostra
narrativa dell'immediato dopoguerra. E contiene almeno due
racconti degni d'essere annoverati tra i migliori del
nostro Novecento: "Il vecchio con gli stivali" e "Il
cavaliere". Leggere per esempio "Il vecchio con gli
stivali" (dove si narrano le vicende di Aldo Piscitello,
un piccolo impiegato comunale che non ha fatto mai
politica, che non s'è sentito mai fascista, ma che,
costretto a iscriversi al P.N.F. sotto la minaccia di
perdere il posto, viene poi cacciato dal suo ufficio al
momento dell'epurazione compiuta dagli Alleati), significa
avere davanti, realizzata tutta d'impeto, la storia
esemplare e patetica dell'italiano medio durante gli anni
della dittatura: significa anche avere davanti la massima
prova di quel processo tipizzante "un'amputazione
progressiva della personalità, una cancellazione delle
sfumature", in virtù della quale "i personaggi,
semplificati all'estremo dal vizio della servitù,
diventano prima caratteri e poi addirittura tipi") che lo
scrittore doveva teorizzare più tardi in "L'uomo a molla.
Saggio inedito sul comico nei regimi totalitari",
pubblicato a puntate su "Il Mondo" nel 1954. Diverso, ma
non meno felice, è "Il cavaliere" ispirato a Brancati dai
bombardamenti alleati a Catania nel 1943: un'immagine
tutta brancatiana, fra grottesca, allucinata e favolosa,
della guerra, ma in cui respira un'alta compassione per la
propria terra dilaniata.
Mario Pomilio
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