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 Autore Luigi De Bellis   
     

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FRANCESCO PETRARCA

CHIARE FRESCHE E DOLCI ACQUE


Canzone che fa parte del Canzoniere. Č l'apoteosi di Laura: un'apoteosi terrena che si accenna in pił d'un componimento del Canzoniere e che qui si dispiega in tutta la sua compiutezza con singolare vaghezza d'immagini e morbidezza di accenti. Intorno alla visione della bellissima che ci si presenta nella quarta stanza accanto alle acque mormoranti sopra un verde prato sotto una pioggia di fiori, si muove tutta la poesia: l'esordio in cui il poeta, tornato lą ov'ebbe la rivelazione di quella bellezza, sembra richiederla ancora alle acque, agli alberi, all'erbe, e la fantasia a cui si abbandona, melanconica e dolce a un tempo, di morire e di essere sepolto in quel luogo a lui caro, e di commuovere estinto ad amorosa pietą l'insensibile, richiamata anch'essa in quei luoghi e indotta dalla funebre vista al pianto, pianto soave di una bella donna, non sono che preparazione a quella visione, viva per sempre nell'intimo del poeta e risorgente in tutto il suo fulgore dopo quel preludio fantastico ed elegiaco. Dove sono le immagini funebri e i sogni lamentosi? "Da'bei rami scendea - (Dolce nella memoria) - Una pioggia di fior sovra il suo grembo; - Ed ella si sedea - Umile in tanta gloria - Coverta gią dell'amoroso nembo". Null'altro esiste per il poeta se non la mirabile vista: e con quelle immagini risorge in lui lo sgomento di un giorno, l'estasi di fronte a una pił che umana visione. "Quante volte diss'io - Allor pien di spavento: - Costei per fermo nacque in Paradiso... - I'dicea sospirando: - Come venn'io o quando? - Credendo esser in ciel non lą dov'era". Tutta l'ultima stanza vibra di quel sentimento che porta una nota drammatica nella celebrazione della bellezza, e bene si chiude ricongiungendosi all'inizio, col farci sentire l'animo del poeta perennemente esaltato e perennemente inappagato per quel prezioso, unico ricordo. "Da indi in qua mi piace - Quest'erba sģ che altrove non ho pace". E l'entusiasmo di tutta la canzone continua nel congedo brevissimo nel quale non č gią da vedere una confessione che il poeta faccia dell'insufficienza della sua poesia, ma ancora la celebrazione di quel tema, per il quale all'animo commosso nessun ornamento pare bastante e che potrebbe fare la pił bella delle poesie, non timorosa del giudizio di ogni sorta di lettori. "Se tu avessi ornamenti quant'hai voglia - Potresti arditamente - Uscir dal bosco e gir in fra la gente".

Mario Fubini

© 2009 - Luigi De Bellis