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FRANCESCO PETRARCA
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DEL RIPOSO DEI RELIGIOSI
Scritto latino composto dopo
aver fatto visita al fratello
Gherardo - ben noto da alcuni
sonetti delle Rime extravaganti
e da una famosa epistola
sull'ascensione del monte
Ventoso - nel convento di
Montrieux. La pace intravista
con tanta devozione tra i
certosini gli è scesa al cuore e
lo ha incitato alla meditazione:
e nel contrasto con i dolci beni
del mondo - quali gli arridono
nella sua Valchiusa - il poeta
sente la bellezza di un rifugio
da tanti mali e da tante
tempeste. I religiosi trovano
veramente nel loro riposo (ozio,
come dicevano gli antichi, a
indicare la cessazione degli
affari e delle lotte nella
meditazione degli studi) la pace
desiderata dall'uomo: poiché
sono liberi da combattimenti, da
fatiche dei campi, da ricerche
di denaro e di sostanze, da
desiderio di gloria e di
piacere.
Tutte cose inutili, che solo chi
è saggio nell'intimo sa fuggire
per il suo bene. I religiosi
sono esenti da quell'angoscia
che rovina l'uomo del mondo, e
da quel tormento che impedisce,
nella concupiscenza delle cose
terrene, di raggiungere quanto
solo da Dio può essere concesso.
Incapace di staccarsi dalla
terra e di seguire la libertà di
cui i religiosi offrivano così
bell'esempio, il poeta dice di
attendere da Dio un aiuto e una
salvezza: ben sente che è
inutile la sapienza dei filosofi
antichi, anche di Cicerone, se
non sopravviene la grazia a
illuminare lo spirito nel suo
duro cammino. Solo il cristiano
può avere dalla buona novella
una guida indefettibile: e già
la verità della Bibbia faceva
tralucere la vera sapienza
divina agli uomini perduti
dietro le vane chimere della
scienza e della gloria.
Notevole, nello stesso
riferimento di una cultura
basata sui Padri della Chiesa,
quanto indica un atteggiamento
mistico più che dottrinale,
fatto di esperienza religiosa
più che di problemi teologici
veri e propri. Anche per questo
l'opera si ricollega all'altro
scritto: Dell'ignoranza sua e
d'altrui: e particolarmente
appare formata
sull'atteggiamento filosofico
della Vera religione di
sant'Agostino, sia pure con un
argomentare calato nella
meditazione e nei riferimenti
della propria storia intima, più
che in un sistema vero e proprio
organicamente inteso a una
dimostrazione.
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Carlo
Cordiè | |
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