BEATRICE E LAURA
Beatrice e Laura sono le prime
creature femminili di rilievo
della nostra letteratura. La
loro storia reale interessa
poco. Quello che invece conta
molto è ciò che esse
rappresentarono nella vicenda
poetica dei loro due eccezionali
cantori, Dante ed il Petrarca.
Sotto questo aspetto, si può
affermare che i due personaggi
femminili esprimono due diverse
concezioni della vita,
dell'amore, dell'arte.
Beatrice, la donna cantata da
Dante nella "Vita Nova" e
Celebrata poi nella "Divina
Commedia", testimonia
l'evoluzione spirituale, morale
ed artistica, dell'Alighieri,
che fu l'ultima grande voce del
medioevo cristiano: un'epoca in
cui l'animo umano era proteso
verso la conquista della
beatitudine celeste e si
sforzava di essere il più
distaccato possibile dagli
interessi prettamente terreni e,
in primo luogo, dai piaceri
mondani. La poesia era allora
intesa come un momento di
esaltazione delle virtù e come
un mezzo di purificazione
spirituale ed educazione morale.
Beatrice fu concepita da Dante
in questo clima e, come tutte le
donne dello stilnovo,
rappresentò grazia, candore,
onestà, umiltà: tutte virtù che
incutono soggezione all'uomo,
gli fanno abbassare lo sguardo,
lo rendono beato d'un semplice
sorriso, d'uno sguardo
affettuoso. Poi le vicende della
vita ampliarono enormemente gli
interessi della mente e del
cuore di Dante e Beatrice
divenne il simbolo della
Teologia e della Fede, colei che
sola può svelare a Dante ed
all'umanità tutta il mistero di
Dio. Forse dal punto di vista
poetico questa seconda Beatrice
è più fredda della prima, più
lontana dalla comune sensibilità
dei mortali, ma dobbiamo
riconoscere che anche la prima
non fu che un'idea di perfezione
morale, anche se più vicina ai
palpiti della terra.
Tutt'altra creatura la Laura
petrarchesca, che rappresenta il
declino delle certezze religiose
del medioevo, la crisi di una
umanità troppo a lungo repressa
nei suoi slanci creativi ed
ansiosa di rivendicare un
proprio ruolo attivo nella
storia. La nuova concezione
della vita, che metterà al
centro d'ogni interesse
culturale l'uomo e i suoi più
urgenti problemi esistenziali,
non è ancora chiaramente
delineata e in grado di dare
nuove certezze in luogo di
quelle medievali che volgono al
tramonto, ma è già nell'aria e
fa già sentire i suoi primi
effetti almeno sulle coscienze
più sensibili, come fu appunto
quella del Petrarca. Laura nasce
dunque in un momento di ansiosa
ricerca di nuove verità, in un
momento storico ricco di
fermenti culturali, ma anche di
angosce, di timori, di scrupoli
: si è stanchi del vecchio e non
si è ancora creato il nuovo e si
vive fra mille incertezze. E
Laura rappresenta, nella vita
spirituale del suo Poeta, tutto
questo: il Cielo e la Terra che
non riescono a fondersi in una
sintesi, restano distaccati e
fanno oscillare la coscienza ora
in un verso ora in un altro.
Laura, insomma, è il simbolo di
un dissidio interiore, di un
animo tormentato che anela alla
pace ma che non la trova: essa
rappresenta la varietà degli
umori e delle situazioni
psicologiche del suo cantore, il
quale ora rimano rapito dinanzi
ai luoghi "ove le belle membra /
pese colei che sola a me par
donna ("Chiare, fresche, e dolci
acque"), ora afferma che "uno
spirto celeste, un vivo sole /
fu quel ch' i' vidi ("Erano i
capei d'oro a l'aura sparei") ed
ora confessa d'essere stato
"sommesso al dispietato giogo /
che sopra i più soggetti è più
feroce" per cui sente di dover
chiedere misericordia al Signore
per il suo "non degno affanno"
("Padre del ciel, dopo i perduti
giorni").