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FRANCESCO PETRARCA
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SECRETUM
Famosissima operetta scritta in
latino nel 1342-'43 da Francesco
Petrarca e corretta
definitivamente tra il '53 e il
'58: il suo titolo è più
propriamente Del segreto
conflitto dei miei affanni [De
secreto conflictu curarum mearum].
Fondamentale documento della
crisi interiore del grande poeta
- tale da essere posto accanto
alle Rime extravaganti e alle
più famose delle Epistole per
l'intensità della confessione
spirituale, questo scritto
manifesta l'acuta comprensione
del proprio tormento in una
forma apparentemente discorsiva
e allegorica, di tipo medievale.
Nel sonno, sopraggiunto mentre
egli stava meditando
sull'esistenza e sui suoi mali,
appare al Petrarca la Verità,
solenne matrona, e con lei
sant'Agostino, vecchio
venerando. La Verità invita il
santo affinché inciti il poeta a
vincere il proprio torpore
spirituale: egli deve essere
veramente cristiano, come è nei
suoi propositi migliori. Così in
un dialogo che dura tre giorni
(da cui la divisione in tre
libri) Francesco e Agostino
parlano pensosamente, mentre la
Verità assiste silenziosa. Nel
contrasto tra gli opposti
sentimenti della sua vita di
amante e di filosofo (e bene il
Santo delle Confessioni,
rappresenta il meglio del suo
spirito interiore) il Petrarca
si effonde non senza compiacenza
sottile e tormentatrice a
considerare i suoi mali: grande
è la sua inerzia dinanzi ai
propositi, ma più grande è il
suo cruccio per le cadute nel
peccato. Vivace nell'esposizione
letteraria quanto intimamente
sofferta nel suo procedere,
questa confessione ha il valore
di una immediata testimonianza
su una vita complessa e ricca di
motivi quanto forse nessun'altra
degli inizi dell'età moderna. In
una luce diafana il poeta
contempla la sua vita, nelle
speranze e nei disinganni: le
parole di sant'Agostino
colpiscono nel segno ogni volta
che si rivolgono alla stanchezza
morale del poeta e al suo
giocare coi sentimenti e coi
pensieri: il poeta non sa
staccarsi dagli allettamenti del
mondo, e, nel sentirli vicini
alla sua aspirazione di uomo,
avverte il tormento di una
posizione spirituale e di una
scarsissima saldezza interiore.
Si accusa così di non saper
vincere il male senza l'aiuto di
un'illuminazione divina: i libri
gli affollano la mente e non gli
lasciano veder chiaro il fine
della sua stessa vita migliore.
Giustamente Agostino ammonisce
che la Verità, muto testimonio,
non vuole sottigliezze né
inganni inutili: il poeta
ricorda con grande amarezza
quante volte ha pianto di
dolore, per la miseria della sua
vita e la dura lotta combattuta
con le tentazioni. Invano, ché
Agostino, accoratamente se pur
paternamente, gli fa considerare
come egli sia stato testimonio
delle sue lacrime, ma non della
sua volontà. Così il Petrarca
ben può rendersi interprete del
suo sostanziale cruccio e fare
un ritratto acutissimo del suo
male: voce commossa e patetica
che è nobiltà d'animo e
sofferenza fatta voce eterna.
Per questo il Segreto rivela
l'accento più intimo del grande
letterato e testimonia come al
di là dell'amore per la gloria
umana e i beni del mondo nel
petto del cantore di Laura (la
creatura che è qui menzionata
con un sospiro, come fuga dal
peccato e, insieme, come
peccato) risuoni un anelito di
perfezione e di purezza. Per
quest'esigenza di un ascetismo
rigoroso, che si manifesta
mentre allo spirito balenano in
tutto il loro fulgore la
bellezza del mondo e la dolcezza
dell'amore, il Segreto è il
documento più umano del primo
Rinascimento.
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Carlo
Cordiè | |
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