IL SITO DELLA LETTERATURA

 Autore Luigi De Bellis   
     

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FRANCESCO PETRARCA

I TRIONFI


Opera scritta dal 1352 in poi, dopo la massima parte del Canzoniere e pur tanto diversa da questo, quasi a suo complemento, come a innestare e coinvolgere la storia di Laura e del suo amore nella storia perenne del l'umanità. I Trionfi (o Triunfi, come il Petrarca scriveva), in terzine di endecasillabi di tipo dantesco, furono trovati incompiuti fra le carte del Petrarca, con molte correzioni, tagli, rifacimenti, e non ebbero da lui l'ordinamento (del resto abbastanza chiaro e coerente) che si suol loro dare. Larga e nobile nelle linee generali ne è la concezione. Di tutti gli uomini - e il Petrarca ci fa assistere alla sfilata degli amanti famosi - trionfa Amore ("Trattato d'amore", 3 canti); rada ma insigne, trionfa dell'Amore la Pudicizia, ed ecco che anch'essa è trionfata da Morte (2 canti). Ma della Morte trionfa la Fama (3 canti, con una lunga rassegna di uomini celebri), della Fama il Tempo, questo "morir secondo", e, conclusione del ciclo terrestre nel divino, sul Tempo trionfa, ultima, l'Eternità (1 canto per ciascun trionfo). Se non che tutta questa nobile "rappresentazione" profano-sacra in cinque tempi è quasi annullata dall'elemento personale (Laura), che, non assorbito come simbolo o come ragionevole parte nel tutto, sopraffà e quindi immiserisce il significato generale del poema. Per fortuna questo difetto si converte in pregio almeno in un particolare, dove il poeta ritrova gli accenti più puri del Canzoniere cantando del sereno "passaggio" della sua donna, e la morte si trasforma - anche la morte, poiché è la morte di Laura! - in visione di bellezza: "pallida no, ma più che neve bianca - che senza vento in un bel colle fiocchi, - parea posar come persona stanca; - quasi tiri dolce dormir ne'suoi begli occhi - ... - Morte bella parca nel suo bel viso". Ma bello è anche il secondo canto di questo "Trionfo della Morte", dove Laura è resa viva e presente in una visione che ricorda anch'essa il migliore Canzoniere. Quanto al resto, non già che manchi qualche pregio, anzi vi trovi versi lapidari ("primo pintor delle memorie antiche"; "ei nacque d'ozio e di lascivia umana"; "tutti tornate alla gran madre antica", dice di Omero, di Amore, dei mortali), alcuni dei quali rimasti con valore proverbiale nel comune patrimonio della cultura ("s'Africa pianse, Italia non ne rise"; "Orazio sol contro Toscana tutta", ecc.): ma l'opera è, pur guardata analiticamente, arida, imitazione esteriore, più che nella terzina e nell'invenzione, nello stile della Divina Commedia; dalla cui ammirazione il Petrarca, con studiata alterezza - frutto più d'incomprensione per diversità spirituale, che d'invidia - s'era ostentatamente mostrato lontano. I Trionfi - e in modo speciale il "Trionfo d'Amore" - ebbero tuttavia un'enorme fortuna dovuta alla loro erudizione epigrammatica, al loro allegorismo, al gusto medievale, che perdurò a lungo anche nel Rinascimento, per la particolare forma della "visione" e più tardi del "trionfo", esercitando un notevole influsso anche sulle arti figurative, specialmente dei secoli XV-XVI. La loro fortuna più propriamente letteraria andò invece divisa con l'Amorosa visione del Boccaccio, da cui il tipo del "trionfo" petrarchesco probabilmente, anche se parzialmente deriva.

...se ne' Trionfi cerca ingrandire il suo orizzonte e uscire da sé e contemplare l'umanità, ciò che ne'suoi versi ha ancora qualche interesse è il suo passato, che i vecchi hanno il privilegio di evocare, rifarne qualche frammento; è soprattutto il sogno di Laura... (De Sanctis).

I Trionfi, l'ultima sua fatica, nonostante lo stento dell'invenzione allegorizzante e della schematica esecuzione, hanno alcuni tratti assai semplici e commossi, come il ricordo della morte di Laura e il colloquio con lei quando ella gli scopre il suo vero sentire, e taluni dei suoi versi più belli... In generale, l'eleganza e l'artificio non solo non valgono a soffocare nelle sue composizioni la poesia, ma le dànno risalto e la fanno per contrasto apparire nella sua forza originale, nel suo vigore gentile. (B. Croce)
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Bindo Chiurlo

© 2009 - Luigi De Bellis