Jacopo Sannazzaro:
Ecoglae piscatoriae
Opera
dell'umanista napoletano Jacopo
Sannazaro in cinque egloghe
latine, scritta in varie epoche
della sua lunga vita. Più che
l'imitazione di motivi delle
Bucoliche di Virgilio si sente
nell'insieme la grazia tutta
propria al poeta latino nel modo
come sono ritratti gli incanti
del golfo di Napoli. Così Licida
piange sulle rupi di Procida e
del Miseno l'amore della morta
Fillide, e sullo scoglio di
Mergellina Licone, un altro
pescatore, parla alla natura
infinita e al cielo stellato del
tormentoso amore di Galatea;
così Cromide e Jola si
intrattengono a dire della
pesca, e Proteo racconta la
trasformazione in isola della
fanciulla Nisida inseguita da
Posillipo; e ancora, nell'ultima
egloga, Telgone richiama sotto
la rupe prospiciente Capri la
dura Galatea.
Oltre che per quel nostalgico
vagheggiamento di un mondo
ideale, che il Sannazaro
introdusse come elemento
costitutivo dell'Umanesimo, le
Piscatorie colpiscono per la
novità dell'invenzione con la
quale le ninfe lasciano i boschi
per le spiagge. Vero tema
poetico dell'opera è infatti un
sincero amore per il mare, che
si rispecchia anche nel nome con
cui il Sannazaro fu accolto
nell'Accademia Pontaniana, Azio
Sincero (Actius Sincerus, da "acta",
spiaggia), e che dà a queste
bucoliche un'impronta di viva
schiettezza. C.C. Nelle
Piscatoriae il miglior latino di
Virgilio e di Tibullo farà prova
di tutta la sua affettuosità.