IL SITO DELLA LETTERATURA

 Autore Luigi De Bellis   
     

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IL REALISMO

ROSSO MALPELO


Questa novella - che per ormai acquisito giudizio critico viene considerata una delle realizzazioni più alte di Verga - fu pubblicata sul «Fanfulla» del 2 e del 4 agosto 1878, poi in opuscolo nel 1880 e infine inserita nella prima edizione in volume di Vita dei campi (1880). Successivamente vi furono altre edizioni di questa raccolta, e quella pubblicata da Treves nel 1897 è di particolare importanza: « le novità vanno oltre i mutamenti esteriori e riguardano soprattutto il testo che subisce notevoli trasformazioni a livello stilistico e strutturale» (C. Riccardi). Peraltro, il testo che qui presentiamo è quello del 1880.
Anche in questa novella - come ne La roba - la narrazione è impostata sulle tecniche della `regressione': la vicenda di Rosso Malpelo - che dalle sue precoci e tragiche esperienze è arrivato alla consapevolezza dell'inesorabile violenza che regola i rapporti fra gli uomini - è descritta da una prospettiva omologa a quel mondo, da un narratore che quella violenza accetta e giustifica.

Ci sembra opportuno approfondire il concetto di «artificio della regressione» al quale ci è capitato varie volte di fare riferimento nell'introduzione e nelle note. Un'applicazione esemplare di questa tecnica narrativa è già nell'incipit della novella: «L'apertura del racconto, in cui alla categoria razionale di causa si sostituisce una pseudo-causalità, tipica della superstizione popolare, usa ad istituire una dipendenza immediata tra caratteri morali e "segni" fisici, avverte che il punto di vista da cui sono raccontati i fatti non è quello pertinente allo scrittore, ma, secondo un procedimento che caratterizza tutta la narrativa verghiana della fase verista che ha come oggetto gli strati subalterni (con l'esclusione quindi del Gesualdo), il punto di vista di un anonimo "narratore" dello stesso livello sociale e mentale dei personaggi che agiscono nella vicenda, un punto di vista, cioè, interno al piano stesso del narrato, in cui lo scrittore regredisce rinunciando alla sua visione dall'esterno e dall'alto, e abbandonando i propri parametri di giudizio e la propria scala di valori di intellettuale borghese; il tutto in obbedienza alla nuova poetica delI'impersonalità.(elaborata da Verga probabilmente tra il 1876 e il 1878, anche sotto lo stimolo delle discussioni sull'Assommoir con Capuana e Sacchetti), che richiede all'autore di "eclissarsi", di mettersi "in pieno, e fin dal principio, in mezzo", anzi "nella pelle dei suoi personaggi", di "vedere le cose coi loro occhi ed esprimerle colle loro parole" in modo da dare "l'illusione completa della realtà", da porre il lettore "faccia a faccia col fatto nudo e schietto", senza passare attraverso la "lente dello scrittore", come se l'opera si fosse "fatta da sé"» (G. Baldi).
La presenza di questa tecnica non elimina però i dati oggettivi della realtà che, seppur visti in una certa prospettiva dal narratore "regredito", restano però quello che sono e contraddicono quella prospettiva. Si rileggano, ad esempio, le rr. 60-76: il comportamento dell'ingegnere - che non scandalizza il narratore omologo al mondo descritto - è in realtà scandaloso per l'indifferenza e l'assenza di umanità che dimostra. È uno di quei casi - questo- in cui l'autore prende le distanze dal narratore, e con ciò demistifica, svela la realtà di quel mondo. Altri esempi di questa contrapposizione si potrebbero indicare alle rr. 341-344.
(Citazione da G. Baldi, L'artificio della regressione)

Rosso Malpelo è uno dei personaggi psicologicamente più complessi che Verga abbia creato: vittima del pregiudizio popolare («Russu malu pilu»), privo di amore materno, trasferisce il suo amore silenzioso ed ammirato prima sul padre e, con una conflittuale coesistenza di aggressività e di affetto, su Ranocchio. Ma l'aspetto della personalità di Malpelo che è opportuno sottolineare è la consapevolezza delle inesorabili leggi del vivere che egli acquisisce traendola dalla sua esperienza, e come razionalizzandola. Da questo punto di vista Rosso non è un primitivo travolto dalla violenza dei rapporti umani (come Jeli, il protagonista della novella Jeli il pastore), ma la sua amara consapevolezza e la sua cinica visione del mondò ne fanno -pur nella sua rozzezza culturale - il più "intellettuale" dei personaggi del Verga, un uomo che, coniugando esperienza e riflessione, è arrivato a vedere il fondo della realtà in cui vive, l'ha demistificata e svelata nei suoi meccanismi.

Fondamentale in questa prospettiva un saggio di Alberto Asor Rosa (II caso Verga, Palumbo, Palermo 1972), che vede in Jeli «il primo uomo del mondo», la cui primitiva e aurorale freschezza istintivo-sentimentale viene stritolata dalle leggi della vita associata, e in Rosso Malpelo l'«ultimo uomo del mondo» che a ciglio asciutto contempla é commenta la disumanità dei rapporti sociali fondati sulla violenza e sui rapporti di forza.

Carlo Muscetta traccia un profilo della complessa psicologia di Rosso Malpelo nei suoi legami affettivi con la famiglia e con Ranocchio e nel suo rapporto con il lavoro e con il sistema economico-sociale nel quale si trova a vivere.

Dalla galleria dove è morto i1 padre Rosso Malpelo non si vuole allontanare più perché ritiene il suo lavoro come un gesto di riparazione, quasi si senta in colpa per non aver salvato suo padre e nutra l'assurda speranza di poterlo ancora salvare. II gesto affettuoso della madre che lo riconduce al lavoro per mano è l'unico di tutto il racconto ed è strettamente legato al lavoro e al salario di Malpelo. In effetti questa madre, che Verga ironicamente chiama Santa, si configura per Malpelo come una madre cattiva e ciò determina nella sua vita affettiva una evidente delusione: l'odio che Malpelo avverte per lei, da cui non si sente abbastanza amato, lo getta in una inconscia situazione di colpa da cui crede di redimersi portandole la povera paga: troppo scarsa perché riesca a superare l'angoscia di valere così poco ai suoi occhi. Altro rapporto affettivo importante è la gelosia per la sorella, anche questa del tutto inconscia, che egli sente come rivale nell'amore
dei genitori. Questa gelosia scatena in lui,un odio-amore, cioè un conflitto tanto più violento in quanto la sorella lo protegge e lo ama. Di qui un'ulteriore delusione e maggiore solitudine quando la sorella si fidanza e poi si sposa. Superfluo appare sottolineare che l'unico rapporto affettivo limpido è quello di Malpelo col padre, ché per lui è tutto e riassume in sé anche quell'affetto materno di cui egli si sente defraudato. La grandezza poetica di Verga sta nel rappresentare questa condizione di inferiorità -affettiva del ragazzo che completa la sua condizione di estrema inferiorità sociale (solo l'asino è sotto di lui nella scala gerarchica dei rapporti umani e Murali). Diventare un ragazzo buono è (qualunque cosa concretamente egli faccia) l'inconscio desiderio di tutta la vita di Malpelo, che cerca di attuare tutta un'attività riparatrice che cancelli quella che egli avverte come una colpa: un'attività nella quale egli dimostri di saper amare. Morto il padre, gli oggetti dell'amore di Rosso sono gli arnesi e le vesti del padre, e poi il cane, l'asino e infine Ranocchio, una bestia umana della sua età. Bisogna dunque sottolineare che Malpelo si identifica con questi esseri e soprattutto con Ranocchio perché ripone in loro tutto quell'amore che ha per sé, cioè tutto quel poco di amore che può avere per sé, mescolato con tutto l'odio che egli ha proprio per sé perché non riesce mai a stimarsi abbastanza, portato com'è a rimanere chiuso in un circolo di abiezione che è volontà di sofferenza: volontà di sofferenza che a un certo punto diventa orgoglio e insostituibile fonte di piacere. Si tratta di uno stato che la psicologia moderna chiama masochismo morale e che può diventare, in condizioni che però non sono prese in esame da Verga, masochismo pervertito. Lo stravolgimento nella psicologia di Malpelo è tale che egli pensa (con una logica, appunto, stravolta) ai rapporti con la madre come se fossero effetto di una sua scelta e non già come una remota causa della sua disperazione affettiva. Rosso Malpelo accetta la parte di cattivo che gli altri gli attribuiscono proprio perché il rapporto che ha con se stesso si nutre di dolore e di sofferenza: ogni suo amore è sempre saturo di odio. Ecco perché in tutte le sue identificazioni egli porta questa carica violenta e distruttiva: nell'asino ama e odia se stesso e vuole la sua morte, in Ranocchio ama ed odia se stesso con la stessa intensità ed ambivalenza affettiva con cui invidia, mentre dice di disprezzarla, la madre del ragazzo che egli inconsciamente paragona alla propria, trovandola assai più tenera ed affettuosa. Ma nei confronti di Ranocchio è la tenerezza che predomina, anzi egli vorrebbe assumere proprio le funzioni del padre rispetto a questo bambino orfano come lui, ma che egli reputa più debole sia fisicamente sia moralmente, per effetto dell'educazione materna. Quando Ranocchio muore, si esauriscono le possibilità di identificazione in un altro essere e Rosso perde ogni ragione di vita, sicché l'odio che ha per se stesso trabocca in un deciso gesto di autodistruzione, di vero e proprio suicidio inconscio, quando accetta, con tutta la consapevolezza del pericolo, la missione esplorativa ché solo lui può avere il coraggio di accettare. Ciò che induce Malpelo a questa scelta è anche un altro elemento: la consapevolezza, con la suprema disperazione che ne consegue, della sua condizione sociale, dovuta alla riflessione sulla decisione dell'evaso di preferire il carcere alla cava. Se la cava è peggio di un carcere, la sola possibilità di evadere dalla-cava è la morte, che è la sola liberazione, come per Ranocchio, per il grigio, per lo stesso mastro Misciu. Chi è nato in quel mestiere ci deve morire.
Insomma accanto al masochismo che col suo meccanismo lo induce alla morte si delinea una logica consapevole nei confronti della realtà sociale e naturale. Da questo punto di vista Rosso Malpelo non è affatto un primitivo: l'esperienza, la pratica sociale maturano in lui una coscienza. Di qui il fatto che egli porta in sé un elemento potenziale di ribellione alla violenza, cioè di pericolosità sociale, che non sfugge a nessuno. Malpelo accetta, ma denuncia anche sino in fondo e con estrema lucidità, la violenza del sistema naturale e sociale. Per questo tutti i suoi ragionamenti rappresentano un'oscura, iniziale capacità di ribellione alla violenza, a cominciare dalla violenza di classe esercitata da chi sfrutta bestialmente questo mondo subalterno. Ma qui Verga si ferma; non può sviluppare tale coscienza perché questo sviluppo non era presente nella realtà storico-sociale della Sicilia d'allora e perché ciò sarebbe stato estraneo alla sua concezione etico-politica. Il consenso artistico a Rosso Malpelo non eccede l'ambito di una posizione di classe ben definita. Ma proprio perché è un borghese intelligentemente conservatore egli vuole
rappresentare la realtà della società siciliana senza abbellirla. Malpelo è sì avvolto da un alone di leggenda, ma resta un personaggio vero, carico di una realtà storica e di una consapevolezza che gli altri suoi compagni di lavoro non hanno. Egli cioè resta il protagonista di un determinato periodo storico e di una determinata situazione sociale.

 

© 2009 - Luigi De Bellis