IL SITO DELLA LETTERATURA

 Autore Luigi De Bellis   
     

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IL SETTECENTO

Alfieri: Antigone


L'Antigone, ideata nel 1776 e pubblicata nel 1783, riprende il mito greco trattato nell'omonima tragedia da Sofocle. Antigone è sopravvissuta a una grande tragedia: è figlia delle nozze incestuose di Edipo e della di lui madre Giocasta, ha avuto rivelazione di ciò, ha visto il padre cieco allontanarsi dalla sua terra, ha assistito alla lotta fratricida di Eteocle e Polinice, suoi fratelli, e alla loro morte e al suicidio di Giocasta. Ora, oppressa da tante sciagure ma non vinta, intende dare sepoltura all'amato fratello Polinice, che Creonte, conquistato il potere legale, ha decretato debba restare insepolto.
Nell'Atto primo Argia, la moglie di Polinice, entra a Tebe col favore delle tenebre, decisa a dare sepoltura al marito; lo stesso fa Antigone, per conto suo; avviene il riconoscimento fra le due donne, e in un intenso colloquio vengono presi gli accordi per l'impresa da compiere. L'Atto secondo inizia con un colloquio fra il tiranno Creonte e il figlio Emone che cerca di persuaderlo a recedere dalla proibizione di dar sepoltura al corpo di Polinice. Segue poi la scena seconda nella quale Antigone ed Argia, che sono state sorprese dalle guardie, sono di fronte a Creonte: lo scontro tra l'esigenza di libertà impersonata da Antigone e la volontà di potenza di Creonte è nettissimo. Alla fine Argia e Antigone vengono imprigionate separatamente.
Nell'Atto terzo sono ancora a confronto Creonte e il figlio Emone, che confessa il suo amore per Antigone, amaramente consapevole però dell'impossibilità che esso venga ricambiato. Creonte allora architetta un suo piano e si dice disposto a dare in sposa la prigioniera al figlio. Nelle due scene che seguono, prima alla presenza del tiranno, poi da soli, Antigone ed Emone si rivelano i loro sentimenti: Antigone, fedele al dovere che si è imposta e ad un'oscura vocazione di morte che la domina, rifiuta però quell'amore, tuttavia non privo di echi nel suo cuore, e all'alternativa postale all'inizio dell'Atto quarto da Creonte - Emone o la morte - risponde di aver scelto la morte. Invano Emone cerca di sottrarre l'amata alla morte scongiurando il padre, che concede la libertà solo ad Argia. Nell'Atto quinto la situazione giunge al suo tragico epilogo: il terribile contrasto tra il figlio e il padre tiranno si conclude quando sulla scena viene portato il corpo di Antigone giustiziata ed Emone, che in un primo tempo «si avventa al padre col brando, istantaneamente lo ritorce in sé stesso, e cade trafitto»
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© 2009 - Luigi De Bellis