IL SITO DELLA LETTERATURA

 Autore Luigi De Bellis   
     

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IL SETTECENTO

Alfieri: Vita


Nella Vita - come accennato nel Profilo - l'Alfieri mira in maniera prioritaria a mettere in luce con quanta volontaristica, "eroica" determinazione egli abbia conquistato le sue capacità poetiche. Il testo che abbiamo riportato è testimonianza di ciò. Scrive, a tale proposito, Gian Luigi Beccaria:

Più che l'accento sulla vita individuale, sulla storia della propria personalità, Alfieri pone l'accento sul suo essersi fatto poeta, quasi a dispetto delle condizioni avverse, ma grazie al richiamo di un'antica letteratura, gigante al cospetto del povero presente delle lettere. Proprio come nell'antichità, l'autobiografia alfieriana si connette con l'apologia. Alfieri celebra la sua maturità nel ripetere e nel ritrovare i propri peccati (letterari) giovanili superati. Come Vita stesa nella maturità, da un poeta risolto, che ha compiuto l'opera, questa Vita presuppone in ogni stadio del narrare un narratore che sarebbe diventato poeta tragico laureato, e in lingua toscana (la lingua poetica per eccellenza, la più antica e classica tra le moderne). Ogni giovanile allontanamento, o stortura, è in funzione della futura e definitiva ammenda. Come nell'agiografia, nella Vita ci sono cadute, tentazioni con vittorie e superamento dell'ostacolo, redenzione finale. La Vita dell'Alfieri ha i caratteri dell'elogium; o dell'agiografia di sé, di un `personaggio' che investe la realtà delle proprie vicende di fasti celebranti un'alta solitudine morale e poetica alla quale ha cercato di approssimarsi scegliendo il genere di poesia classico per definizione (la tragedia), con eroica tensione, antagonistico esercizio, seguendo giorno dopo giorno un serrato programma operativo di accaparrante lettura di pochi sommi autori dei secoli 'aurei.
Perciò ineducazione e manchevolezze, cadute e peccati, sono nella Vita premessi perché, a contrasto, risulti alla fine meglio la misura e il valore del superamento tecnico di ostacoli, della conversione stilistica. Frequenti difatti le sottolineature o gli allegati delle imperizie e dei peccati d'origine, premesse all'ascesa faticosa ma sicura (vedi in Vita III, 15 il suo primo ingenuo sonetto, o la rifiutata Cleopatra Tragedia, di cui s'allega saggio come «autentico monumento della sua imperizia» perché meglio risulti alla fine, appunto, la maturità dei monumenti perenni a venire). La Vita celebra una faticosa conquista: l'arrivo alla Poesia come e dopo tortura rituale; la mortificante umiliazione alla disciplina
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© 2009 - Luigi De Bellis