IL SITO DELLA LETTERATURA

 Autore Luigi De Bellis   
     

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IL SETTECENTO

Goldoni: I rusteghi


 

Commedia in tre atti, in dialetto veneziano, rappresentata la prima volta nel 1760. È comunemente considerata il capolavoro del Goldoni e ha certo alcune scene fra le più belle del teatro comico di ogni tempo. Si fondono in questa commedia due motivi fondamentali del teatro goldoniano: il predominio centrale di un carattere che provoca la vicenda e il movimento corale. Il vecchio Lunardo promette sua figlia Lucietta in sposa a Filippetto, figlio dell'amico Maurizio; la promessa, secondo l'uso antico, è fatta tra i padri: i figli non devono saperlo né vedersi fino al momento del matrimonio. Ma Margarita, moglie di Lunardo e matrigna di Lucietta, con Marina, cognata di Maurizio, si lasciano indurre da Felice, moglie di Canciano, amico dei due vecchi e austero non meno di loro, a permettere che i due giovani si incontrino; così Filippetto, con l'aiuto del conte Riccardo, può essere introdotto, mascherato, in casa di Lunardo, la stessa sera in cui questi, senza che la moglie lo sappia, ha invitato gli amici Maurizio, Canciano e Simon, anche lui un "rustico", per celebrare il matrimonio. Scoperto l'incontro dei due promessi, i severi vecchi vorrebbero mandare a monte il matrimonio, ma Felice, opponendo loro la sua loquace saggezza femminile, riesce a condurli per quanto è possibile alla ragione, e le nozze si concludono. Abbiamo dunque, da una parte, il vecchio mondo veneziano, ligio alla tradizione e timoroso del nuovo, rappresentata da Lunardo Canciano Simon e Maurizio; dall'altra il piccolo mondo femminile, sensato e pettegolo, che cospira per suo conto. Fuori, appena, accennato dall'entrata di Filippetto in maschera, folleggia il carnevale veneziano, che i vecchi vogliono ignorare quasi presentendovi gli ultimi allegri bagliori della loro città. Portando in scena quattro personaggi dotati delle stesse caratteristiche di rudezza brontolona e conservatrice, il Goldoni giunge spontaneamente a superare la commedia di carattere per toccare la commedia di clima. Non è più, in questi quattro vecchi, l'insistenza felice sui motivi propri di una figura bizzarra, così come non è più, nel chiacchierìo delle donne, l'elegante gioco corale delle piccole cose e delle piccole parole: vi sono qui due atmosfere intense, l'una greve di tutto il peso di una tradizione spenta ma solennizzata in forme di rito, rievocata talora con drammatica impotenza, l'altra inquieta, ingenuamente e inconsapevolmente ribelle, tutta estri e sussurri. Mai, come nei Rusteghi, il Goldoni è riuscito a dare il senso poetico e drammatico di un'intimità familiare: le stanze della casa di Lunardo, in cui si svolge l'azione, sono piene di silenzi, di segrete intese, di appena accennati ripicchi femminili, di brontolii che sottolineano l'inerte passaggio del tempo. Poi tutto si anima per un attimo, un "crescendo" inquieto attraversa e sommuove le antiche stanze, le donne e i giovani colgono con felice sorpresa "la loro giornata", come dice Lunardo. Ancora un attimo e si ristabilirà la norma, già accettata in anticipo, con mansuetudini, dai due candidi sposi.


I miei compatrioti erano accostumati da lungo tempo alle farse triviali e agli spettacoli giganteschi. La mia versificazione non è mai stata di stil sublime; ma ecco appunto quel che bisognava per ridurre a poco a poco nella ragione un pubblico accostumato alle iperboli, alle antitesi e al ridicolo gigantesco e romanzesco. (Goldoni). Avete riscattato la vostra patria dalle mani degli arlecchini. Vorrei intitolare le vostre commedie: l'Italia liberata dai Goti... Vi auguro, mio signore, la vita più lunga, più felice, giacché non potete essere immortale come il vostro nome. (Voltaire).

Goldoni non conosce né le arti né le scienze: i suoi sbagli in fatto di giurisprudenza e di morale, di medicina e di anatomia, di geometria e di storia naturale (giacché costui parla di tutto) sorpassano ogni credenza. (Baretti).

La nuova letteratura fa la sua prima apparizione nella commedia del Goldoni, annunziandosi come una restaurazione del vero e del naturale nell'arte. (De Sanctis).

Inferiore al Molière nell'osservazione morale, perché intelletto minore e aggirantesi in più semplice cerchia di esperienza, il Goldoni sta tutto nella capacità di un'ilare visione degli uomini, delle loro passioncelle, difetti e vizi, o piuttosto difettucci e vizietti e dei curiosi dirizzoni, dei quali poi quasi sempre si ravvedono e correggono. Era anche un brav'uomo di oneste intenzioni, bonario, pietoso, indulgente; ma la sua vena era quella. (B. Croce)
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Ugo Dettori

© 2009 - Luigi De Bellis