IL SITO DELLA LETTERATURA

 Autore Luigi De Bellis   
     

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IL SETTECENTO

Vico: Sapienza poetica e mito


 

Gli uomini, secondo la notissima formula vichiana, «dapprima sentono senza avvertire, dippoi avvertono con animo perturbato e commosso, finalmente riflettono con mente pura». Ma porre all'inizio della storia il senso e la bestialità, affermare che le origini dell'umanità «dovettero per natura essere piccole, rozze, oscurissime», voleva dire rinunciare in modo definitivo alla millenaria tradizione della «sapienza riposta», abbandonare ogni tentativo di interpretazione allegorica dei miti, avviarsi a localizzarli storicamente interpretandoli come l'espressione tipica e caratteristica di un primitivo mondo magico, diverso dal nostro mondo, retto da differenti categorie, dominato da differenti modi di vivere e di percepire la vita. I miti non appaiono più il frutto dell'invenzione dei poeti, o il prodotto dell'opera di astuti sacerdoti che mirano a nascondere al volgo la verità fasciandola di mistero. Non sono né arbitrarie invenzioni, né travestimenti di antiche verità filosofiche: in essi trova spontanea e naturale espressione la natura miticofantastica dell'umanità primitiva e in essi prende forma l'immaginazione collettiva dei primi popoli.
Per ricostruire quella metafisica «sentita ed immaginata» che fu caratteristica dell'aurora del genere umano è necessario però superare da un lato la «boria dei dotti» che considerano « ciò che essi sanno... antico quanto che '1 mondo» e attribuiscono quindi ai primitivi la loro propria sapienza, e dall'altro la «boria della nazioni», ciascuna delle quali vuole «aver prima di tutte le altre ritruovati i comodi della vita umana». È necessario cioè emendare il nostro intelletto, modificare in profondità il nostro atteggiamento di fronte al passato, rifiutare un modo d'essere che è caratteristico della mente umana e che è alle radici di tutti gli errori che son stati commessi relativamente alla storia delle origini. Solo rifiutando la mentalità antistorica e deformante che proietta nel mondo primitivo le categorie della ragione, si potrà ricollocare i miti nel loro tempo, interpretarli come documenti di un'umanità diversa dalla nostra, evitare che quel mondo appaia, com'è finora apparso ai filosofi, tutto intessuto di assurdità, di contraddizioni, di incongruenze, di sconcezze morali. All'ardua ricostruzione della cultura e delle istituzioni dell'umanità primitiva è dedicato il secondo libro della seconda Scienza nuova. A differenza di quanto facciamo noi moderni, Vico identifica mito e poesia ed usa il termine «poetico» come sinonimo di «mitico» e di «primitivo». In quella fanciullezza del mondo che Vico va ricostruendo, la sapienza poetica si esprime in forme diverse; metafisica, logica, politica, fisica, astronomia, geografia, cronologia furono tutte poetiche. Attraverso di esse trova espressione un mondo che non può essere interpretato in base alla logica della ragione.
Nell'età poetica dominano infatti quelle facoltà, come il senso, la fantasia, l'ingegno, la memoria, che «mettono le loro radici nel corpo e prendon vigore dal corpo». E poiché i primi uomini, come fanciulli del genere umano, erano volti al concreto e al particolare e non erano in grado di elaborare concetti astratti e di costruire universali, si foggiarono dei «caratteri poetici» o «universali fantastici» che sono i modelli o «ritratti ideali» di una molteplicità di particolari fra loro rassomiglianti. Intorno a un'immagine concreta e corpulenta si costruisce un sapere. In quel mondo, che è ancora prelogico e prerazionale, l'immagine di un'entità singola sostituisce il concetto e adempie la funzione che verrà esercitata dal concetto in un secondo momento, quando, nell'età della ragione spiegata, la mente sarà pervenuta ad «astrarre le forme». Proprio come accade nei fanciulli che apprendono e nominano «con l'idee e nomi degli uomini, femmine, cose che per la prima volta hanno conosciuto... tutti gli uomini, femmine, cose ch'hanno con le prime alcuna somiglianza o rapporto». Allo stesso modo gli antichi egiziani, che non erano filosofi e non «si intendevano di universali», simboleggiano nella figura di Ermete Trismegisto tutti i loro ritrovati utili o necessari al genere umano, e più tardi i greci riconducono ad Achille «tutti i fatti dei forti combattivi» e ad Ulisse «tutti i consigli de' saggi».
I concetti, le astrazioni, la ragione non sono dunque un punto di partenza, ma il punto d'arrivo di un complicato processo. Fonti per la ricostruzione del mondo remoto al quale Vico si volge non saranno più - come voleva la storiografia tradizionale - le testimonianze degli storici, dei filosofi, dei letterati, ma gli stessi miti, le etimologie, i riti, le istituzioni sociali e religiose, la legislazione delle dodici tavole, i poemi omerici e i grandi frantumi dell'antichità: i monumenti, gli avanzi archeologici, le leggende, le monete, gli usi e costumi popolari. Tutto quel materiale cioè che è più tardi apparso pertinente all'archeologia, alla mitologia comparata, all'etnologia, all'antropologia culturale, alla sociologia, alla storia del folclore e delle tradizioni popolari.
I popoli, i gruppi, le classi, non gli individui, sono i protagonisti della storia narrata da Vico. Ricondotti alle loro lontane radici, i miti appaiono manifestazioni della vita collettiva, valgono a farci intendere quali fossero le istituzioni, i sentimenti e le passioni, i mutamenti politici e sociali. Sono «le prime storie delle nazioni gentili», le «vere e severe istorie de' costumi delle antichissime genti di Grecia». Il mito di Minerva, nata dal cervello di Giove che Vulcano fendette con una scure, è il mito delle contese eroiche: Minerva è il principio degli ordini civili e Vulcano plebeo è la moltitudine dei famuli che ruppero il regno di Giove, ossia le monarchie teocratiche. La lotta di Ercole con Anteo è la lotta fra i nobili delle città eroiche e i famuli ammutinati. Nettuno è il principio dell'arte nautica che fa tremare le terre per il terrore dei corseggi. Le favole di Minosse, degli Argonauti, della guerra troiana, del ritorno di Ulisse, del Minotauro, di Perseo, di Teseo, sono i corseggi e i ladronecci eroici, la fondazione delle colonie
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© 2009 - Luigi De Bellis