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IL TRECENTO
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DINO COMPAGNI: CANZONI DEL
PREGIO
Dino
Compagni elenca una serie di
condizioni sociali, accostate
semplicemente in base al
concetto di pregio che in
ciascuna si può realizzare
secondo i valori e le funzioni a
essa pertinenti. Non emerge
quindi dal testo un vero schema
di interpretazione
dell'organizzazione sociale,
poiché non vi è indicato nessun
principio regolatore dei
rapporti tra i soggetti
nominati.
Questi sono, nell'ordine:
imperatore, re, baroni,
magistrati, cavalieri, donzelli,
giuristi, notai, medici,
mercanti, artigiani (più
precisamente, orefici). Non
sappiamo se la canzone sia
incompiuta e se manchino (o
siano andate perdute) altre
stanze in cui fossero prese in
considerazione altre categorie.
La scelta è comunque
significativa. Essa comprende
figure in parte rappresentative
del mondo aristocratico-feudale,
in parte attive invece
nell'ambiente (Firenze tra il
XIII e il XIV secolo) a cui
Compagni apparteneva. Questi,
nel disegnare il quadro dell'élite
sociale (il concetto di pregio
qualifica come degni d'onore
tutti i ceti presi in esame), si
muove quindi tra le suggestioni
della società signorile,
conosciuta attraverso la
letteratura, il persistente
fascino degli istituti
cavallereschi, che conservavano
la loro importanza anche nel
Comune, e i suggerimenti che gli
venivano dalla realtà
sperimentata di persona.
La società cittadina, nella
visione di Compagni, non
soppianta quella dei sovrani e
dei signori, ma con essa si
integra. La città è
rappresentata principalmente
dalla borghesia professionale e,
all'interno di questa, il
maggior rilievo è dato agli
uomini di legge, presenti in più
varianti (rettori, giuristi,
notai). L'orefice può essere
stato scelto in quanto tipo di
artigiano-artista che maneggia e
lavora con abilità personale
materie preziose. Ma qui ci
interessa soprattutto il
ritratto del mercante. Già è
significativo il fatto che
questo mestiere, per lungo tempo
considerato ai limiti del
lecito, compaia in una lista che
si apre con il nome
dell'imperatore. Dino Compagni
delinea un modello di mercante,
socialmente accettabile: che
abbia capacità di previsione e
tenga fede ai suoi impegni; che
abbia decoro e sia fornito
dell'istruzione necessaria alla
sua professione; che sia
osservante della religione e
faccia le elemosine dovute; che
non eserciti l'usura.
Non sono precetti genericamente
moralistici: ciascuno di essi
risponde a questioni dibattute,
a problemi di comportamento che
si ponevano nei fatti.
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