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IL TRECENTO
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GUIDO CAVALCANTI: IN UN
BOSCHETTO TROVA' PASTURELLA
Abbiamo
già presentato, trattando della
società feudale, alcuni esempi
di pastorelle composte dai
trovatori e sottolineato come
all'origine di questo genere e
del tema che lo caratterizza (la
richiesta d'amore) ci sia una
precisa situazione dei rapporti
sociali (rapporti di potere dei
cavalieri sui contadini).
Cavalcanti si riallaccia a
questi modelli e tuttavia ne
modifica in parte le
caratteristiche: dà scarso
rilievo alla situazione sociale
e ai rapporti di forza (il
personaggio maschile non è
contrassegnato da specifici
attributi di classe, la
pastorella non si limita ad
accettare passivamente la
richiesta e neppure si ribella,
ma appare vogliosa di far
l'amore). La funzione del testo
sembra essere quella di offrire
l'occasione per un linguaggio
scherzosamente aggraziato e per
una rappresentazione non
dottrinale, ma naturalistica
dell'amore.
Cavalcanti si vale di questa
forma letteraria, in opposizione
a quello che è il tono dominante
della sua poesia, per
raffigurare l'incontro con la
donna semplicemente come
occasione per l'insorgere di un
desiderio che è immediatamente
appagato.
Ricordiamo che il conflitto tra
città e campagna, così
importante nello sviluppo della
società urbana e così presente
nella sua cultura, non ha eco
nelle rime degli stilnovisti, la
cui esperienza intellettuale è
interamente legata alla città e
agli antagonismi interni alla
classe di potere. In Italia il
genere della «pastorella» non
ebbe grande sviluppo: forse
perché si costituì a partire dal
XIII secolo una nuova «forma» -
la «satira del villano» - in cui
era possibile convogliare in
modo più diretto ed esplicito
gli atteggiamenti anticontadini.
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