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IL TRECENTO
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GUIDO CAVALCANTI: S'IO PREGO
QUESTA DONNA CHE PIETATE
Nella
seconda quartina è
esplicitamente dichiarato il
tema della ambiguità della
donna, tra soavitate e
crudeltate (la posizione in rima
dei due termini dà rilievo al
loro rapporto di opposizione).
Anche Cavalcanti, conformemente
all'atteggiamento intellettuale
che è comune a questi poeti,
considera le apparenze sensibili
come segni da interpretare; ma,
secondo questo testo, la realtà
che esse adombrano le
contraddice e le capovolge: la
donna, che alla vista si
presenta «umìle / saggia e
adorna e accorta e sottile / e
fatta a modo di soavitate» è
animata invece da straordinaria
crudeltà.
Ogni elemento del sistema
concettuale subisce, nel testo,
una scissione che moltiplica la
ambiguità: l'io dell'amante si
divide nell'anima (che piange,
«dolente e paurosa» ), nel cuore
(che sospira e che morirà), nei
sospiri (che escono «bagnati di
pianti»), nella mente; la donna
si sdoppia in due personaggi:
quella crudele, con cui si
svolge il dialogo, e la figura
malinconica e distaccata che
piove nella mente.
La dissociazione dell'io in tre
entità (anima, cuore, mente)
deriva, secondo alcuni studiosi,
dall'influenza dell'averroismo:
anima e cuore subiscono
violentemente la perturbazione
indotta dall'amore per la donna
concretamente sensibile; la
mente contempla invece una donna
idealizzata. Se questo è vero,
Cavalcanti vuol dire che l'amore
produce una contraddizione
insanabile, poiché intelletto e
sensibilità divergono: la mente
costruisce astrazioni, il cuore
soccombe.
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