IL SITO DELLA LETTERATURA

 Autore Luigi De Bellis   
     

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GIOVANNI BOCCACCIO

 

L'AMOROSA

 

Poema allegorico in cinquanta brevi canti in terzine, scritto nel 1342. Nella sua struttura esteriore e nella forma è opera d'indubbia imitazione dantesca, e congegnata con tecnica artificiosissima: basti pensare che le prime lettere del verso iniziale di ogni terzina vengono a costituire le parole dei tre sonetti introduttivi. Il poeta, col pensiero sempre rivolto alla sua donna lontana, è colto da un sonno soave, durante il quale gli sembra di errare per lidi lontani e deserti. Una donna bellissima lo invita a seguirla in luogo dov'egli troverà l'appagamento di ogni suo desiderio; i due s'incamminano e arrivano a un castello al quale si accede per due porte: l'una, larga e aperta, è la porta della ricchezza, della gioia e della gloria mondana, l'altra, più stretta e socchiusa, la porta della virtù. Il poeta, cedendo alle lusinghe di due giovinetti, entra per la porta più spaziosa, e arriva in una grande sala, sulle cui pareti sono istoriati i trionfi allegorici della Scienza, della Gloria, della Ricchezza e dell'Amore. La descrizione dei dipinti offre l'occasione di una folta e speciosa rassegna di illustri personaggi mitologici, classici e medievali. Il tutto è un erudito zibaldone medievale storico-letterario-mitologico, privo di ogni alito di poesia, ma lievitato da un gusto nuovo, onde l'erudizione è già sentita come culto e conquista di una nuova cultura. Il poeta e la guida passano poi in una seconda sala dov'è affrescato il trionfo della Fortuna: e la guida, servendosi di molti esempi, svolge il tema della volubilità della fortuna e della vanità dei beni mondani. A questo punto il poeta è attratto dalla vista di un giardino in fiore donde gli arrivano all'orecchio suoni e voci di festa, e, cedendo all'invito dei due giovinetti, vi entra nonostante l'opposizione della sua guida. In mezzo a un verde prato sorge una grande fontana di marmo, e sulle rive del limpido fiumicello che ne deriva passeggiano leggiadrissime donne. Molte ne riconosce il poeta, e tra loro spicca quella definita "la bella Lombarda", ai cui piedi il poeta si prostra. In disparte egli scorge infine la sua donna, la "Ninfa sicula" (Fiammetta). Il poeta trascorre momenti di ineffabile gioia, e la bellissima donna lo esorta a essere docile discepolo della guida che invia gli uomini erranti per il retto cammino. Poeta e donna poi, allontanandosi dalla guida, si inoltrano in un boschetto, dove il poeta sta per cogliere il bellissimo fiore del suo desiderio, quando la visione si rompe (sogno nel sogno) ed egli si ritrova accanto alla sua guida la quale lo rimprovera, promettendogli, se egli la seguirà docilmente, il soddisfacimento di quell'alta brama ch'egli aveva sognato di essere sul punto di saziare. E qui finisce il poema, che rimane, senza giustificazione, incompiuto, in quanto la narrazione della purificazione dell'animo del poeta sotto il benefico influsso dell'amore, ch'è il concetto informatore del poema, doveva esserne l'ultimo compimento, e insieme giustificazione e chiave dell'allegoria. Il poema, dantesco nello schema, nel procedimento allegorico e nello stile, è ben lontano dallo spirito della Commedia; e non a torto il De Sanctis ha parlato di un'inconscia parodia del poema dantesco. La serietà e l'unità di questa specie di anabasi spirituale in cui il Boccaccio proietta il caldo e dolente ricordo del suo amore per madonna Fiammetta svaniscono nella frondosa ornamentazione degli episodi, di gusto tutto letterario. Ma l'episodio, per sua parte, finisce con l'accogliere e rivelare le qualità più genuine del temperamento artistico del Boccaccio: una certa aura romanzesca, il gusto del disteso novellare, e quell'elemento squisitamente sensuale che affiora di tra la fraseologia stilnovistica negli ultimi canti, in un dilettoso e stilizzato sfondo di idillio. Non fa meraviglia perciò se, a un certo punto, il Boccaccio si sentì sazio della sua fredda fatica, o l'urgenza dell'amoroso ricordo lo spinse a un'espressione più calda e libera d'inceppi: il romanzo autobiografico Elegia di Madonna Fiammetta è infatti del 1343.

Daniele Mattalia

© 2009 - Luigi De Bellis