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GIOVANNI BOCCACCIO
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IL MONDO DEL DECAMERON
Il
Boccaccio, come si è visto, da
giovane fece a Napoli esperienze
non solo nel campo commerciale,
che poco lo attirava, ma
soprattutto nel bel mondo della
corte del dotto re Roberto
d'Angiò, ove poté soddisfare le
sue esigenze intellettuali e le
sue giovanili ambizioni
artistiche, oltre che appagare
la nativa esuberanza d'una
cordiale adesione alla vita
cortese e gaudente.
Ne ricavò un atteggiamento di
aristocratico distacco nella
comprensione dei veri problemi
della realtà sociale e la
tendenza al sogno ed al
vagheggiamento di riti classici
e di nobili ardori.
Ma l'approccio con una realtà
ben diversa, più cruda e più
prosaica, che dovette affrontare
dopo il fallimento del padre e
il ritorno a Firenze, lo
costrinse ad una più realistica
visione della vita: l'amore
cortese, il sentimento
cavalleresco, la soave dolcezza
delle Muse antiche divennero
tutti cittadini d'un mondo ormai
passato e lontano, da conservare
come un bene prezioso e
incorruttibile, ma non più
attuale e soprattutto inadeguato
alla soluzione dei reali
problemi esistenziali che gli si
presentavano.
Fu dunque necessitato a guardare
il mondo con senso più
obiettivo, più realistico, e si
accorse che esso andava in
direzione opposta a quella che
si era immaginata da giovinetto,
che esso riponeva le sorti del
proprio destino nella ricchezza
materiale, nell'appagamento dei
bisogni più naturali, nel
godimento dei piaceri mondani.
In altre parole, che il mondo
dei cavalieri aveva ceduto il
posto al mondo dei mercanti, che
la grazia e la nobiltà dei
sentimenti avevano ceduto il
passo alla furbizia ed alla
malizia, così necessarie al
successo economico, alla
conquista amorosa.
La sua maturità artistica fu il
frutto della sintesi di queste
due cosi diverse esperienze.
Egli sentì di dover narrare la
vita cosi com'era, come gli
scorreva dinanzi agli occhi, ma
anche di dover conservare per sé
quell'aristocratico distacco,
retaggio dei sogni giovanili, e
quel tanto di pudore sufficiente
a non farsi coinvolgere nella
volgarità della vita reale. La
quale, però, era quella vera e
che proprio per questo andava
cordialmente accettata, non
giudicata. E descritta con la
simpatia di un animo superiore
ma non estraneo alla comune
condizione dell'umanità.
Per questo il "Decameron"
risulta un grande affresco della
società italiana, e
particolarmente fiorentina, del
Trecento. In esso è
significativa l'intuizione che
l'umanità va sempre più
distaccandosi dall' idea
dell'aldilà ed e decisamente
orientata a valorizzare la vita
terrena e l'opera dell'uomo,
della quale si rivendica
l'autonomia da ogni interferenza
di natura celeste. Ne consegue
che la qualità umana più
rilevante ed esaltata è 1'
intelligenza, anche quando si
degrada a furbizia, a qualsiasi
fine sia essa rivolta,
indipendentemente dalla natura
morale dei risultati conseguiti,
che possono essere nobili o
volgari, onesti o disonesti. Nel
narrare la trovata di ser
Ciappelletto, che da gran
manigoldo che era stato per
tutta la vita, in punto di morte
riesce a convincere il
confessore d'essere un santo (e
come tale verrà venerato da
tutta la cittadinanza), pensando
che il Padreterno, dopo i mille
e mille affronti subiti da lui,
possa bene accettare anche
questo, dato che, alla fin fine,
esso sarà veramente l'ultimo:
nel narrare questa spassosissima
vicenda il Boccaccio si diverte
e si compiace col protagonista,
non si scandalizza per niente,
perché il mondo va così ed è
forse naturale che vada nel
senso voluto dai furbi anziché
in quello indicato dagli stolti.
Quindi c'è poco da
scandalizzarsi se, chi ce l'ha,
sfrutti la propria intelligenza
a scapito degli stupidi, sia se
c'è in ballo un profitto
economico che se si tratti di
conquistare una donna, di
spuntarla sulla più accanita
difesa della propria castità. E
1' amore è l'altro aspetto
dominante della vita dell'uomo,
quale che sia la sua natura,
platonico e sensuale,
rasserenante o sconvolgente,
segnato da una tragica fedeltà o
da una infedeltà comicamente
disgustosa.
Questi aspetti naturali
dell'esistenza umana vengono dal
Boccaccio calati in vicende e
personaggi concreti
realisticamente descritti con
analisi minuziose o
semplicemente abbozzati, ma
sempre con un eccezionale acume
psicologico.
La vasta galleria di personaggi
del "Decameron" comprende una
gran varietà di esemplari umani:
il ricco e il povero, il nobile
e il plebeo, l'antico
"cavaliere" e il moderno
"trafficante", il saggio e
l'insipiente, il furbo ed il
gonzo. Tutti fanno parte del
mondo e perciò hanno diritto
alla comprensione dell'uomo ed
al rispetto dell'artista.
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