IL SITO DELLA LETTERATURA

 Autore Luigi De Bellis   
     

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IL CINQUECENTO

ARMIDA E RINALDO NEL GIARDINO INCANTATO

 

Abbiamo osservato nel Profilo come uno dei problemi fondamentali del Tasso fosse la creazione di uno stile epico moderno, adatto al rinnovato gusto del proprio tempo e alle esigenze strutturali e ideologiche della forma "poema eroico". I modelli recenti (Boiardo, Ariosto, Trissino e altri) gli apparivano inadatti per svariati motivi, ma soprattutto perché condotti in uno stile mediocre, più consono alla lirica che al poema eroico. Lontano e difficilmente riproponibile, per motivi schiettamente linguistici, era poi il modello virgiliano; quello, comunque, a cui egli cerca di ispirarsi con più costanza. Non possiamo qui soffermarci sui dettagli di questa originale, e tormentata ricerca che approderà infine alla profonda revisione della Conquistata, ma quel che è certo è che il Tasso a lungo si interroga sui rapporti tra componenti liriche e componenti epiche dello stile che va forgiando, con incertezze, oscillazioni, ripensamenti. In particolare all'epoca della revisione della Liberata egli oscilla tra la convinzione di aver ecceduto nell'uso di un certo numero di stilemi che giudica particolarmente appropriati alla lirica, e la convinzione che viceversa sia una necessitá della lingua italiana (incapace di riprodurre molti degli stilemi epici del latino virgiliano) utilizzare quei medesimi stilemi anche nel poema eroico.
Da rilevare, però, come a spingerlo in quest'ultima direzione siano due fattori di grande importanza: da un lato il fatto che, sul piano dei contenuti, il suo poema inclinava decisamente in direzione di un'analisi degli affetti, delle emozioni e dei sentimenti che proprio la tradizione lirica aveva portato al massimo grado di approfondimento; dall'altro, il fatto che il modello stilistico a lui e ai suoi contemporanei più congeniale era quello di un lirico, il Della Casa, e sia pure di un lirico incline a un'austera gravità. Ebbene, pur nella volontà di distanziarsi dal "mediocre" Ariosto, l'apparente paradosso della ricerca stilistica tassiana sta nel mirare alla creazione di uno stile epico originale, muovendo sostanzialmente da modelli lirici e nell'ambito di stilemi propriamente lirici. II risultato concreto - trascurando qui gli esiti teorici - è l'impasto sfumato e originalissimo dello stile manierato e magnifico della Liberata.

Se ora consideriamo sotto questo profilo l'episodio non faremo fatica a rilevare - specie in alcune zone del testo - un'altissima frequenza di alcuni di quegli stilemi e dl quelle figure retoriche che il Tasso e i contemporanei giudicavano tipicamente "lirici" (ci limitiamo ad un'esemplificazione essenziale dalle prime ottave): chiasmi (sino a tre occorrenze contigue: «acque stagnanti, mobili cristalli /, fior varie varie piante, erbe diverse, / apriche collinette» 9,3-5), antitesi («tutto... nulla», 9,8; «culto... negletto», 10,1; «natura arte», 10,3; «novo... antico», 11,4; «acerba... d'or», 11,7), figure di ripetizione («vari... varie», 9,4; «L'aura... l'aura», 10,5-6; «eterni... eterno», 10,7; « istesso... ,tessa», 11,1; «fico... fico», 1 1,2; «quando... quando», 12,5-6; «mezzo... mezzo», 14,3; «ecco... ecco», 14,5-6; «non par quella, quella non par», 14,6-7; «mille... mille», 14,8), annominazioni o bisticci («imitatrice... imiti», 10,4; «fioriti... fiori», 10,6-7; «or... ora... òra», 12,7-8; «trapassa... trapassar», 15,1; «fiore... verde... rinfiora... rinverde», 15,2-4; «amor... amiamo... riamato amando», 15,7-8) e si potrebbe continuare annoverando parallelismi, coppie e serie di termini coordinati, e altre figure ancora.
Da notare è però anche il fatto che, da un lato, il Tasso cerca di attuare anche un certo numero di figure, ammirate in Virgilio, ché rendano più sostenuto e a tratti anche complesso e difficile (se non proprio oscuro) il dettato: è il caso degli iperbati e delle anastrofi, assai frequenti, che comportano un riordinamento artificioso della struttura sintattica della frase (dai casi più chiari: «dolcissimi d'amor sensi e sospiri», 16,8; «qui d'or Nave / e di piropo e già di nettar grave», 11,7-8; «le scintilla un riso / negli umidi occhi tremulo e lascivo», 18,5-6; a quelli più complessi e insidiosi: «com'egli è vago / mirar tu almen potessi il proprio volto», 22, 1-2; «e 'I ferro, il ferro aver, non ch'altro, mira / dal troppo lusso effeminato a canto», 30,5-6; «al piè tenero non sono / quel gelo intoppo e quella alpina asprezza», 39,5-6). E d'altro canto si osserverà pure che molti dei procedimenti sopra menzionati sono sottoposti a trattamenti particolari che, in vario modo, mirano ad introdurre elementi di irregolarità, di asimmetria, di asprezza che ne attenuano gli effetti di "piacevolezza lirica".
La ricerca stilistica del Tasso poi non è quasi mai fine a se stessa: il poeta cerca costantemente di adeguare gli artifici elocutivi che impiega alla trama concettuale e sentimentale che esprime, si tratti della labirintica e insidiosa realtà del giardino incantato, della sua fantasmagorica successione di allettamenti, della sua artificiosa naturalezza, o si tratti di complesse emozioni quali l'inappagabile desiderio dell'amante di fondere il proprio spirito con l'amata o l'insaziabile contemplazione del volto di chi si ama o ancora il desiderio di esprimere quanto di inesprimibile fa provare l'amore. Casi tutti, questi, che potrebbero essere addotti, assieme ad altri, a motivare la densità di certi stilemi e la loro natura in questo testo.

Mario Fubini

© 2009 - Luigi De Bellis