CAPACITA' VISIVA: c.IV, ott.14.a:
Bradamante deve togliere a
Brunello l'anello fatato: "sì
ch'ella il prese, e lo legò ben
forte / ad uno abete ch'alta
avea la cima".
Binni: Non aveva nessun bisogno
di accennare all'altezza
dell'abete, se non per dare a
questo paesaggio la sua
dimensione verticale.
c.IV, ott.4.a: tutta l'ottava
dipinge un gustoso quadretto di
gente che guarda in su, e il
lettore non sa ancora, per sei
versi, che cosa. Esempio anche
di SAPIENZA NARRATIVA (come
nell'esempio seguente):
c.IV: all'apparire dell'Ippogrifo,
per tre ottave, invece di
narrare lo scontro, si parla
dell'Ippogrifo e del mago. Il
lettore resta sospeso, in
attesa.
VERO E FINTO: dell'Ippogrifo c'è
minuziosa descrizione,
generalità, provenienza, fino a
dire "Non finzion l'incanto,
come il resto, / ma vero e
natural si veda questo."E invece
quell'Ippogrifo è la cosa più
inverosimile! E' il gioco
amabile, e ironico, tra la
verità e la finzione, che
accompagna il lettore nel mondo
del Furioso.
GLI IDEALI MONDANI
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suoni, canti, vestir,
giuochi, vivande
quanto può cor pensar,
può chieder bocca |
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Questo Atlante di Carena ha
approntato per i dorati
prigionieri del suo castello, al
fine che non rimpiangano la
libertà. Questo orizzonte
mondano è quello che rende liete
le ore dell'uomo. Tanto più che
molti dei prigionieri, liberati,
rimpiangono il castello.
IL GIOCO DEL DESTINO
Atlante a Bradamante: prendi
tutti gli ospiti che vuoi, ma
lasciami il mio Ruggero. Ma
Bradamante è lì proprio per
Ruggiero.
PALPITO DEI SENTIMENTI
c.IV Ruggero vola via sull'ippogrifo:...
ma poi che si dilegua sì, che la
vista non può correr tanto,
lascia che sempre l'animo lo
segua.
Binni: uno dei versi più
abbandonati e inaspettati
dell'Orlando.
DIMENSIONE UMANA DEI PERSONAGGI
c.V Ruggiero sull'ippogrifo: "io
non gli voglio creder che
tremante non abbia dentro più
che foglia il cor".
IL SECONDO CASTELLO
E' una rappresentazione
maliziosa e sorridente
dell'eterna commedia umana, così
come l'Ariosto, uomo del
Rinascimento, può
rappresentarla: gli uomini che
spendono la loro giornata tesi
all'oggetto del loro desiderio,
solo a quello intenti. Oggetto
che è fittizio e strumento
d'incantesimo d'un mago (non
onnipotente). Il castello è la
condizione umana, nella quale la
vitalità è assicurata
dall'inesausta energia "degli
appetiti umani" e da quel grano
di follia, che - contro ogni
smentita e delusione - ci fa
continuare la caccia ai nostri
sogni, sollecitati da interessi
e istinti ideali.
Dio non c'è. La dimensione è
orizzontale e tutta umana.
E' Boccaccio, ma non più
borghese, né realistico: è il
mondo della corte e del
classicismo, che rispecchia
l'essenza di una civiltà
umanistica, mondana, ma
raffinata, che equilibra
sensualità e favola, concretezza
e levità fantastica.
EVIDENZA SENSIBILE
Ruggiero è sceso dall'ippogrifo,
è accaldato e stanco:
"Bagna talor su la chiara onda e
fresca
l'asciutte labra, e con la man
diguazza."
L'INCANTO SENSUALE, L'OBLIO E
UN'OMBRA DI MALINCONIA in questi
versi di Alcina e Astolfo:
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"Io mi godea le delicate
membra:
pareami aver qui tutto
il ben raccolto
che fra mortali in più
parti si smembra,
a chi più et a chi meno,
e a nessun molto;
nè di Francia nè d'altro
mi rimembra:
stavami sempre a
contemplar quel volto."
|
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UNA CHIAVE DI LETTURA DEL POEMA:
VERO / FALSO PURCHE' BELLO
Sulla porta della città di
Alcina c'è una spessa coltre di
gemme, ornamento preziosissimo.
"O vero o falso ch'all'occhio
risponda,
non è cosa più bella o più
gioconda."
E' una chiave di lettura,
addirittura, per tutto il poema,
perché l'A. vi dice che alla fin
fine non importa se il bello sia
vero o falso, purché sia bello e
agli occhi faccia incanto. E'
l'idea della poesia come favola
bella, come suprema
affabulazione del reale (non
dimenticato, però, ma
metaforizzato), che rende pieno
di gioia l'occhio (e il cuore)
dell'uomo. E' il naturalismo
rinascimentale, che, in fondo,
non s'impegna in una valutazione
etica del reale nel senso della
verticalità trascendente.
LA BELLEZZA COME ARMONIA
c.VI Nel regno di Alcina:
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"corron scherzando
lascive donzelle,
che, se i rispetti
debiti alle donne
servasser più, sarien
forse più belle." |
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IL REGNO DI ALCINA merita
attenzione: è luogo di eterna
felicità, di delizia mondana, di
primavera perpetua. Topos ben
noto.
OLIMPIA ABBANDONATA
Bellissimo episodio. A. rivela
sapienza nel penetrare la
disperazione di un cuore,
gareggiando con i modelli
classici.
IRONIA
Angelica di fronte all'Orca dà
occasione di sorrisi nel mezzo
di una situazione che dovrebbe
essere terrorizzante e
angosciosa. Invece Ruggiero,
sottratta Angelica al mostro con
l'ippogrifo, "così privò la fera
de la cena/ per lei soave e
delicata troppa"; e più avanti,
quando si prepara all'amoroso
assalto, egli, che ha vinto
l'Orca, "frettoloso...
confusamente l'arme si levava./
Non gli parve altra volta mai
star tanto;/ che s'un laccio
sciogliea, dui s'annodava."
E, dopo il sorriso che spina la
fronte del lettore, l'altra
trovata dell'ironia (distacco -
armonia - ritorno al tono
medio): "Ma troppo è lungo
ormai, Signor, il canto/ e forse
ch'anco l'ascoltar vi grava;/ sì
ch'io differirò l'istoria mia/
in altro tempo che più grato
sia."
LA FORZA DELL'AMORE E DELLA
BELLEZZA SU UN ANIMO BRUTO
L'amore colpisce, insieme alla
bellezza, anche i più brutali,
anche Mandricardo ("di sangue
brutto e con faccia empia e
scura" c.XIV)
L'ottava 58.a ripete il
dantesco: "Amor che a nullo
amato amar perdona..."; ma
quanto lontano lo spirito
drammatico e inesorabile
dell'Inferno, dal tono morbido,
trepidante e madrigalesco, da
elegante corte rinascimentale,
dell'Ariosto.
Il confronto fra la terzina
dantesca e quest'ottava è
didatticamnte molto illuminante.
RELIGIONE
c.XIV
Agramante si appresta
all'assalto di Parigi. I
cristiani pure, con messe,
confessioni e preghiere. Si
sente che l'animo
laico-indifferente dell'Ariosto
non sente la corda della fede,
anzi non sa reprimere
l'umorismo, anche involontario.
A dir messe, per esempio, son
chiamati"... preti, frati
bianchi, neri e bigi" con nota
coloristica, stonata se riferita
al clima che si vorrebbe creare.
Così, più avanti, Carlo Magno
prega Dio così: se siamo
peccatori puniscici, ma che non
siano i tuoi nemici ad
ucciderci, Che penserebbero di
Te, se fai uccidere da loro, i
tuoi amici? Vi si vede un Dio
preoccupato, da
piccolo-borghese, della sua
reputazione presso i suoi
nemici! E quando l'arcangelo
Michele va in un convento in
cerca del Silenzio (gli serve un
compagno alla sua impresa di
gettar Discordia fra i saraceni)
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"Non è Silenzio quivi; e
gli fu ditto
che non abita più, fuor
che in iscritto."
Né Pietà, né Quiete né
Umilitade
né quivi Amor né quivi
Pace mira.
Ben vi fur già, ma ne
l'antiqua etade;
che le cacciar la Gola,
Avarizia et Ira
e vide ch'anco la
Discordia v'era."
|
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LA BATTAGLIA DI PARIGI
Non c'è raccapriccio per la
strage, anzi affiora anche qui
l'umorismo, quando i cerchi di
fuoco "mettono a' Saracini aspre
ghirlande."
RODOMONTE: mentre i suoi salgono
come pecore su per le mille
scale e hanno paura, egli, non
solo non ne ha, ma "dove nel
caso disperato e rio / gli altri
fan voti, egli bestemmia Dio."
Binni. E' un atteggiamento
titanico, una delle più grandi
figure del titanismo antico,
sebbene senza coscienza di
romantiche rivolte.
BATTAGLIA E UMORISMO: Moschino,
cristiano, non adora altro che
il vino. Rodomonte lo scaglia
giù dai merli, nell'acqua del
fossato: "or quivi muore; e quel
che più l'annoia, / è 'l sentir
che ne l'acqua se ne muoia."
AUTENTICA COMMOZIONE E SERIETA'
ASSOLUTA
è nello splendido episodio della
morte di Zerbino e in quella di
Isabella, che si lascia uccidere
da Rodomonte, piuttosto che
cedergli, in una notte di
ubriachezza, illuminata dai
bagliori del fuoco. E mentre il
capo di Zerbino rotola, s'ode
appena, ancora, il nome di
Zerbino