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 Autore Luigi De Bellis   
     

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IL CINQUECENTO

TASSO: IL RE TORRISMONDO

 

Tragedia di Torquato Tasso iniziata col titolo di Galealto re di Norvegia nel 1574 e rifatta e compiuta nel 1586. Torrismondo, re di Gotia, per l'amicizia grande che lo lega a Germondo, re di Svezia, che ama Alvida, figlia del re di Norvegia, ma non può chiederne la mano al padre, suo mortale nemico, si presenta egli stesso a chiederla per sé in sposa, proponendosi di condurla nella sua reggia e quivi offrirla all'amico: ma durante il viaggio di ritorno, turbato dalle grazie e dall'affetto di lei, che lo crede suo sposo, la possiede e non ha più pace poi per il rimorso. Per riparare la propria colpa vorrebbe dare in sposa all'amico la propria sorella Rosmunda, ma scopre che la sua vera sorella non è Rosmunda, bensì Alvida, che infante era stata allontanata e sostituita in culla a causa di una fosca predizione di certe ninfe. Alvida, credendo di avere perduto l'amore di lui, che la esorta a dimenticarlo, si uccide, ed egli pure disperato pone fine ai suoi giorni. Con questa tragedia il Tasso si propose, secondo i precetti della poetica del tempo, da lui seguiti nella Gerusalemme liberata e più nella Gerusalemme conquistata, di riprodurre in una nuova veste un'opera insigne dell'antichità, l'Edipo re di Sofocle: perciò ha sovrapposto la tragedia dell'incesto e la peripezia derivata dall'agnizione del vero essere di Alvida a un dramma da lui veramente sentito e reso con tocchi felici, il dramma dei sensi del giovane, infedele suo malgrado all'amico. Con quel dramma, che è già nel frammento del Galealto, si devono ricordare gli accenti desolati che concludono la tragedia e particolarmente il coro ultimo, canto della vanità di ogni umana cosa, destinata alla rovina e al nulla, espressione potente di quella tristezza senza conforto che dominava ormai l'animo del poeta.


Tentò il Tasso anche la tragedia classica e a imitazione di Edipo re scrisse il suo Torrismondo. Ma l'Italia non avrà più la forza di produrre né l'eroico né il tragico, e lì non ci è di vivo se non quello solo di vivo che era nel poeta e nel tempo, l'elemento elegiaco, massime ne'cori. (De Sanctis)

 

Mario Fubini

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