|
IL CINQUECENTO
|
|
|
|
TANCREDI E RINALDO
La figurazione dei due
personaggi è contrastiva. Di
Tancredi, che già era apparso di
scorcio all'ottava 9,3-4 («[Dio]
vede Tancredi aver la vita a
sdegno, / tanto un suo vano amor
I'ange e martira»), viene messo
in luce l'intimo travaglio
generato dall'inatteso incontro
e dal subito innamoramento per
una bellissima guerriera pagana
(Clorinda). Tale travaglio è
descritto nei termini tipici
della tradizione lirica (ardore,
sospiri, mestizia, sofferenza,
martirio, disprezzo della vita),
ma è subito connotato in senso
morale: tale amore è «vano»
(9,4; nel duplice senso di
impossibile e non sacro,
deviante nell'ottica divina lì
assunta), è «folle» (45,6), è
«colpevole» (45, 5-6 dove si
noterà il gioco chiaroscurale:
«ombra di colpa... rende men
chiari»). Ma tutta una sottile
trama di relazioni arricchisce
di significato la raffigurazione
di Tancredi: ad esempio il suo
«amor» è nato «fra l'arme» (45,7
antitesi), «si nutre d'affanni»,
e così «forza acquista» (45,8);
ma l'acquisizione di "forza" da
parte dell'amore determina
I"'indebolimento" guerriero e
morale del personaggio (già
evidente all'ottava 49 e poi
meglio in successivi episodi) e
gli procura la lacerazione
intima che lo accompagnerà per
tutta l'opera (Clorinda «era
pagana», 47,3). Di qui, poi, si
diparte una serie di relazioni
con altri episodi del poema che
si apprezzerà in seguito. Dei
versi 1-4 dell'ottava 49 il
Getto ha scritto che sono «come
il simbolo della realtà umana e
stilistica della poesia che
malinconicamente leva il suo
canto nella Gerusalemme:
l'illusione della vita che si
affaccia all'anima e subito
dilegua, e lascia l'uomo solo
con la sua pena». Accanto alla
connotazione morale, infatti,
questo ritratto di Tancredi
introduce subito il lettore ad
un'altra delle dimensioni
fondamentali della Liberata,
quella emozionale e sentimentale
che determina lo spessore e la
complessità psicologica dei
personaggi.
Se Tancredi si caratterizza
anche per il valore guerriero e
la bellezza (45,1-4), Rinaldo è
la forza guerriera, è la
bellezza («se 'I miri fulminar
ne Tarme avolto, / Marte lo
stimi; Amor, se scopre il volto»
58,7-8). Di lui, che è l'eroe
"designato" a determinare
l'espugnazione di Gerusalemme,
vengono messe in luce, inoltre,
la giovinezza e la trasparenza
interiore: appena adolescente
egli non ha segreti travagli
intimi che ne offuschino
l'aspetto e il valore; di lui ci
vien detto solo l'irresistibile
richiamo alla nobilissima
impresa (avventura, armi,
finalità religiosa) che gli fa
abbandonare tutto e tutti ed
affrontare intrepido l'ignoto.
Egli appare perfettamente
scolpito nei versi «il fanciullo
Rinaldo... / dolcemente feroce
alzar vedresti / la regal
fronte» (58,1-4) che
figurativamente e simbolicamente
si contrappongono a quelli in
cui Tancredi «vien sospiroso, e
così porta /basse le ciglia e di
mestizia piene» (49,3-4). L'eroe
designato alla conquista e
psicologicamente integro (se non
elementare) si oppone, insomma,
all'eroe destinato alla
sofferenza, all'eroe tormentato,
sul quale il Tasso medesimo
proietta molti elementi della
propria sensibilità.
|
|
|
| |
|
|
|
| |