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 Autore Luigi De Bellis   
     

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IL CINQUECENTO

TANCREDI E RINALDO

 

La figurazione dei due personaggi è contrastiva. Di Tancredi, che già era apparso di scorcio all'ottava 9,3-4 («[Dio] vede Tancredi aver la vita a sdegno, / tanto un suo vano amor I'ange e martira»), viene messo in luce l'intimo travaglio generato dall'inatteso incontro e dal subito innamoramento per una bellissima guerriera pagana (Clorinda). Tale travaglio è descritto nei termini tipici della tradizione lirica (ardore, sospiri, mestizia, sofferenza, martirio, disprezzo della vita), ma è subito connotato in senso morale: tale amore è «vano» (9,4; nel duplice senso di impossibile e non sacro, deviante nell'ottica divina lì assunta), è «folle» (45,6), è «colpevole» (45, 5-6 dove si noterà il gioco chiaroscurale: «ombra di colpa... rende men chiari»). Ma tutta una sottile trama di relazioni arricchisce di significato la raffigurazione di Tancredi: ad esempio il suo «amor» è nato «fra l'arme» (45,7 antitesi), «si nutre d'affanni», e così «forza acquista» (45,8); ma l'acquisizione di "forza" da parte dell'amore determina I"'indebolimento" guerriero e morale del personaggio (già evidente all'ottava 49 e poi meglio in successivi episodi) e gli procura la lacerazione intima che lo accompagnerà per tutta l'opera (Clorinda «era pagana», 47,3). Di qui, poi, si diparte una serie di relazioni con altri episodi del poema che si apprezzerà in seguito. Dei versi 1-4 dell'ottava 49 il Getto ha scritto che sono «come il simbolo della realtà umana e stilistica della poesia che malinconicamente leva il suo canto nella Gerusalemme: l'illusione della vita che si affaccia all'anima e subito dilegua, e lascia l'uomo solo con la sua pena». Accanto alla connotazione morale, infatti, questo ritratto di Tancredi introduce subito il lettore ad un'altra delle dimensioni fondamentali della Liberata, quella emozionale e sentimentale che determina lo spessore e la complessità psicologica dei personaggi.

Se Tancredi si caratterizza anche per il valore guerriero e la bellezza (45,1-4), Rinaldo è la forza guerriera, è la bellezza («se 'I miri fulminar ne Tarme avolto, / Marte lo stimi; Amor, se scopre il volto» 58,7-8). Di lui, che è l'eroe "designato" a determinare l'espugnazione di Gerusalemme, vengono messe in luce, inoltre, la giovinezza e la trasparenza interiore: appena adolescente egli non ha segreti travagli intimi che ne offuschino l'aspetto e il valore; di lui ci vien detto solo l'irresistibile richiamo alla nobilissima impresa (avventura, armi, finalità religiosa) che gli fa abbandonare tutto e tutti ed affrontare intrepido l'ignoto. Egli appare perfettamente scolpito nei versi «il fanciullo Rinaldo... / dolcemente feroce alzar vedresti / la regal fronte» (58,1-4) che figurativamente e simbolicamente si contrappongono a quelli in cui Tancredi «vien sospiroso, e così porta /basse le ciglia e di mestizia piene» (49,3-4). L'eroe designato alla conquista e psicologicamente integro (se non elementare) si oppone, insomma, all'eroe destinato alla sofferenza, all'eroe tormentato, sul quale il Tasso medesimo proietta molti elementi della propria sensibilità.

 

© 2009 - Luigi De Bellis