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IL CINQUECENTO
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TASSO: AMINTA
Composta rapidamente a Ferrara
nel corso della primavera del
1573, questa "favola pastorale"
venne rappresentata nell'estate
dei medesimo anno probabilmente
nel palazzo dell'isola di
Belvedere. La prima edizione
dell'opera risale al 1580 per i
tipi di un editore cremonese.
Dell'anno successivo è la stampa
veneziana del Manuzio.
Atto I
In un lungo discorso tra Dafne e
Silvia viene esposta la
situazione di partenza: Aminta è
innamorato di Silvia, ma questa
è dedita e interessata
esclusivamente alla caccia.
Inutilmente Dafne la esorta a
ricambiare l'amore del giovane
pastore e le descrizioni la
naturalezza dell'amore. Silvia
appare insensibile (I, 1, vv.
1-337). Nella scena successiva
Aminta descrive a Tirsi il
proprio affanno, egli comunica
il proposito di uccidersi; poi
gli narra l'origine dei suo
amore per Silvia e le funeste
profezie di Mopso. Tirsi
scredita Mopso (sotto cui forse
si cela il letterato padovano
Sperone Speroni) (I, 2, vv.
338-655). Il coro elogia l'età
dell'oro (vv. 656-723).
Atto II
Un satiro rivela in un monologo
il proprio desiderio per Silvia
e il proposito di sorprenderla,
mentre si bagna e di farle
violenza (II, 1, vv. 724-820).
Dafne e Tirsi si consultano
sulla vicenda dei due giovani.
Dafne narra d'aver sorpreso
Silvia mentre si specchiava
compiaciuta della propria
bellezza in un laghetto. Dopo un
accenno al motivo di una loro
possibile unione, Dafne e Tirsi
concertano di far incontrare i
due giovani mentre Silvia si
bagna (II, 2, vv. 821-1033).
Tirsi tenta di convincere Aminta
a raggiungere Silvia al fonte e
ad approfittare della
circostanza propizia per
possederla: gli fa balenare
l'idea che anche Silvia desideri
questo, pur non volendo mostrar
d'esser lei a concedersi. Aminta
vorrebbe averne la certezza e
rimane titubante e perplesso (III,
3, vv. 1034-1139, s86). Il coro
esalta Amore e la sua forza (vv.
1140-1180).
Atto III
Tre ore dopo Tirsi si rivolge
disperata al coro dei pastori
per chiedere se hanno notizie dì
Aminta. Teme che si sia ucciso e
narra l'accaduto. Giunti al
fonte avevano sorpreso il satiro
che stava legando Silvia, nuda,
ad un albero per farle violenza.
Messo in fuga il satiro, Aminta
aveva slegato Silvia che però,
senza mostrar il minimo segno di
gratitudine, se ne era fuggita
via di corsa. Per inseguirla
Tirsi aveva perso le tracce di
Aminta ed ora teme il peggio (III,
1 vv. 1181-1323). Dafne, che ha
impedito ad Aminta di uccidersi,
dialoga con lui quando
sopraggiunge la ninfa Nerina,
afflitta perché narra d'aver
scoperto i resti di Silvia, la
quale, recatasi a cacciare,
sarebbe stata sbranata da sette
lupi. Aminta sviene, e quando si
riprende fugge via meditanto di
togliersi la vita (vv, 2, vv.
1324-1469). Il coro, in un breve
madrigale, commenta l'accaduto (vv.
1470-1478).
Atto IV
Dafne e Silvia entrano in scena
assieme: Silvia racconta come è
scampata alla furia dei lupi.
Dafne ne è sollevata, ma a sua
volta racconta a Silvia come
Aminta turbato dalla creduta
morte dell'amata sia fuggito via
per uccidersi. Dafne è sicura
che Aminta abbia mandato ad
effetto il terribile proposito.
Silvia si mostra assai turbata
dalla notizia, piange e infine
conferma di amare ormai Aminta (IV
1, vv. 1479-1633, T86).
Sopraggiunge il pastore Ergasto
che narra come Aminta si sia
gettato in un burrone. Silvia
disperata vuole onorare i resti
di Aminta per poi togliersi
anch'essa la vita (IV 2, vv.
1634-1826). II coro celebra la
morte (vv. 1827-1838).
Atto V
Nella scena unica e conclusiva
il pastore Elpino dialogando con
il coro narra come Aminta si sia
miracolosamente salvato cadendo
su di un fascio d'erbe e di
rami. Ferito è stato poi
raggiunto da Silvia ed ora i due
sono l'uno fra le braccia
dell'altra. Presto si
celebreranno le nozze (v, 1, vv.
1839-1977). Il coro conclude
l'opera auspicando amori meno
travagliati (vv. 1978-1996).
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