1 |
Poi fummo
dentro al soglio de la porta
che 'l mal amor de l'anime disusa,
perché fa parer dritta la via torta, |
|
1 |
Dopo che fummo oltre il limitare della porta, che
l'amore degli uomini indirizzato male (malo amor: usato
per il male dei prossimo o per i falsi beni) fa aprire
raramente, perché (tale amore) fa apparire come buona
una via sbagliata, |
4 |
sonando la
senti' esser richiusa;
e s'io avesse li occhi vòlti ad essa,
qual fora stata al fallo degna scusa? |
|
4 |
mi accorsi dal suono che
essa si richiudeva; e se io mi fossi voltato verso di
lei, quale scusa sarebbe stata sufficiente per
giustificare tale mio errore? |
|
L'angelo infatti (canto IX, versi 131-132) aveva
invitato perentoriamente Dante a non volgersi indietro. |
7 |
Noi salavam
per una pietra fessa,
che si moveva e d'una e d'altra parte,
sì come l'onda che fugge e s'appressa. |
|
7 |
Noi salivamo attraverso la
roccia tagliata da un sentiero, che si protendeva ora a
destra ora a sinistra, così come fa l'onda che ora fugge
ed ora si avvicina alla riva. |
10 |
«Qui si
conviene usare un poco d'arte»,
cominciò 'l duca mio, «in accostarsi
or quinci, or quindi al lato che si parte». |
|
10 |
Il mio accompagnatore
cominciò a dire: «Qui è necessario usare un po' di
accortezza, accostandoci ora da una parte, ora
dall'altra alle rientranze del sentiero (al lato che si
parte: per evitare le sporgenze)». |
13 |
E questo
fece i nostri passi scarsi,
tanto che pria lo scemo de la luna
rigiunse al letto suo per ricorcarsi, |
|
13 |
Questo procedere rese corti i nostri passi, tanto che il
disco diminuito (scemo: perché sono già passati quattro
giorni dal plenilunio) della luna era giunto nuovamente
all'orizzonte per tramontare, |
|
Secondo i calcoli astronomici la luna, che è ora
prossima all'ultimo quarto, tramonta in purgatorio dopo
più di quattro ore rispetto al sorgere del sole: sono
perciò passate le dieci del mattino.
E' questa "un'altra solinga apertura di paesaggio:
quello spicchio di luna che tramonta fra le strette
pareti della roccia, quella visione tanto più ariosa del
monte che - al di là della cruna - si raccoglie e si
slancia verso il cielo, quel ripiano deserto su cui
restano i due pellegrini. Il paesaggio s'intona tutto
sulla nota iniziale della luna che tramonta; e questa
getta su tutto il quadro un senso mattinale di freddo,
di raccoglimento e di silenzio. Sulle tracce di questa
nota ritorna quel senso di lontananza dalla terra che è
uno dei temi più insistenti e più reconditi del
Purgatorio... l'azione, Dante, i personaggi, il
paesaggio, tutto parla, esplicitamente o implicitamente,
di questa infinita distanza; e forse l'infinito che
insiste in tutto il Purgatorio, senza l'appoggio di
immagini o di misure, è sentimentalmente e poeticamente
più forte che quello così spesso raffigurato o misurato
nel Paradiso. Il Purgatorio è tutto immerso in un'aria
di lontananza" (Momigliano). |
16 |
che noi
fossimo fuor di quella cruna;
ma quando fummo liberi e aperti
sù dove il monte in dietro si rauna, |
|
16 |
prima che noi uscissimo
fuori di quel sentiero (cruna: stretto come una cruna
d'ago): ma quando ci fummo liberati di quelle difficoltà
e ci trovammo in luogo aperto, in alto, dove il monte si
restringe in dentro formando un ripiano, |
19 |
ïo stancato
e amendue incerti
di nostra via, restammo in su un piano
solingo più che strade per diserti. |
|
19 |
essendo io
stanco ed ambedue incerti sulla direzione da prendere,
sostammo in un luogo piano privo di gente più che non
sia una strada tracciata attraverso un deserto. |
22 |
Da la sua
sponda, ove confina il vano,
al piè de l'alta ripa che pur sale,
misurrebbe in tre volte un corpo umano; |
|
22 |
(Questo ripiano) dalla sponda esterna confinante con il
vuoto, fino all'inizio dell'alta montagna che continua a
salire, misurerebbe tre volte il corpo umano (cioè da
cinque a sei metri); |
25 |
e quanto
l'occhio mio potea trar d'ale,
or dal sinistro e or dal destro fianco,
questa cornice mi parea cotale. |
|
25 |
e per quanto la mia vista poteva spaziare, sia a destra
che a sinistra, la cornice mi sembrava sempre della
stessa larghezza. |
28 |
Là sù non
eran mossi i piè nostri anco,
quand' io conobbi quella ripa intorno
che dritto di salita aveva manco, |
|
28 |
I nostri piedi ancora non
si erano mossi lassù, quando io mi accorsi che quella
fascia inferiore della parete che era meno ripida
(dritto di salita aveva manco: affinché potesse essere
vista anche dai superbi che camminano curvi), |
31 |
esser di
marmo candido e addorno
d'intagli sì, che non pur Policleto,
ma la natura lì avrebbe scorno. |
|
31 |
era di marmo candido ed
ornato di sculture così perfette, che non solo Policleto,
ma anche la natura lì si vedrebbe superata. |
|
Policleto, famoso scultore greco del V secolo a.C., fu
conosciuto nel Medioevo attraverso le lodi che di lui
fecero gli scrittori latini (Cicerone, Plinio,
Quintiliano) e venne esaltato come l'artista che nel suo
campo seppe realizzare l'ideale supremo di perfezione.
In ogni girone del purgatorio le anime, oltre a
sopportare una pena particolare dovuta al contrappasso,
devono meditare intorno ad esempi che sono stati divisi
da Dante in due gruppi. Quelli della virtù contraria al
vizio di cui si sconta la pena in quel particolare
girone, stanno all'inizio dell'episodio a dominare
artisticamente, a fissare il tono poetico di quel canto
e di quell'episodio, e quelli del vizio che, stando a
chiusura, quasi sempre, dell'episodio, sono solitamente
più fuggevoli man mano che si sale, e come sopraffatti
dagli esempi delle virtù immediatamente seguenti.
Tuttavia in questa prima occasione gli esempi della
superbia sono tredici, quasi ad indicare quanto ancora
gravi su Dante il peso del peccato del quale egli si
dichiara particolarmente colpevole.
A Ioro volta ciascun gruppo di esempi si distribuisce
con identica scelta, cioè viene indicato un personaggio
della Bibbia, uno della classicità, uno dei tempi
moderni, poiché Dante intende ricapitolare tutta quanta
la storia dell'umanità, di quella che ha atteso il
Cristo e di quella che si è attuata dopo la sua venuta,
perché "ugualmente sacro è il valore delle due civiltà",
in quanto "in Roma e nella civiltà pagana ordinata dalla
Provvidenza a preparare il ritorno della giustizia e
della pace, si adombra il travaglio della umanità che
lungo il corso dei secoli muove alla riconquista della
pienezza delle virtù morali" (Sacchetto). |
34 |
L'angel che
venne in terra col decreto
de la molt' anni lagrimata pace,
ch'aperse il ciel del suo lungo divieto, |
|
34 |
L'arcangelo Gabriele che
scese sulla terra per annunciare la decisione divina
della pace da molti anni chiesta dagli uomini con
infinite lagrime, decisione che aperse il cielo
(all'umanità) dopo un così lungo divieto (da quando
Adamo ed Eva erano stati cacciati dal paradiso
terrestre), |
37 |
dinanzi a
noi pareva sì verace
quivi intagliato in un atto soave,
che non sembiava imagine che tace. |
|
37 |
dinanzi a noi pareva
così vero, intagliato in atto soave, che non sembrava
immagine muta. |
40 |
Giurato si
saria ch'el dicesse 'Ave!';
perché iv' era imaginata quella
ch'ad aprir l'alto amor volse la chiave; |
|
40 |
Ma si sarebbe giurato che
egli dicesse: « Ave! », perché lì era pure rappresentata
Maria che aperse agli uomini l'amore divino; |
|
Nel primo esempio di umiltà Dante presenta
l'annunciazione alla Vergine (Luca I, 26-38), e di
argomento mariano saranno sempre i primi esempi di virtù
nei singoli gironi del purgatorio: "la Vergine si trova
al vertice della scala: prima dopo Dio, più in alto di
tutti gli uomini; ed è naturale e ragionevole che,
nell'esemplificare, si segua l'ordine gerarchico:
dall'alto al basso" (Mattalia).
"La figurazione plastica esprime con tanta intensità il
sentimento, da suggerire anche le parole in cui questo
si traduce. Il fenomeno, che Dante sottolinea fin d'ora
servendosi di quelle formule di cui anche altrove si
giova per attestare cose a prima vista incredibili,
cresce da un esempio all'altro, fino al visibile parlare
del terzo, dove addirittura è resa una successione di
sentimenti e di corrispondenti parole, e cioè tutto lo
svolgersi di un dialogo. Si passa così a poco a poco da
un'asserzione metaforica, e come tale verisimile, ad un
fatto propriamente e dichiaratamente miracoloso!” (Sapegno) |
43 |
e avea in
atto impressa esta favella
'Ecce ancilla Deï', propriamente
come figura in cera si suggella. |
|
43 |
e c'erano realmente impresse (o perché
veramente scritte, o perché sembrava, dal movimento
delle labbra, che le stesse pronunciando) queste parole:
«Ecco l'ancella del Signore», proprio come la figura del
suggello si imprime nella cera. |
|
"Il verso come figura in cera si suggella condensa tutta
una serie di usanze artistiche e idee anagogiche del
Medioevo, che sfuggono al lettore moderno. Nel Medioevo
la parola figura, significa anche «detto», «parola»,
«frase»; si usava scrivere le lettere della cartella a
destra in senso inverso, da leggere da destra a
sinistra, cioè quasi sigillate in cera o viste in uno
specchio, mentre la cartella di sinistra era normale. Ma
se il contemplante leggeva tutte due le cartelle da
destra a sinistra, veniva a leggere Eva invece di Ave; e
questo significava... che il peccato di Eva era abolito
per mezzo dell'Ave Maria, cioè dalla nascita del
Redentore, idea che dirige la meditazione dell'umiltà
verso la grande idea centrale dei Cristianesimo. (Gmelin) |
46 |
«Non tener
pur ad un loco la mente»,
disse 'l dolce maestro, che m'avea
da quella parte onde 'l cuore ha la gente. |
|
46 |
«Non guardare e meditare
solo una rappresentazione » disse il dolce maestro, che
mi teneva dalla parte del cuore (cioè alla sinistra). |
49 |
Per ch'i' mi
mossi col viso, e vedea
di retro da Maria, da quella costa
onde m'era colui che mi movea, |
|
49 |
Perciò io mossi gli occhi,
e dietro a Maria vidi, dalla parte in cui si trovava
Virgilio, colui che mi guidava, |
52 |
un'altra
storia ne la roccia imposta;
per ch'io varcai Virgilio, e fe'mi presso,
acciò che fosse a li occhi miei disposta. |
|
52 |
un'altra storia intagliata
nella roccia; per cui io passai oltre Virgilio, e mi
avvicinai, affinché quella raffigurazione fosse tutta
spiegata davanti ai miei occhi. |
55 |
Era
intagliato lì nel marmo stesso
lo carro e ' buoi, traendo l'arca santa,
per che si teme officio non commesso. |
|
55 |
Lì, sempre nel marmo, era
intagliato il carro con i buoi, che tiravano l'arca
santa, quell'arca per cui si teme di fare qualcosa che
non ci sia stata ordinata. |
|
Durante il trasporto dell'arca, ordinato da Davide, da
Baala a Get, avvenne che Oza, uno dei conducenti,
vedendo l'arca sul punto di cadere, stese la mano per
sorreggerla, e fu fulminato per avere compiuto un gesto
permesso solo ai sacerdoti (11 Samuele VI, 1-7). |
58 |
Dinanzi
parea gente; e tutta quanta,
partita in sette cori, a' due mie' sensi
faceva dir l'un 'No', l'altro 'Sì, canta'. |
|
58 |
Davanti all'arca appariva
della gente; e tutta quanta, divisa in sette schiere,
(cantando) faceva dire ai miei due sensi (udito e
vista), all'uno «No» (se si affidava al senso
dell'udito), all'altro «Si, canta» (se si affidava a
quello della vista). |
61 |
Similemente
al fummo de li 'ncensi
che v'era imaginato, li occhi e 'l naso
e al sì e al no discordi fensi. |
|
61 |
Allo stesso modo gli occhi
ed il naso si fecero discordi nel rispondere l'uno di si
(gli occhi) e l'altro di no (il naso) rispetto al fumo
dell'incenso che vi era rappresentato. |
64 |
Lì precedeva
al benedetto vaso,
trescando alzato, l'umile salmista,
e più e men che re era in quel caso. |
|
64 |
Nel bassorilievo Davide,
umile salmista, stava davanti all'arca santa, con la
veste rialzata mentre danzava, e in quel gesto era nello
stesso tempo più e meno di un re. |
|
Davide, compositore dei Salmi, con quell'umile
comportamento intendeva abbassarsi davanti a Dio e
appariva più... che re perché il suo umiliarsi lo
innalzava a Dio più della sua stessa autorità, men che
re essendo i suoi atti sconvenienti alla dignità regale. |
67 |
Di contra,
effigïata ad una vista
d'un gran palazzo, Micòl ammirava
sì come donna dispettosa e trista. |
|
67 |
In faccia a Davide (di contra:
dall'altra parte della scultura), rappresentata ad una
finestra di un gran palazzo, Micol (figlia di Saul e
prima moglie di Davide) guardava stupefatta come fa di
solito una donna sprezzante e insofferente. |
|
Micol, per questo suo atteggiamento di fronte al gesto
di Davide, fu punita con la sterilità. L'esempio di
umiltà diventa anche esempio di superbia punita. Dante
tuttavia unisce due episodi che si succedono in tempi
diversi, poiché il secondo avvenne durante il trasporto
dell'arca da Get a Gerusalemme (II Samuele VI, 12-23). |
70 |
I' mossi i
piè del loco dov' io stava,
per avvisar da presso un'altra istoria,
che di dietro a Micòl mi biancheggiava. |
|
70 |
Io mi mossi dal luogo dove
mi trovavo, per guardare da vicino un'altra storia, che
al di là della figura di Micol mi attraeva con il suo
bianco. |
73 |
Quiv' era
storïata l'alta gloria
del roman principato, il cui valore
mosse Gregorio a la sua gran vittoria; |
|
73 |
Vi era raffigurato il
grande fatto glorioso del principe romano, il quale con
la sua giustizia mosse papa Gregorio Magno alla sua
grande vittoria (sulla morte e sull'inferno); |
|
La leggenda dell'intervento di papa Gregorio Magno in
favore di Traiano compare per la prima volta nel IX
secolo, è ricordata poi da molti scrittori e confluisce
in diverse raccolte medievali di novelle. Nel Novellino
si narra: "Lo 'mperadore Traiano fu molto giustissimo
signore. Andando un giorno con la sua grande cavalleria,
contra suoi nemici, una femina vedova li si fece
dinanzi, e presolo per la staffa e disse: - Messer,
fammi diritto di quelli ch'a torto m'hanno morto il mio
figliuolo! - E lo 'mperadore disse: - Io ti sodisfarò,
quando io tornarò. - Ed ella disse: Se tu non torni? -
Ed elli rispose: Sodisfaratti lo mio successore.
- E se 'l tuo successore mi vien meno, tu mi sei
debitore. E, pogniamo che pure mi sodisfacesse, l'altrui
giustizia non libera la tua colpa. Bene averràe al tuo
successore, s'elli liberrà sé medesimo. - Allora lo 'mperadore
smontò da cavallo e fece giustizia di coloro, ch'aveano
morto il figliuolo di colei. E poi cavalcò e sconfisse i
suoi nemici. E dopo non molto tempo, dopo la sua morte,
venne il beato San Grigoro papa e, trovando la sua
giustizia, andò alla statua sua, e con lagrime l'onorò
di gran lode e fecelo diseppellire. Trovaro che tutto
era tornato alla terra, salvo che l'ossa e la lingua. E
ciò dimostrava, come era suto [stato] giustissimo uomo e
giustamente avea parlato. E Santo Grigoro orò per lui, a
Dio. E dicesi per evidente miracolo, che, per li preghi
di questo santo Papa, l'anima di questo lmperadore fu
liberata dalle pene dell'inferno e andonne in vita
eterna. Ed era stato pagano" (LXIX).
|
76 |
i' dico di
Traiano imperadore;
e una vedovella li era al freno,
di lagrime atteggiata e di dolore. |
|
76 |
parlo dell'imperatore
Traiano; e vicino al freno del suo cavallo era
raffigurata una povera vedova in atteggiamento di pianto
e di dolore, |
79 |
Intorno a
lui parea calcato e pieno
di cavalieri, e l'aguglie ne l'oro
sovr' essi in vista al vento si movieno. |
|
79 |
Lo spazio intorno a
Traiano sembrava affollato e pieno di cavalieri, mentre
le aquile nere in campo d'oro visibilmente si muovevano
al vento sopra la gente accalcata. |
|
In realtà le aquile delle insegne militari romane,
essendo di metallo, non potevano muoversi; Dante ora le
immagina com'erano ai suoi tempi, cioè raffigurate su
bandiere. |
82 |
La miserella
intra tutti costoro
pareva dir: «Segnor, fammi vendetta
di mio figliuol ch'è morto, ond' io m'accoro»; |
|
82 |
La povera donna in mezzo a
tanta e così importante gente sembrava dire: «Signore,
fa giustizia per mio figlio che è stato ucciso, per la
qual cosa sono così addolorata». |
85 |
ed elli a
lei rispondere: «Or aspetta
tanto ch'i' torni»; e quella: «Segnor mio»,
come persona in cui dolor s'affretta, |
|
85 |
E l'imperatore le
rispondeva: «Ora aspetta finché io ritorni». E la donna
aggiungeva, come una persona nella quale il dolore
incalza: «Mio signore, |
88 |
«se tu non
torni?»; ed ei: «Chi fia dov' io,
la ti farà»; ed ella: «L'altrui bene
a te che fia, se 'l tuo metti in oblio?»; |
|
88 |
e se tu non tornassi? » E
l'imperatore: «Chi sarà al mio posto, porterà a termine
la vendetta per te». Ed ella: «Il bene compiuto dagli
altri che vantaggio ti darà', se trascuri di compiere il
tuo dovere?». |
91 |
ond' elli:
«Or ti conforta; ch'ei convene
ch'i' solva il mio dovere anzi ch'i' mova:
giustizia vuole e pietà mi ritene». |
|
91 |
Per cui l'imperatore:
«Confortati dunque; è giusto che io assolva il mio
dovere prima di muovermi alla guerra: la giustizia vuole
(che io mi comporti così ) e la pietà mi trattiene (dal
partire prima di aver fatta giustizia)». |
94 |
Colui che
mai non vide cosa nova
produsse esto visibile parlare,
novello a noi perché qui non si trova. |
|
94 |
Dio per il quale nessuna
cosa, è mai nuova (perché le contempla dall'eternìtà) fu
l'autore di queste sculture che sembrano parlare, con un
procedimento artistico che sembra agli uomini
straordinario perché non si trova nelle opere umane. |
|
"La scultura e la pittura ritraggono il momento, non la
successione degli atti: Dante invece immagina, per virtù
di miracolo, impressa la successione in un solo gruppo
scultorio. Questo terzo esempio è dunque assai più
straordinario degli altri due: e pare che Dante abbia
voluto in certo modo rendere più agevole alla fantasia
dei lettori questo miracolo avvicinando il più possibile
i tempi del dialogo, come a tentar di comprimere in una
sola scena gli atteggiamenti delle battute che
s'incalzano: di qui la frase così pregnante esto
visibile parlare." (Momigliano) |
97 |
Mentr' io mi
dilettava di guardare
l'imagini di tante umilitadi,
e per lo fabbro loro a veder care, |
|
97 |
Mentre io godevo nel guardare le
raffigurazioni di atti di così grande umiltà, che mi
riuscivano care a vedersi perché erano opera diretta di
Dio, |
|
L'arte, secondo il concetto platonico, che però il
Medioevo ha ricevuto nella rielaborazione alla quale
Aristotile lo ha sottoposto, è imitazione, per quanto
imperfetta, della natura, che a sua volta è copia
imperfetta di Dio, mentre questi bassorilievi sono
prodotti direttamente da Dio e quindi partecipano della
perfezione dell'idea divina. Dante ha certamente
presente, nell'immaginare queste sculture, l'arte del
suo tempo: sulle facciate delle chiese, sui balaustri
delle reggie sacre, le figure bibliche e cristiane,
uscite dai cicli dell'epopea religiosa, narravano i
propri dolori e le gioie alle pene e alle speranze del
popolo, in composizioni ingenue, con forme senza ritmo
di proporzioni, ma vive alla fantasia, ma benefiche al
sentimento. Sugli architravi e sugli stipiti nelle porte
delle cattedrali.. le rozze sculture, raffiguranti le
opere e i giorni, insegnavano alle turbe dei villani i
lavori campestri di ciascun mese per le diverse stagioni
... Per tal modo l'arte romanica s'era appressata alla
vita, rivolgendo a intendimenti didattici specialmente
le istorie bibliche ed evangeliche, scolpite nei
sarcofaghi dei bassi tempi, incise negli avori,
intassellate nei mosaici, ridenti dalle carte dei libri
liturgici carolingi" (Campanini).
Ma non' si dimentichi anche che Dante era sollecitato
dal rinascere della scultura ai suoi tempi, specialmente.con
Andrea Pisano, e da quello della pittura con Cimabue e
Giotto. |
100 |
«Ecco di
qua, ma fanno i passi radi»,
mormorava il poeta, «molte genti:
questi ne 'nvïeranno a li alti gradi». |
|
100 |
il poeta
mormorava: «Ecco da sinistra, molte anime, che però
procedono lentamente: esse ci indicheranno la strada per
raggiungere gli alti gironi». |
103 |
Li occhi
miei, ch'a mirare eran contenti
per veder novitadi ond' e' son vaghi,
volgendosi ver' lui non furon lenti. |
|
103 |
I miei occhi che erano
appagati nell'ammirare le sculture, s'affrettarono a
volgersi verso Virgilio, per poter vedere ciò che di
nuovo si presentava, di cui sono sempre desiderosi. |
106 |
Non vo'
però, lettor, che tu ti smaghi
di buon proponimento per udire
come Dio vuol che 'l debito si paghi. |
|
106 |
Non voglio però, lettore,
che tu ti distolga da ogni tuo buon proponimento
nell'udire come Dio ha voluto che si paghi il debito
(contratto col peccato). |
109 |
Non attender
la forma del martìre:
pensa la succession; pensa ch'al peggio
oltre la gran sentenza non può ire. |
|
109 |
Tu non devi badare alla
qualità della pena: devi invece pensare a ciò che
seguirà (la succession: cioè la beatitudine dopo questo
periodo di punizione); devi pensare che nella peggiore
delle ipotesi, tale pena non può protrarsi oltre il
giudizio universale. |
|
In seguito al giudizio particolare, pronunciato dopo la
morte, l'anima, se non viene condannata per sempre
all'inferno o se non è ritenuta subito degna del
paradiso, deve subire le pene del purgatorio, il quale
però terminerà il giorno del Giudizio Universale; perciò
a queste punizioni il penitente, nella peggiore delle
ipotesi, dovrà soggiacere fino a quel momento. |
112 |
Io
cominciai: «Maestro, quel ch'io veggio
muovere a noi, non mi sembian persone,
e non so che, sì nel veder vaneggio». |
|
112 |
Io cominciai a dire:
«Maestro, quelli che io vedo muoversi verso di noi, non
mi sembrano persone, e non so che cosa siano, tanto
confusa è l'impressione che riceve la mia vista». |
115 |
Ed elli a
me: «La grave condizione
di lor tormento a terra li rannicchia,
sì che ' miei occhi pria n'ebber tencione. |
|
115 |
E Virgilio mi rispose: «La
grave condizione della loro pena li piega a terra come
fossero rannicchiati, così che anche i miei occhi in un
primo momento diedero luogo ad un contrastante giudizio
(tencione: se cioè si trattasse veramente di uomini o
no). |
118 |
Ma guarda
fiso là, e disviticchia
col viso quel che vien sotto a quei sassi:
già scorger puoi come ciascun si picchia». |
|
118 |
Ma guarda fissamente verso
quel punto, e con la vista sforzati di distinguere ciò
che cammina a fatica sotto quei massi: già puoi scorgere
che ciascuno di loro (con le ginocchia) si percuote il
petto. |
121 |
O superbi
cristian, miseri lassi,
che, de la vista de la mente infermi,
fidanza avete ne' retrosi passi, |
|
121 |
O superbi cristiani,
poveri infelici, che, privi della capacità di ben
discernere, avete fiducia solo nei vostri passi che
(invece di farvì avanzare) vi portano indietro, |
124 |
non
v'accorgete voi che noi siam vermi
nati a formar l'angelica farfalla,
che vola a la giustizia sanza schermi? |
|
124 |
non v'accorgete che noi
uomini siamo come bruchi destinati a mutare!
nell'angelica creatura (angelica farfalla: cioè l'anima,
che partecipa della natura spirituale degli angeli), che
deve volare fino alla giustizia divina senza alcuna
possibilità di riparo (sanza schermi: senza il sostegno
di nessun bene umano)? |
127 |
Di che
l'animo vostro in alto galla,
poi siete quasi antomata in difetto,
sì come vermo in cui formazion falla? |
|
127 |
Di che s'insuperbisce il
vostro animo, dal momento che siete come insetti ancora
imperfetti, così come bruchi in cui manchi la completa
formazione? |
130 |
Come per
sostentar solaio o tetto,
per mensola talvolta una figura
si vede giugner le ginocchia al petto, |
|
130 |
Come talvolta si vede, a
sostegno del soffitto o del tetto, una figura che ad uso
di mensola congiunge le ginocchia al petto (piegata
sotto quel grave carico), |
133 |
la qual fa
del non ver vera rancura
nascere 'n chi la vede; così fatti
vid' io color, quando puosi ben cura. |
|
133 |
la quale fa nascere in chi
la vede un vero dolore per un fatto in sé non vero (del
non ver, in quanto è solo rappresentato); così io,
quando guardai meglio vidi quei penitenti così piegati. |
136 |
Vero è che
più e meno eran contratti
secondo ch'avien più e meno a dosso;
e qual più pazïenza avea ne li atti, |
|
136 |
Tuttavia essi erano più o
meno piegati a seconda che avessero un peso più o meno
grave addosso; e colui che nell'atteggiamento pareva più
rassegnato, |
139 |
piangendo
parea dicer: 'Più non posso'. |
|
139 |
sembrava dire tra le
lagrime: "Non ne posso più". |