1 |
O insensata
cura de' mortali,
quanto son difettivi silogismi
quei che ti fanno in basso batter l'ali! |
|
1 |
O stolta preoccupazione dei mortali, quanto sono erronei
quei ragionamenti che vi fanno volgere alle cose
terrene! |
4 |
Chi dietro a
iura e chi ad amforismi
sen giva, e chi seguendo sacerdozio,
e chi regnar per forza o per sofismi, |
|
4 |
Chi se ne andava dietro
alla giurisprudenza, e chi dietro alla medicina, e chi
inseguiva i benefici ecclesiastici, e chi cercava di
dominare con la violenza o con la frode |
7 |
e chi rubare
e chi civil negozio,
chi nel diletto de la carne involto
s'affaticava e chi si dava a l'ozio, |
|
7 |
e chi era occupato a
rubare, e chi in attività pubbliche; chi si affaticava
immerso nei piaceri della carne, e chi invece si
abbandonava all’ozio, |
|
La contrapposizione fra l'uomo "carnale", che si occupa
del mondo e segue il suo piacere, e l'uomo "spirituale",
che contempla le cose eterne, è un luogo comune della
letteratura ascetica; e fra i testi in volgare ce n'è
uno di intonazione volutamente popolaresca che può
aiutare a comprendere la risonanza del tema, ovunque
diffuso: il Ritmo Cassinese. Tuttavia nei versi di Dante
la superba accentuazione ritmica, l'investitura assorta
nella corte del cielo, il moto saliente e tuttavia
estatico, dicono un nuovo processo di individuazione.
Con un tratto sdegnoso il Poeta coinvolge in un solo
atto di rifiuto le occupazioni mondane, dalle più degne
seguendo sacerdozio , ( ma sarà da pensare al fatto
storico del potere civile che la Chiesa si trovò sulle
braccia alla dissoluzione dell'impero carolingio: la
spirital corte, la curia dei vescovi, esercitò, specie
in Italia, il potere politico) alle meno plausibili , e
chi rubare -. Ma l'accento poetico rivelatore del nesso
logico cade su quell'avverbio, - gloriosamente - che
dice il moto lento ed invincibile dell'assunzione
gloriosa di Dante e Beatrice nei cieli dei beati. |
10 |
quando, da
tutte queste cose sciolto,
con Bëatrice m'era suso in cielo
cotanto glorïosamente accolto. |
|
10 |
mentre io, libero da tutte queste vane
sollecitudini, lassù in cielo in compagnia di Beatrice
ero accolto con tanta festa. |
13 |
Poi che
ciascuno fu tornato ne lo
punto del cerchio in che avanti s'era,
fermossi, come a candellier candelo. |
|
13 |
Dopo che ognuno (dei dodici spiriti) fu tornato
(danzando) nel punto del cerchio in cui si trovava
prima, si fermò immobile, come (è immobile) una candela
sul candeliere. |
16 |
E io senti'
dentro a quella lumera
che pria m'avea parlato, sorridendo
incominciar, faccendosi più mera: |
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16 |
E dentro quella luce (San
Tommaso) che prima mi aveva parlato, mentre sorrideva
facendosi più splendente, io udii incominciare: |
19 |
«Così com'
io del suo raggio resplendo,
sì, riguardando ne la luce etterna,
li tuoi pensieri onde cagioni apprendo. |
|
19 |
“Come io
risplendo del raggio divino, così, lo sguardo nella luce
eterna di Dio, conosco da dove abbiano origine le tue
incertezze. |
22 |
Tu dubbi, e
hai voler che si ricerna
in sì aperta e 'n sì distesa lingua
lo dicer mio, ch'al tuo sentir si sterna, |
|
22 |
Tu dubiti, e desideri che il mio discorso si chiarisca
con una esposizione così evidente e ampia, che si
distenda davanti alla tua capacità di intendere, |
25 |
ove dinanzi
dissi: "U' ben s'impingua",
e là u' dissi: "Non nacque il secondo";
e qui è uopo che ben si distingua. |
|
25 |
riguardo al punto in cui prima dissi “U’ ben
s’impingua”, e all’altro in cui dissi “Non surse il
secondo”; e a proposito di questi dubbi è necessario
procedere con opportune distinzioni. |
|
San Tommaso, nel canto precedente, ha presentato la
rassegna degli spiriti sapienti e fra le sue prime
parole e quelle che ora seguono c'è stato il doppio
intermezzo del mattutino conventuale e del rifiuto della
mondanità: nella verticalità raggiante del suo lume egli
adesso, alla ripresa, sorride (che è tratto lieve ed
allegro, per tanto filosofo); né ha più bisogno di
sillogizzare ancora o di dedurre e indurre,
investigando, ma splende della luce di Dio e in Dio, che
sa tutto, apprende. I due dubbi, qui ripresi dal
discorso precedente e ancora una volta sospesi,
concernono la decadenza degli istituti monastici e la
sapienza di Salomone, e proprio la spiegazione sospesa e
protratta li innalza e li ingrandisce. |
28 |
La
provedenza, che governa il mondo
con quel consiglio nel quale ogne aspetto
creato è vinto pria che vada al fondo, |
|
28 |
La provvidenza, che
governa il mondo con sapienza così profonda che davanti
ad essa ogni intelligenza creata è vinta prima di
riuscire a penetrarla fino in fondo. |
31 |
però che
andasse ver' lo suo diletto
la sposa di colui ch'ad alte grida
disposò lei col sangue benedetto, |
|
31 |
affinché la Chiesa, la
sposa di Cristo, che con alte grida si unì a lei nel suo
sangue benedetto (versato sulla croce), procedesse verso
il suo diletto, |
|
I versi 32-33 riecheggiano espressioni evangeliche: poco
prima di morire Gesù "gridando a gran voce, disse: "
Padre... " (Luca XXIII 46; cfr. anche Matteo XXVII, 50;
Marco XV, 37). |
34 |
in sé sicura
e anche a lui più fida,
due principi ordinò in suo favore,
che quinci e quindi le fosser per guida. |
|
34 |
più sicura in se stessa e anche più
fedele a Lui, decretò in suo aiuto (ordinò in suo
favore) due capi, che le fossero di guida da una parte
con la carità e dall’altra con la sapienza. |
|
Due principi ordinò:
San Francesco e San Domenico, fondatori dei due grandi
ordini religiosi del secolo XII, quello dei francescani
e quello dei domenicani. Il primo si propose di
diffondere la fedeltà ai precetti di Cristo (povertà,
carità, castità, umiltà), l'altro di lottare contro gli
eretici, affinché la Chiesa fosse più fida nella sua
obbedienza a Cristo e più sicura di fronte alle eresie.
E cosi sintetizzato in questa terzina il compito
riformatore per il quale nacquero i due ordini
religiosi: riportare alla purezza di vita e di pensiero
la corrotta società cristiana del tempo e rigenerare i
costumi ecclesiastici. |
37 |
L'un fu
tutto serafico in ardore;
l'altro per sapïenza in terra fue
di cherubica luce uno splendore. |
|
37 |
Uno fu tutto ardente di carità come un
Serafino; l’altro per la sua sapienza fu in terra una
luce degna della scienza propria dei Cherubini. |
|
San Francesco arse di carità come i Serafini, il cui
nome significa "ardenti di carità ", e San Domenico fu
dotato di pienezza di scienza come i Cherubini, che
nella gerarchia angelica rappresentano la sapienza (cfr.
San Tommaso - Summa Theologica I, LXIII, 7). |
40 |
De l'un
dirò, però che d'amendue
si dice l'un pregiando, qual ch'om prende,
perch' ad un fine fur l'opere sue. |
|
40 |
Parlerò di uno di costoro, perché
lodando uno si celebrano entrambi, qualunque dei due si
scelga, perché le loro opere mirarono allo stesso fine. |
|
Il domenicano San Tommaso celebra l'elogio di San
Francesco, mentre nel canto seguente il francescano San
Bonaventura loderà San Domenico. Dante si ispira
all'uso, molto antico, secondo il quale, nelle feste dei
due santi fondatori, nelle chiese francescane un
domenicano pronunciava il panegirico di San Francesco e
nelle chiese domenicane un francescano esaltava San
Domenico. Tuttavia l'intento del Poeta e quello di
proporre un esempio di concordia ai due ordini religiosi
che sulla terra, in quel tempo, apparivano divisi da
profondi dissensi e rivalità sia in campo pratico che in
campo dottrinale. Via via il tono del discorso di San
Tommaso si innalza, pur sempre serbando quell'ardente
fissità suggerita dall'immagine iniziale: fermossi, come
a candellier candela. Dante, misurando con un solo
sguardo l'alto e il profondo, dal segreto dei disegni
provvidenziali, tale che nessuna vista può penetrarne
tutto il mistero, e da una confessione d'impotenza
prende le mosse per avviarsi agilmente a dir gioia e
lutti, allegrezza e sangue delle nozze di Cristo e della
Sposa. Il Duecento è tutto pervaso ed esaltato
dall'opera complessa degli ordini mendicanti, in ogni
campo della vita della cristianità occidentale: slancio
caritativo del francescanesimo, che rompe i vincoli
della chiusa società feudale, riconcilia le creature nel
segno della paternità comune di Dio, ritrova benigna la
natura, da tanto tempo considerata maligna, avversa e
diabolica nella concezione manichea: e sapienza
dell'ordine domenicano, che promuove la nuova
organizzazione scientifica, sincretizzando il sapere
antico con la Rivelazione cristiana. Lo sfondo storico
dei due canti agiografici è anche più ampio che lo
sfondo paesistico del ritratto di Francesco e di quello
di Domenico, ma sottinteso e come velato da
quell'immagine della Provvidenza profonda. |
43 |
Intra Tupino
e l'acqua che discende
del colle eletto dal beato Ubaldo,
fertile costa d'alto monte pende, |
|
43 |
Tra il fiume Topino e il
fiume Chiascio, l’acqua che scende dal monte scelto dal
beato Ubaldo come eremitaggio, digrada la fertile costa
dell’alto massiccio del Subasio,
|
46 |
onde Perugia
sente freddo e caldo
da Porta Sole; e di rietro le piange
per grave giogo Nocera con Gualdo. |
|
46 |
dal quale Perugia riceve
verso Porta Sole i venti freddi d’inverno e caldi
d’estate; e sul versante opposto del Subasio piange
sotto il pesante giogo Nocera con Gualdo Tadino. |
|
Prima di presentare la figura di San Francesco il Poeta
presenta il luogo in cui egli nacque, l'ambiente in cui
incominciò a svolgere la sua missione. Fra le valli del
Topino e del Chiascio si eleva un massiccio montuoso (la
cui cima più alta è il Subasio su cui sorge Assisi) che
a nord-ovest digrada verso Spoleto e Perugia con un
fertile pendio. Le acque del Chiascio scendono dal Colle
di Gubbio, non lontano dal monte Ingino sul quale il
beato Ubaldo Baldassini, vescovo di Gubbio dal 1129 al
1160, aveva condotto vita eremitica. Perugia, che sorge
davanti al Subasio, riceve dall'alto monte, nella parte
orientale, dove si trova la Porta Sole ( oggi distrutta
), le correnti fredde o calde a seconda delle stagioni.
Dietro al Subasio, e quindi opposte ad Assisi, si
trovano Nocera e Gualdo Tadino sotto grave giogo, perché
non solo il massiccio montuoso non le protegge dai
venti, ma toglie loro anche le poche ore di sole di cui
potrebbero godere. Altri interpreti, basandosi su
Benvenuto da Imola, propongono una diversa spiegazione:
le due città piangono sotto il grave giogo dei Perugini,
che le dominarono tra la fine del XIII e l'inizio del
XIV secolo. Secondo altri, l'oppressione sarebbe quella
esercitata dal governo di Roberto d'Angiò. |
49 |
Di questa
costa, là dov' ella frange
più sua rattezza, nacque al mondo un sole,
come fa questo talvolta di Gange. |
|
49 |
Sulla costa occidentale (del Subasio),
là dove essa diventa meno ripida, nacque al mondo un
sole, come talvolta questo sole (in cui ora ci troviamo)
nasce dal Gange. |
|
La luce spirituale di San Francesco ha lo stesso fulgore
di quella del sole quando, nell'equinozio di primavera,
esso sorge, rispetto al meridiano di Gerusalemme, nel
suo punto più orientale (di Gange). |
52 |
Però chi
d'esso loco fa parole,
non dica Ascesi, ché direbbe corto,
ma Orïente, se proprio dir vuole. |
|
52 |
Perciò chi parla di quel luogo, non
dica Assisi, perché direbbe troppo poco, ma dica
Oriente, se vuol parlare con proprietà (proprio). |
|
Continua in questa terzina la rispondenza fra il sole
vero e il sole figurato. Poiché nell'antico nome di
Assisi - Ascesi - Dante vede il significato di "
ascendere ", osserva che con la nascita di Francesco ad
Assisi non solo ascende, ma addirittura nasce il nuovo
sole, per cui essa meriterebbe il nome di Oriente. La
legenda francescana, in cui Dante si inserisce con
strapotente forza, ha tale importanza nella storia delle
lettere e delle arti, specie d'Italia, che non potremo
trascurare del tutto una inquadratura storica. Mentre,
essendo ancora vivo Francesco, si accese il dibattito
fra i seguaci più severi del Santo, più attenti
all'opera invincibilmente ardita dello spirito, e quelli
più intenti ad un compromesso che consentisse alla
società ed alla storia di far propria in misura maggiore
la sua eredità, nel campo artistico si formò una
tradizione che vide da una parte i moduli agiografici
del pietismo spirituale (con la Legenda trium sociorum e
i Fioretti) e dall'altra le impegnate creazioni di
Cimabue e Giotto. Dante si dispone in questa tradizione
artistica, ma diventa "autore di un ritratto, e quasi
capostipite di una iconografia, che accentua i dati
dell'ardore, dell'estasi, del rapimento" (Apollonio),
accogliendo, inoltre, con un tratto più giulivo
l'ispirazione naturalistica. Così il proemio paesistico,
svolto sul tema del sole e largamente antifonato
dall'allegoria dell'oriente, si appoggia a dati concreti
variamente contrapposti: i fiumi e le terre, e il freddo
e il caldo a Perugia da Porta Sole, e l'ombra del
massiccio montagnoso su Nocera e su Gualdo di contro al
versante aprico. |
55 |
Non era
ancor molto lontan da l'orto,
ch'el cominciò a far sentir la terra
de la sua gran virtute alcun conforto; |
|
55 |
Questo sole non era ancora
molto lontano dal momento della sua comparsa, quando
cominciò a far si che la terra sentisse qualche
beneficio della sua potenza vivificatrice, |
58 |
ché per tal
donna, giovinetto, in guerra
del padre corse, a cui, come a la morte,
la porta del piacer nessun diserra; |
|
58 |
perché, ancora giovane,
affrontò una lotta col padre per amore di una donna
tale, la Povertà, alla quale, come alla morte, nessuno
fa grata accoglienza; |
61 |
e dinanzi a
la sua spirital corte
et coram patre le si fece unito;
poscia di dì in dì l'amò più forte. |
|
61 |
e davanti alla curia
vescovile della sua città e alla presenza del padre si
unì a lei come sposo; in seguito l’amò di giorno in
giorno sempre più intensamente. |
|
A partire dal verso 55 Dante incomincia a narrare le
tappe principali della vita di San Francesco, prendendo
come sue fonti la vita del Santo scritta da Tommaso da
Celano e quella scritta da San Bonaventura. Francesco,
figlio del mercante Pietro Bernardone, abbandonò le cose
del mondo e iniziò la sua vita di ascesi nel 1206,
all'età di ventiquattro anni. Fondamento della sua nuova
vita e della sua dottrina fu l'amore per la povertà. Per
essa dovette lottare contro la fiera opposizione del
padre, che giunse a citarlo davanti alla curia vescovile
di Assisi nel 1207. In quell'occasione Francesco non
solo rinunciò a tutti i suoi beni, ma in presenza del
vescovo e del popolo restituì al padre anche gli abiti
che indossava. "Il tema delle mistiche nozze, largamente
svolto nella letteratura francescana del Duecento...
costituisce il fulcro intorno a cui si compone, secondo
la tecnica oratoria, tutto il panegirico dantesco." (Sapegno) |
64 |
Questa,
privata del primo marito,
millecent' anni e più dispetta e scura
fino a costui si stette sanza invito; |
|
64 |
Questa donna (la Povertà),
rimasta vedova del suo primo sposo, Cristo, era stata
per oltre mille e cento anni disprezzata e dimenticata,
senza che alcuno la ricercasse, fino alla nascita di
costui; |
67 |
né valse
udir che la trovò sicura
con Amiclate, al suon de la sua voce,
colui ch'a tutto 'l mondo fé paura; |
|
67 |
né valse (a farla amare)
l’udire che Cesare, colui che sgomentò tutto il mondo,
la trovò tranquilla e serena, al suono della sua voce,
accanto ad Amiclate; |
|
Lucano, nella Parsaolia (V, 515,531), narra che Amiclate,
pescatore dell'Illiria, forte della sua povertà, teneva
sempre aperta la porta della sua capanna, mentre in quei
luoghi combattevano duramente le truppe pompeiane e
cesariane. Non si sgomento neppure quando lo stesso
Cesare entrò nella sua dimora. |
70 |
né valse
esser costante né feroce,
sì che, dove Maria rimase giuso,
ella con Cristo pianse in su la croce. |
|
70 |
né le valse l’essersi
dimostrata fedele ed eroica al punto da patire con
Cristo sulla croce, laddove (anche) Maria rimase ai
piedi di essa. |
73 |
Ma perch' io
non proceda troppo chiuso,
Francesco e Povertà per questi amanti
prendi oramai nel mio parlar diffuso. |
|
73 |
Ma perché io non continui
a parlare in modo troppo oscuro, nel mio lungo discorso
intendi ormai per questi due amanti Francesco e la
Povertà. |
76 |
La lor
concordia e i lor lieti sembianti,
amore e maraviglia e dolce sguardo
facieno esser cagion di pensier santi; |
|
76 |
La loro concordia e la
letizia dei loro aspetti facevano si che l’amore e
l’ammirazione e la dolce contemplazione che ne
derivavano fossero motivo di santi pensieri (in chi li
vedeva); |
79 |
tanto che 'l
venerabile Bernardo
si scalzò prima, e dietro a tanta pace
corse e, correndo, li parve esser tardo. |
|
79 |
tanto che il beato
Bernardo si scalzò per primo, e corse dietro a questa
grande pace spirituale e, pur correndo, gli sembrò di
andare troppo lento. |
|
Bernardo da Quintavalle, un ricco e nobile signore di
Assisi, fu il primo seguace di Francesco. Lo seguirono
subito dopo Egidio e Silvestro, entrambi assisiati (cfr.
verso 83). |
82 |
Oh ignota
ricchezza! oh ben ferace!
Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro
dietro a lo sposo, sì la sposa piace. |
|
82 |
O ricchezza ignorata! o
bene fecondo di tanti frutti! La sposa piace tanto, che
seguendo lo sposo si scalza Egidio, si scalza Silvestro. |
85 |
Indi sen va
quel padre e quel maestro
con la sua donna e con quella famiglia
che già legava l'umile capestro. |
|
85 |
Poi quel padre e quel
maestro se ne va (a Roma) con la sua sposa e con quel
gruppo di discepoli che già cingevano (intorno ai
fianchi) l’umile cordone. |
|
Dante, poeta d'amore e poeta cristiano, racconta qui la
sua più bella storia d'amore; e non si obietti che la
Povertà è un'allegoria, e che di allegoria non si fa
poesia, perché la figura di madonna Povertà ha quella
vaghezza di contrappunto ( dalla sua immagine solitaria
davanti alla porta che nessun diserra, all'unione
amorosa e all'estatico abbandono con Francesco, dalla
presenza continua a fianco dello sposo alla sua ultima
apparizione in punto di morte) che Dante aveva appreso
dalla poesia provenzale.
La guerra che Francesco sostiene contro il padre è un
dato storico, e un dato storico è il conforto della
virtù che largisce alla sua terra: si opera così un
passaggio dal tema del sole a quello delle gesta
eroiche, dall'orto al corse, che è gesto anche di torneo
cavalleresco; ma c'è pure un sentimento tutto dantesco,
di uomo vivo, quando parla insieme del ribrezzo della
povertà e della morte.
Anche il lungo intermezzo della storia antica e della
storia sacra (la Povertà sicura in mezzo alle guerre e
al cospetto imperiale, la Povertà che, morto Cristo,
rimane per millecent'anni e più dispersa e scura) rende
più ricco e ammirabile il quadro nuziale, come un fondo
d'oro e d'azzurro, mentre la storia d'amore si svolge
con il dinamismo proprio dell'affresco, dove le singole
scene si susseguono senza interruzione, le une alle
altre.
Cosi si passa dall'estasi innamorata degli amanti alle
conversioni dei seguaci, colti nel gesto di scalzarsi e
di correre a piedi nudi, alla processione dimessa della
gente poverella, legata dall'umile capestro, dietro gli
amanti. |
88 |
Né li gravò
viltà di cuor le ciglia
per esser fi' di Pietro Bernardone,
né per parer dispetto a maraviglia; |
|
88 |
Né viltà d’animo gli fece
abbassare gli occhi per il fatto di essere figlio del
mercante Pietro Bernardone, o per il fatto di avere un
aspetto tanto spregevole da suscitare stupore, |
91 |
ma
regalmente sua dura intenzione
ad Innocenzio aperse, e da lui ebbe
primo sigillo a sua religïone. |
|
91 |
ma con regale dignità
manifestò al papa Innocenzo III il suo proposito di una
vita austera, e da lui ebbe il primo riconoscimento del
nuovo ordine. |
|
Recatosi a Roma ( verso 85 ) con undici discepoli alla
fine del 1209 o all'inizio del 1210, Francesco ottenne
dal pontefice Innocenzo III il primo riconoscimento
della sua regola (giugno 1210), anche se si trattò di
un'approvazione soltanto verbale. Il solenne
riconoscimento del nuovo ordine avvenne sotto il
pontefice Onorio III con una bolla papale nel novembre
del 1223 (versi 97-99). |
94 |
Poi che la
gente poverella crebbe
dietro a costui, la cui mirabil vita
meglio in gloria del ciel si canterebbe, |
|
94 |
Dopo che i seguaci della
povertà si moltiplicarono dietro le orme di costui, la
cui vita mirabile si canterebbe meglio (che altrove)
nella gloria del cielo, |
97 |
di seconda
corona redimita
fu per Onorio da l'Etterno Spiro
la santa voglia d'esto archimandrita. |
|
97 |
la
santa volontà di questo pastore fu coronata con una
seconda approvazione dallo Spirito Santo per mezzo di
papa Onorio III. |
100 |
E poi che,
per la sete del martiro,
ne la presenza del Soldan superba
predicò Cristo e li altri che 'l seguiro, |
|
100 |
E dopo che,
spinto dalla sete del martirio, ebbe predicato la
dottrina di Cristo e degli apostoli alla presenza del
sultano nel fasto della sua corte, |
|
Dante ricorda il viaggio in Oriente compiuto da
Francesco con dodici suoi frati nel 1219. Egli tentò di
convertire il sultano d'Egitto Malek-al-Kamil, il quale,
pur non accettando la fede cristiana, ascoltò la
predicazione di Francesco e lo trattò benevolmente. |
103 |
e per
trovare a conversione acerba
troppo la gente e per non stare indarno,
redissi al frutto de l'italica erba, |
|
103 |
e avendo trovato il popolo
musulmano troppo restio ad ogni tentativo di
conversione, per non restare (in terra infedele) senza
frutto, |
106 |
nel crudo
sasso intra Tevero e Arno
da Cristo prese l'ultimo sigillo,
che le sue membra due anni portarno. |
|
106 |
se ne tornò a far
fruttificare il seme sparso in Italia, sulla cima
rocciosa (della Verna) tra le valli del Tevere e
dell’Arno ricevette da Cristo l’ultima approvazione con
le sacre stimmate, che le sue membra portarono impresse
per due anni. |
|
Nel 1224 Francesco, mentre si trovava sulla Verna per un
periodo di Solitudine e di penitenza, ricevette
direttamente da Cristo l'ultimo riconoscimento, il più
grande, della sua missione: le stimmate, che egli portò
per due anni, fino alla morte. |
109 |
Quando a
colui ch'a tanto ben sortillo
piacque di trarlo suso a la mercede
ch'el meritò nel suo farsi pusillo, |
|
109 |
Quando a Dio che lo aveva
destinato ad operare tanto bene, piacque di portarlo in
cielo al premio che egli aveva meritato facendosi umile, |
112 |
a' frati
suoi, sì com' a giuste rede,
raccomandò la donna sua più cara,
e comandò che l'amassero a fede; |
|
112 |
ai suoi frati, come a
legittimi eredi, raccomando la donna sua più cara (la
Povertà), e comandò loro che l’amassero con vera fede; |
115 |
e del suo
grembo l'anima preclara
mover si volle, tornando al suo regno,
e al suo corpo non volle altra bara. |
|
115 |
e dal grembo della Povertà
la sua nobile anima volle partire, per tornare al cielo
che era il suo regno, e per il suo corpo non volle altra
bara. |
|
Sentendosi prossimo alla morte, Francesco si fece
portare alla Porziuncola, nella chiesa di Santa Maria
degli Angeli, chiedendo di morire nudo sulla nuda terra.
Le storie si compongono dentro spaziati riquadri:
Francesco e papa Innocenzo III, Francesco e papa Onorio
III, l'approvaz1one verbale dell'uno, l'approvazione
solenne dell'altro, ma entrambe suggerite dallo Spirito
Santo, e, in mezzo, la confessione d'impotenza
dell'agiografo nel riconoscere che la vita del Santo non
può esser narrata che come inno di gloria in cielo. E
ancora il terzo riquadro dei potenti - altrettanto
suggestivo nella sua assorta grandezza umana fra i due
moti opposti della sete del martiro (verso 100) e della
solitudine (verso 106) - l'incontro col sultano
d'Egitto. Poi, dal mondo alla solitudine: tornato
dall'Oriente in Italia ( di nuovo uno schizzo panoramico
aduna le linee paesistiche intorno ad un centro di vita
fulgente, nel crudo sasso intra Tevero e Arno) riceve il
suggello ultimo. Dopo il mistero delle stimmate la vita
di Francesco non è che un commiato, in attesa del cenno
che gli verrà da Dio, che l'ha creato al bene e alla
gloria; e il verso, che era stato drammaticamente
robusto nell'esprimere la sua fiera penitenza, ridiventa
andante e lievemente ritmato nello scandire i momenti
della sua morte serena. |
118 |
Pensa oramai
qual fu colui che degno
collega fu a mantener la barca
di Pietro in alto mar per dritto segno; |
|
118 |
Pensa ora (se tale fu San
Francesco) quale dovette essere colui che fu suo degno
compagno nel mantenere la barca di Pietro (la Chiesa)
sulla giusta rotta nel mare tempestoso; |
121 |
e questo fu
il nostro patrïarca;
per che qual segue lui, com' el comanda,
discerner puoi che buone merce carca. |
|
121 |
e questo fu (San Domenico)
il fondatore del nostro ordine; per la qual cosa puoi
comprendere come chi segue lui secondo le prescrizioni
della sua regola, accumula validi meriti per la vita
eterna. |
124 |
Ma 'l suo
pecuglio di nova vivanda
è fatto ghiotto, sì ch'esser non puote
che per diversi salti non si spanda; |
|
124 |
Ma il suo gregge è
diventato ghiotto di altri cibi, cosicché non è
possibile che non si disperda in pascoli fuori della
giusta strada;
|
127 |
e quanto le
sue pecore remote
e vagabunde più da esso vanno,
più tornano a l'ovil di latte vòte. |
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127 |
e guanto più i suoi frati
fanno come le pecore che se ne vanno erranti e lontane
dal pastore, tanto più tornano all’ovile privi del latte
(della dottrina e della virtù). |
130 |
Ben son di
quelle che temono 'l danno
e stringonsi al pastor; ma son sì poche,
che le cappe fornisce poco panno. |
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130 |
Vi son bensì alcuni frati
che temono il danno (dell’inosservanza della regola) e
si stringono intorno al pastore, ma sono tanto pochi,
che basta poco panno per fornire loro le cappe. |
133 |
Or, se le
mie parole non son fioche,
se la tua audïenza è stata attenta,
se ciò ch'è detto a la mente revoche, |
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133 |
Ora se le mie parole non
sono oscure e se tu mi hai ascoltato attentamente, se
richiami alla memoria quello che è stato detto, sarà in
parte appagato il tuo desiderio di chiarimenti, |
136 |
in parte fia
la tua voglia contenta,
perché vedrai la pianta onde si scheggia,
e vedra' il corrègger che argomenta |
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136 |
perché vedrai per quale
causa la pianta dell’ordine domenicano si corrompe, e
vedrai che cosa significa la correzione che ho fatto
all’affermazione |
139 |
"U' ben
s'impingua, se non si vaneggia"». |
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139 |
“U’ ben s’impingua, se non
si vaneggia”. |