1 |
'Al Padre,
al Figlio, a lo Spirito Santo',
cominciò, 'gloria!', tutto 'l paradiso,
sì che m'inebrïava il dolce canto. |
|
1 |
Tutti i beati del paradiso intonarono:
«Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo!», così
dolcemente che la loro melodia mi inebriava. |
|
Terminato, nel canto precedente, il discorso di Adamo,
che ha risposto alle quattro domande formulate da Dante,
tutti i beati intonano l'inno liturgico di lode e di
ringraziamento alla Trinità. Tale canto corale, che per
la prima volta riunisce in una sola le voci di tutto il
paradiso, riecheggia, per la sua grandiosità e
solennità, quello innalzato da tutte le anime del
secondo regno (Purgatorio XX, 136-138). |
4 |
Ciò ch'io
vedeva mi sembiava un riso
de l'universo; per che mia ebbrezza
intrava per l'udire e per lo viso. |
|
4 |
Quello che io vedevo mi
sembrava un sorriso dell'universo, perché l'ebbrezza
entrava nel mio animo attraverso l'udito e lo sguardo. |
7 |
Oh gioia! oh
ineffabile allegrezza!
oh vita intègra d'amore e di pace!
oh sanza brama sicura ricchezza! |
|
7 |
Oh gioia! oh allegrezza
indicibile! oh vita perfetta piena d'amore e di pace! oh
beatitudine sicuramente posseduta senza desideri
insoddisfatti! |
10 |
Dinanzi a li
occhi miei le quattro face
stavano accese, e quella che pria venne
incominciò a farsi più vivace, |
|
10 |
Dinanzi ai miei occhi
fiammeggiavano le quattro luci (Pietro, Giacomo,
Giovanni, Adamo), e quella di San Pietro che si era
avvicinata prima degli altri incominciò a farsi più
splendente, |
13 |
e tal ne la
sembianza sua divenne,
qual diverrebbe Iove, s'elli e Marte
fossero augelli e cambiassersi penne. |
|
13 |
e nel suo aspetto si fece rosseggiante, quale
diventerebbe l'argenteo pianeta Giove, se esso e il
rosso Marte fossero uccelli e si scambiassero le penne. |
|
La precisazione ipotetica del verso 14 è volta non tanto
a indicare il mutamento di colore di San Pietro, quanto
a rilevare il profondo senso di smarrimento che subentra
in Dante di fronte a tale trasformazione, e che, come
termine di confronto, può avere solo lo smarrimento che
proverebbe l'uomo di fronte a una metamorfosi cosmica,
vedendo il bianco pianeta Giove (Paradiso XVIII, 68 e
96) e il rosso pianeta Marte (Paradiso XIV, 86-87)
scambiarsi i colori. Invece la seconda similitudine
ipotetica (fossero augelli ... ), da molti critici
giudicata superflua, accentua - proponendo un confronto
con elementi più vicini all'esperienza quotidiana - il
carattere improvviso e sorprendente della mutata
sembianza di San Pietro, come sarebbe quello di scorgere
un uccello mentre cambia rapidamente e improvvisamente
il colore delle penne. |
16 |
La
provedenza, che quivi comparte
vice e officio, nel beato coro
silenzio posto avea da ogne parte, |
|
16 |
La provvidenza di Dio, che
nel cielo distribuisce l'avvicendarsi delle azioni e il
compito proprio a ciascuno, aveva imposto il silenzio al
coro dei diversi gruppi di beati, |
19 |
quand' ïo
udi': «Se io mi trascoloro,
non ti maravigliar, ché, dicend' io,
vedrai trascolorar tutti costoro. |
|
19 |
quando udii
dire (da San Pietro): «Non stupirti, se io muto colore,
perché, mentre io parlo vedrai diventare, rossi di
sdegno tutti costoro. |
22 |
Quelli
ch'usurpa in terra il luogo mio,
il luogo mio, il luogo mio che vaca
ne la presenza del Figliuol di Dio, |
|
22 |
Bonifacio VIII, colui che in terra occupa indegnamente
la mia sede, che è come fosse vacante agli occhi del
Figlio di Dio, |
25 |
fatt' ha del
cimitero mio cloaca
del sangue e de la puzza; onde 'l perverso
che cadde di qua sù, là giù si placa». |
|
25 |
di Roma, il luogo della mia sepoltura ha fatto la fogna
dove scorre il sangue delle discordie civili e donde
sale il puzzo dei vizi; per cui Lucifero , si rallegra
laggiù nell'inferno». |
|
La prima accusa di San Pietro è rivolta contro Bonifacio
VIII, che sedeva sulla cattedra di Pietro nel 1300, anno
del viaggio di Dante nell'oltretomba. A proposito dei
versi 22-24, che hanno provocato molteplici discussioni
fra i critici per il valore da attribuire a usurpa e
vaca, il Sapegno spiega molto lucidamente: "l'accusa che
qui Dante porta contro Bonifacio VIII non sarebbe
propriamente di illegittimità canonica, bensì di
indegnità morale. Senonché la frase di cui il Poeta si
serve nel verso 24 non... sembra che abbia l'ufficio di
stabilire una siffatta distinzione formale, sì soltanto
di sottolineare l'antitesi fra il giudizio umano, che si
fonda sull'apparenza, e quello divino, che risale alla
sostanza reale delle cose; e usurpa esprime una condanna
totale, in cui si ribadisce la fiera protesta di Dante
contro il pontefice, che ha ottenuto il suo ufficio con
l'inganno (cfr. Inferno XIX, 56-57) e lo esercita in
modo tale da suscitare l'allegria di Satana. La formula
dantesca non permette di affermare senz'altro un pieno
consenso del Poeta con la tesi dei nemici di Bonìfacio
sull'illegittimità del suo pontificato [furono i Colonna
e Filippo il Bello ad avanzare le principali accuse
riguardo all'elezione simoniaca del papa], ma neppure
esplicitamente l'esclude". Tuttavia la questione, "posta
in questi termini, risulta estranea e non pertinente al
contesto dell'invettiva di San Pietro, la quale si muove
su un piano ideale diverso e più alto", perché "anche se
in terra esistono di fatto un imperatore e un pontefice,
Impero e Papato sono idealmente vacanti agli occhi di
Dio". |
28 |
Di quel
color che per lo sole avverso
nube dipigne da sera e da mane,
vid' ïo allora tutto 'l ciel cosperso. |
|
28 |
Allora vidi tutto il cielo
dei beati cospargersi di quel color rosso, che tinge una
nube alla sera o al mattino quando il sole le sta di
fronte, |
31 |
E come donna
onesta che permane
di sé sicura, e per l'altrui fallanza,
pur ascoltando, timida si fane, |
|
31 |
E come una donna onesta,
la quale pur restando sicura di sé, soltanto all'udire i
falli altrui, si fa vergognosa, |
34 |
così
Beatrice trasmutò sembianza;
e tale eclissi credo che 'n ciel fue
quando patì la supprema possanza. |
|
34 |
così divenne Beatrice
mutando aspetto; e un tale oscuramento io credo che sia
avvenuto in cielo (solo) quando il Figlio di Dio fu
crocifisso. |
|
Mentre l'indignazione provoca sul volto dei beati un
rossore che dilaga con forti bagliori ìn tutto il cielo
("questo fulmineo avvampare del cielo - scrive il
Mattalia - è il punto più vivo ed efficace
dell'invenzione, presentando il motivo dell'indignazione
in una scala cosmica e apocalittica"), il dolore di
Beatrice di fronte ai mali della Chiesa, si esprime con
un pallore improvviso, che sembra privare la sua figura
di ogni luminosità. Anche di fronte a questa
trasformazione il Poeta non trova un altro termine di
confronto se non nel cosmo: l'oscurarsi della luce di
Beatrice ricorda l'improvviso oscurarsi del sole alla
morte di Cristo (Matteo XXVII, 45; Marco XV, 33; Luca
XXIII, 44-45). Del resto già una volta il Poeta ha
accostato la figura della sua donna, angosciata per la
degenerazione della Chiesa, al mistero della passione di
Cristo (cfr. Purgatorio XXXIII, 4-6). |
37 |
Poi
procedetter le parole sue
con voce tanto da sé trasmutata,
che la sembianza non si mutò piùe: |
|
37 |
Poi San Pietro continuò a
parlare con voce tanto alterata da quella di prima, che
l'aspetto non si era mutato più della voce: |
40 |
«Non fu la
sposa di Cristo allevata
del sangue mio, di Lin, di quel di Cleto,
per essere ad acquisto d'oro usata; |
|
40 |
«La Chiesa, sposa di
Cristo, non fu fondata e nutrita col sangue mio, e dei
miei successori Lino e Cleto, per essere adoperata come
strumento di lucro, |
|
I pontefici attuali, che offrono alla sposa di Cristo (cfr.
Paradiso x, 140; XI, 32; XII, 43) solo la loro
corruzione e la loro simonia, hanno dimenticato che il
suo primo, mistico nutrimento fu il sangue di una
fulgidissima schiera di martiri. Infatti seguirono
l'esempio di Pietro martirizzato, secondo la tradizione,
il 29 giugno del 67 o 68, i suoi due primi successori,
Lino e Cleto o Anacleto morti nella seconda metà del 1
secolo. |
43 |
ma per
acquisto d'esto viver lieto
e Sisto e Pïo e Calisto e Urbano
sparser lo sangue dopo molto fleto. |
|
43 |
ma, perché fosse guida all'acquisto di
questa nostra vita beata, i papi Sisto, Pio, Calisto, e
Urbano sparsero il loro sangue dopo molte sofferenze. |
|
Continua, da parte di San Pietro, la rassegna dei
pontefici martirizzati nei primi secoli di vita della
Chiesa: Sisto I morì verso il 125, Pio I verso il 150,
Calisto nel 222, Urbano I nel 230. |
46 |
Non fu
nostra intenzion ch'a destra mano
d'i nostri successor parte sedesse,
parte da l'altra del popol cristiano; |
|
46 |
Noi non intendemmo che una parte della
cristianità sedesse a destra dei nostri successori, e
un'altra parte a sinistra; |
|
I pontefici, il cui compito dovrebbe essere quello di
perseguire la, pace e la unione fra i popoli, hanno
invece arbitrariamente diviso la cristianità in due
parti avverse, i Guelfi e i Ghibellini. Quello che essi
hanno operato è una sorta di mostruosa e aberrante
anticipazione del Giudizio Universale (Mattalia), quando
gli eletti appariranno alla destra di Dio e i reprobi
alla sinistra (Matteo XXV, 31-33). |
49 |
né che le
chiavi che mi fuor concesse,
divenisser signaculo in vessillo
che contra battezzati combattesse; |
|
49 |
né che le chiavi che mi furono affidate
(come simbolo d'autorità) diventassero emblema in una
bandiera che combattesse contro altri cristiani; |
|
Le chiavi, consegnate da Cristo a San Pietro e
considerate simbolo dell'autorità papale (Inferno XIX,
101; XXVII, 104; Purgatorio IX, 117; Paradiso XXIV, 35),
divennero insegna dell'esercito pontificio nel 1229, in
occasione della lotta fra Gregorio IX e Federico II. |
52 |
né ch'io
fossi figura di sigillo
a privilegi venduti e mendaci,
ond' io sovente arrosso e disfavillo. |
|
52 |
né che la mia immagine
fosse posta sul sigillo papale impresso sui documenti
che concedono privilegi falsi e simoniaci, per cui io
spesso arrossisco e divampo d'ira. |
55 |
In vesta di
pastor lupi rapaci
si veggion di qua sù per tutti i paschi:
o difesa di Dio, perché pur giaci? |
|
55 |
Da quassù si vedono in
tutte le chiese sotto la veste di pastori di anime, lupi
rapaci: o soccorso divino, perché ancora stai inerte? |
|
La metafora del gregge, del pastore e del lupo è di
chiara origine biblica (Geremia XXIII, I; Matteo VII,
15) ed è stata ripresa da Dante anche nell'Epistola ai
cardinali italiani (XI, 6), dove i prelati sono definiti
"usurpatori del compito dei pastori" e il gregge
presentato come "abbandonato e incustodito". |
58 |
Del sangue
nostro Caorsini e Guaschi
s'apparecchian di bere: o buon principio,
a che vil fine convien che tu caschi! |
|
58 |
Già si preparano a bere il nostro
sangue Caorsini e Guasconi: o Chiesa che avesti così
buoni inizi, a quale ignobile corruzione per forza di
cose tu partecipi! |
|
Caorsini e Guaschi:
dopo Bonifacio VIII l'accusa di San Pietro si abbatte su
Clemente V, originario della Guascogna (cfr. Inferno
XIX, nota relativa ai versi 82-84; Purgatorio XXXII, 148
sgg.; Paradiso XVII, 82), pontefice nel 1305, e su
Giovanni XXII, nato a Cahors (Paradiso XVIII, 130~136),
pontefice dal 1316 al 1334.
L'uso del plurale estende la condanna di Dante dai
pontefici e da coloro che essi favorirono a tutta una
regione, conferendo alla tremenda visione dei versi
58-59 un vigore eccezionale, quasi non si trattasse solo
di due papi, ma di un'invasione di sanguisughe e
vampiri". (Mattalia) |
61 |
Ma l'alta
provedenza, che con Scipio
difese a Roma la gloria del mondo,
soccorrà tosto, sì com' io concipio; |
|
61 |
Ma la provvidenza divina che per mezzo
di Scipione preservò a Roma la gloria del dominio del
mondo, verrà presto in aiuto, così come io vedo. |
|
Si profila, sul cupo sfondo di sangue della terzina
precedente, la profezia di San Pietro, con la quale
Dante, ancora una volta, riafferma la sua fede in una
prossima renovatio della Chiesa e - come testimonia
l'elogio di Roma (verso 62) - dell'Impero. La
Provvidenza, che un tempo intervenne con Publio Cornelio
Scipione l'Africano per salvare Roma minacciata da
Annibale (Convivio IV, V, 19; Monarchia II, x, 7;
Paradiso VI, 53), soccorrerà la Chiesa bisognosa di
un'efficace opera di riforma dei costumi ecclesiastici e
del ripristino di Roma a sede papale dopo la cattività
avignonese. Appare evidente, in questi versi, il
richiamo dell'arrivo del Veltro (Inferno, I, 101), del
messo di Dio (Purgatorio XXXIII, 42-43). Pur senza
ulteriori determinazioni, San Pietro promette a Dante un
rimedio sicuro: è "una promessa... ch'è certezza. Non
occorre chiedere documento al Santo dei Santi".
(Vallone) |
64 |
e tu,
figliuol, che per lo mortal pondo
ancor giù tornerai, apri la bocca,
e non asconder quel ch'io non ascondo». |
|
64 |
E tu, o figliolo, che a
causa del corpo mortale tornerai ancora sulla terra, non
tacere e non nascondere (agli uomini) ciò che io non
nascondo a te». |
67 |
Sì come di
vapor gelati fiocca
in giuso l'aere nostro, quando 'l corno
de la capra del ciel col sol si tocca, |
|
67 |
Come l'atmosfera sulla
terra fa scendere fiocchi di neve, quando la
costellazione del Capricorno è in congiunzione con il
sole, |
70 |
in sù vid'
io così l'etera addorno
farsi e fioccar di vapor trïunfanti
che fatto avien con noi quivi soggiorno. |
|
70 |
così vidi l'ottavo cielo
adornarsi e fioccare verso l'alto per la moltitudine
delle fiamme splendenti delle anime che prima si erano
fermate con noi, |
73 |
Lo viso mio
seguiva i suoi sembianti,
e seguì fin che 'l mezzo, per lo molto,
li tolse il trapassar del più avanti. |
|
73 |
Il mio sguardo seguiva i
loro aspetti, e li seguì finché lo spazio situato in
mezzo, per la distanza troppo cresciuta, gli impedì di
spingersi oltre. |
76 |
Onde la
donna, che mi vide assolto
de l'attendere in sù, mi disse: «Adima
il viso e guarda come tu se' vòlto». |
|
76 |
Per cui Beatrice, che mi
vide libero dalla cura di guardare verso l'alto, mi
disse: «Abbassa lo sguardo, e guarda quale arco hai
percorso (muovendoti con questo cielo)». |
79 |
Da l'ora
ch'ïo avea guardato prima
i' vidi mosso me per tutto l'arco
che fa dal mezzo al fine il primo clima; |
|
79 |
Da quando avevo guardato
in giù la prima volta vidi che mi ero mosso per tutto
l'arco che la prima zona descrive dalla sua metà al
termine, |
|
La cosmografia del Medioevo, seguendo la teoria di
Alfragano, divideva l'emisfero settentrionale, a
cominciare dall'equatore, in sette zone o fasce
parallele, a seconda del diverso periodo di tempo in cui
ciascuna di esse restava esposta al sole. La prima zona,
che aveva nel suo centro Gerusalemme, si estendeva per
180 gradi dal Gange a Cadice. Allorché Dante, entrato
nella costellazione dei Gemelli, aveva guardato per la
prima volta, dall'alto dei cieli, la terra (cfr. canto
XXII, versi 133-153), si era trovato sopra il meridiano
di Gerusalemme. Poiché nei versi 80-81 afferma di essere
giunto dal centro (Gerusalemme) al termine (Cadice)
della prima zona, egli ha dunque percorso un arco di 90
gradi ed è passato un periodo di sei ore. |
82 |
sì ch'io
vedea di là da Gade il varco
folle d'Ulisse, e di qua presso il lito
nel qual si fece Europa dolce carco. |
|
82 |
cosicché oltre Cadice vedevo la rotta
temeraria tentata da Ulisse, e di qua da Cadice il mar
Mediterraneo fin presso il lido dove Europa fu un dolce
carico per Giove. |
|
Si apre, sotto gli occhi del Poeta, la visione di tutta
la terra abitata; i suoi occhi si possono spingere a
occidente, oltre Cadice, cioè oltre lo stretto di
Gibilterra, sull'Oceano che vide il folle volo di Ulisse
(Inferno XXVI, 106 sgg.) e, a oriente, fino alla
Fenicia, da dove Giove, sotto le sembianze di un toro,
rapì Europa, figlia del re Agenore, portandola fino
all'opposto continente, che da lei prese nome (Ovidio
Metamorfosi Il, 832-875). |
85 |
E più mi
fora discoverto il sito
di questa aiuola; ma 'l sol procedea
sotto i mie' piedi un segno e più partito. |
|
85 |
E di là mi sarebbe stata visibile una
plaga più ampia di questa nostra terra; ma il sole
procedeva nel suo corso sotto i miei piedi separato da
me trenta gradi e più. |
|
Tra la costellazione dei Gemelli, nella quale si trova
Dante, e la costellazione dell'Ariete, che è in
congiunzione con il sole, si interpone il Toro, per cui
i due segni precedenti sono divisi da più di 30 gradi
(ogni segno zodiacale si estende per 30 gradi). A causa
della posizione dei sole che precede la costellazione
dei Gemelli di più di 30 gradi a occidente, le tenebre
si stanno ormai diffondendo nella estrema parte
orientale, e quindi Dante può scorgere solo una parte
dell'aizzola della terra. |
88 |
La mente
innamorata, che donnea
con la mia donna sempre, di ridure
ad essa li occhi più che mai ardea; |
|
88 |
Il mio animo innamorato
che vagheggiava sempre Beatrice, più che mai ardeva dal
desiderio di tornare a guardare verso di lei: |
91 |
e se natura
o arte fé pasture
da pigliare occhi, per aver la mente,
in carne umana o ne le sue pitture, |
|
91 |
e se mai la natura o
l'arte crearono, in corpi umani o in pitture, immagini
che fossero allettamenti tali da attrarre gli occhi per
conquistare l'anima, |
94 |
tutte
adunate, parrebber nïente
ver' lo piacer divin che mi refulse,
quando mi volsi al suo viso ridente. |
|
94 |
tutte queste bellezze
riunite, sembrerebbero niente a paragone della bellezza
divina che io vidi rifulgere quando mi volsi a guardare
gli occhi ridenti di Beatrice. |
97 |
E la virtù
che lo sguardo m'indulse,
del bel nido di Leda mi divelse,
e nel ciel velocissimo m'impulse. |
|
97 |
E la virtù
che i suoi occhi mi largirono, mi staccò dalla
costellazione dei Gemelli, e mi spinse nel nono cielo,
il più veloce di tutti. |
|
Il Poeta ascende al nono cielo, il Primo Mobile,
abbandonando la costellazione dei Gemelli, Castore e
Polluce, i quali, secondo la mitologia classica,
nacquero dall'uovo di Leda fecondato da Giove,
trasformatosi in cigno (Ovidio - Heroides XVII, 55 sgg.). |
100 |
Le parti sue
vivissime ed eccelse
sì uniforme son, ch'i' non so dire
qual Bëatrice per loco mi scelse. |
|
100 |
Tutte le parti di questo cielo,
fulgidissimo e altissimo, sono così uniformi, che io non
saprei dire quale di esse Beatrice scegliesse per
salirvi con me. |
|
Il Primo Mobile o cielo Cristallino è dotato di una "velocitade...
quasi incomprensibile" (Convivio II, 111, 9) perché,
essendo il più vicino a Dio dei cieli fisici, più arde
dal desiderio di avvicinarsi a Lui, e, essendo "diafano,
o vero tutto trasparente" (Convivio II, 111, 7), risulta
uniforme in ogni sua parte, perché "mentre tutti gli
altri cieli contengono corpi visibili quali sono i
pianeti e le stelle fisse, e Dante è andato sempre in
questi, nel Primo Mobile corpi visibili non ve ne sono,
onde Dante non può dire in qual parte di esso sia
andato, perché le parti sono tutte uguali" (Porena).
Oltre alla lezione vivissime del verso 100, i codici
offrono altre varianti (vicinissime, vicissime, imissime)
ciascuna delle quali sostenuta dai critici con buone
ragioni. |
103 |
Ma ella, che
vedëa 'l mio disire,
incominciò, ridendo tanto lieta,
che Dio parea nel suo volto gioire: |
|
103 |
Ma ella, che vedeva la mia
brama di conoscere, ridendo con tanta letizia, che Dio
stesso pareva gioire nel suo volto, incominciò: |
106 |
«La natura
del mondo, che quïeta
il mezzo e tutto l'altro intorno move,
quinci comincia come da sua meta; |
|
106 |
«La struttura
dell'universo, la quale mantiene immobile al centro la
terra e muove tutte le altre cose intorno ad essa,
incomincia da questo cielo come dalla sua origine; |
|
La struttura fisica dell'universo, formato da un corpo
immobile (la terra) e da corpi mobili ruotanti intorno
ad essa (i cieli), trae la sua origine da questo cielo,
il quale "ordina col suo movimento la cotidiana
revoluzione di tutti li altri, per la quale ogni die
tutti quelli ricevono [e mandano] qua giù la vertude di
tutte le loro parti" (Convivio Il, XIV, 15). |
109 |
e questo
cielo non ha altro dove
che la mente divina, in che s'accende
l'amor che 'l volge e la virtù ch'ei piove. |
|
109 |
e questo cielo non ha altro luogo che
lo contenga al di fuori della mente divina, nella quale
s'accende l'amore che lo fa girare e la virtù che esso
trasmette ai cieli sottostanti. |
|
Il Primo Mobile circonda tutti gli altri cieli
sottostanti, ma non puo essere situato in alcun luogo
fisico: infatti esso è limitato solo dall'Empireo, il
cielo che è pura luce (Paradiso XXX, 39), che "non è in
luogo ma formato fu solo nella prima Mente [Dio]"
(Convivio II, III, 11. L'Ottimo così spiega: "la nona
spera non è suddita ad altro cielo, ma solo alla divina
mente; e da essa toglie quella virtù che ella ha sopra
questi inferiori; e dall'amore d'essa dívina mente
riceve. movimento e luce, e non da altro". |
112 |
Luce e amor
d'un cerchio lui comprende,
sì come questo li altri; e quel precinto
colui che 'l cinge solamente intende. |
|
112 |
La luce e l'amore dell'Empireo lo
contengono in sé come in un cerchio, così come questo
racchiude glí altri; e come questo cerchio possa essere
contenuto lo comprende solo Dio, il quale lo
circoscrive. |
|
Solo Dio conosce che cosa sia e come operi l'Empireo, il
cielo costituito solo da luce ed amor (Paradiso XXX,
40-41), il "soprano edificio del mondo, nel quale tutto
lo mondo s'inchiude, e di fuori dal quale nulla è"
(Convivio II, III, 11). |
115 |
Non è suo
moto per altro distinto,
ma li altri son mensurati da questo,
sì come diece da mezzo e da quinto; |
|
115 |
Il movimento di questo
primo cielo non è misurato dal movimento di un altro;
anzi il moto degli altri è misurato dal moto di questo,
così come il dieci è misurato dalla sua metà, il cinque,
e dal suo quinto, il due. |
118 |
e come il
tempo tegna in cotal testo
le sue radici e ne li altri le fronde,
omai a te può esser manifesto. |
|
118 |
E ormai ti deve esser
chiaro come il tempo abbia le sue radici in questo cielo
come in un vaso e abbia le sue fronde nei cieli
sottostanti. |
121 |
Oh
cupidigia, che i mortali affonde
sì sotto te, che nessuno ha podere
di trarre li occhi fuor de le tue onde! |
|
121 |
Oh cupidigia umana che
sommergi a tal punto i mortali sotto di te, che nessuno
è capace di alzare gli occhi sopra le tue onde! |
124 |
Ben fiorisce
ne li uomini il volere;
ma la pioggia continüa converte
in bozzacchioni le sosine vere. |
|
124 |
Certo negli uomini
fiorisce la buona volontà; ma (l'imperversare delle
passioni la spegne come) la pioggia continua tramuta le
susine buone in susine guaste. |
127 |
Fede e
innocenza son reperte
solo ne' parvoletti; poi ciascuna
pria fugge che le guance sian coperte. |
|
127 |
Fede e innocenza si
trovano solo nei fanciulli, ma poi l'una e l'altra si
dileguano prima ancora che le loro guance siano
ricoperte dal primo pelo. |
130 |
Tale,
balbuzïendo ancor, digiuna,
che poi divora, con la lingua sciolta,
qualunque cibo per qualunque luna; |
|
130 |
Vi è chi osserva i
digiuni, quando è ancora bambino balbettante il quale
poi, nell'età matura (quando la lingua si è ormai
sciolta), divora ogni cibo in qualunque epoca dell'anno; |
133 |
e tal,
balbuzïendo, ama e ascolta
la madre sua, che, con loquela intera,
disïa poi di vederla sepolta. |
|
133 |
e un altro, ancora bambino
balbettante, ama e ascolta docile la mamma, e, una volta
adulto, quando il suo linguaggio è ormai perfetto
desidera poi vederla morta e sepolta. |
136 |
Così si fa
la pelle bianca nera
nel primo aspetto de la bella figlia
di quel ch'apporta mane e lascia sera. |
|
136 |
Allo stesso modo (in cui
il candore dell'infanzia si corrompe con il passare
dell'età) la pelle dell'uomo, naturalmente bianca,
diventa nera, appena compare l'Aurora, la bella figlia
del Sole che porta il mattino sulla terra e tramontando
lascia la sera. |
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Numerosissime sono le interpretazioni proposte per i
versi 136-138, essendo i critici in disaccordo sia sul
valore da attrìbuire a così («in questo modo », « allo
stesso modo », « a tal punto »), sia sulla costruzione
dei tre versi (della bella figlia potrebbe essere
genitivo dipendente da pelle oppure da aspetto). Per
quanto riguarda il significato dell'espressione bella
figlia, il Lana ritiene che Dante alluda alla Chiesa,
nata da Cristo, il sole dello spirito, mentre secondo il
Buti qui si parlerebbe della luna, oppure dell'Aurora
(Parodi) oppure di Circe (Barbi). L'interpretazione da
noi accolta è stata presentata dal Sapegno e ripresa con
valide osservazioni dal Gallardo: "vi è una ragione
stilistica che... sembra di fondamentale importanza in
questo caso: il discorso di Beatrice è tutto coerente,
privo di allusioni inutilmente simboliche o
classicheggianti, intessuto di osservazioni della vita
quotidiana (si veda anche il modo proverbiale dei versi
125-126). E la spiegazione più semplice sarà dunque qui
la più vera... E' poi logico pensare all'Aurora, per
l'allusione all'adolescenza nel primo termine, al verso
129". |
139 |
Tu, perché
non ti facci maraviglia,
pensa che 'n terra non è chi governi;
onde sì svïa l'umana famiglia. |
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139 |
Per non stupirti di ciò,
pensa che sulla terra non vi è chi governi; per cui la
umanità va così rovinosamente fuori strada. |
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Ritorna, il Poeta, su uno dei principi basilari della
sua dottrina etico-politica: l'umanità che Dio aveva
affidato all'imperatore perché ne coordinasse la vita
politica e al papa, perché la illuminasse in campo
religioso, appare ora priva delle sue due guide.
L'Impero è vacante dal 1250, anno della morte di
Federico II, (Convivio IV, IX, 10; Purgatorio VI, 76 sgg.)
e sul trono di Pietro siede un pontefice indegno
(Paradiso XXVII, 22-24). |
142 |
Ma prima che
gennaio tutto si sverni
per la centesma ch'è là giù negletta,
raggeran sì questi cerchi superni, |
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142 |
Ma prima che gennaio esca del tutto dal
periodo invernale a causa della frazione centesimale del
giorno trascurata dal calendario, questi cieli del
paradiso irradieranno tali influssi, |
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Nel calendario giuliano la durata dell'anno era
calcolata in 365 giorni e 6 ore, con 12 minuti
(equivalenti alla centesima parte del giorno) in pìù
rispetto alla durata reale (a tale errore si rimediò con
la riforma del calendario fatta da Gregorio XIII nel
1582). Se questa frazione di tempo si fosse accumulata
per 90 secoli, il mese di gennaio sarebbe caduto in
primavera. |
145 |
che la
fortuna che tanto s'aspetta,
le poppe volgerà u' son le prore,
sì che la classe correrà diretta; |
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145 |
che la tanto attesa
tempesta farà volgere le poppe delle navi dove sono le
prue (cioè: rimetterà la nave nella giusta direzione),
così che la flotta correrà diritta |
148 |
e vero
frutto verrà dopo 'l fiore». |
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148 |
e frutti buoni seguiranno
alle promesse». |