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DIVINA
COMMEDIA: PARAFRASI
PARADISO
CANTO XXXII° |
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1 |
Affetto al
suo piacer, quel contemplante
libero officio di dottore assunse,
e cominciò queste parole sante: |
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1 |
San Bernardo, tutto preso dall’oggetto
del suo amore assunse spontaneamente il compito di
maestro, e incominciò questo santo discorso: |
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Lo schema dell'ascensione a Dio comporta, secondo Dante
che, a questo proposito fonde posizioni tomistiche con
posizioni bonaventuriane, tre successive fasi: quella
della luce naturale fornita dalla ragione, quella della
sapienza rivelata, quella della visione diretta,
intuitiva di Dio, che si può possedere in questa vita
solo grazie a una sovrannaturale esperienza. Questo
schema si è tradotto di volta in volta, in figure
concrete, storiche (Virgilio, Beatrice, Bernardo),
legate all'esperienza biografica, intellettuale o
spirituale del Poeta: con questi personaggi Dante
stabilisce un complesso rapporto fondato sul binomio
maestro-discepolo e arricchito dalle più diverse
sfumature psicologiche. Virgilio non è solo il dottore
che guida lo smarrito pellegrino attraverso i cerchi
infernali e le balze del purgatorio, ma un maestro di
poesia e di vita morale, un dolce padre teneramente
preoccupato della sorte del figlio. Allo stesso modo il
compito di cui Beatrice appare investita negli ultimi
canti del Purgatorio e per quasi tutto il Paradiso,
acquista un più profondo significato dal suo
atteggiamento di donna innamorata e ogniqualvolta si
rivolge a lei, Dante chiede non solo l'aiuto della sua
dottrina, ma il conforto del suo amore. Per questo
Virgilio e Beatrice acquistano, nel corso della
Commedia, una loro fisionomia psicologico-poetica ben
determinata: restando fermo il loro valore
allegorico-concettuale, essi operano come veri
"personaggi". Quanto è stato detto a proposito di
Virgilio e di Beatrice è applicabile anche all'ultima
guida che appare nella Commedia, benché l'officio di
dottore di San Bernardo sia limitato agli ultimi tre
canti del Paradiso. Anche la realtà della sua persona
terrena è desunta, come nel caso di Virgilio, dalla
tradizione storico-letteraria, perché, fra gli scrittori
di teologia mistica, Dante dovette guardare al
battagliero abate di Chiaravalle come a un maestro (si
vedano i numerosi passi di opere di San Bernardo
riportati dall'Auerbach nei suoi Studi su Dante a
sostegno di certe affermazioni o immagini del Poeta del
Paradiso), ma, come accade per il savio antico, anche
l'episodio che ha per protagonista San Bernardo appare
nettamente spostato su un piano concreto e umano.
L'incontro fra il pellegrino ormai prossimo alla visione
di Dio e il devoto di Maria si svolge in un clima di
profonda affezione, di ardente carità, di personale
contatto: tenero padre (canto XXXI, verso 63); la vivace
carità di colui che 'n questo mondo, contemplando, gustò
di quella pace (canto XXXI, versi 109-111 ); O santo
padre, che per me comportò l'esser qua giù, lasciando il
dolce loco nel qual tu siedi per etterna sorte ( canto
XXXII, versi 100-102); e tu mi seguirai con l'affezione,
sì che dal dicer mio lo cor non parti (canto XXXII,
versi 149-150). Santo dell'amore e dell'umiltà, più che
incarnazione della vita mistica, le parole che egli
pronuncia, prima della grande preghiera alla Vergine,
sono semplici e umili, tanto che alcuni critici le hanno
giudicate addirittura inadatte a tanta altezza di
paradiso (cfr. versi 139-141). Tuttavia non si può
definire soltanto "paterna" la figura di San Bernardo
senza il pericolo di limitarne le caratteristiche,
perché, descrivendo la sua apparizione, il Poeta si
mostra sollecito ad indicare la nobiltà della sua figura
(un sene vestito con le genti gloriose; canto XXXI,
versi 59-60) che riecheggia la venerabilità e la
maestosità di quella di Catone. Tuttavia i tratti di San
Bernardo appaiono più sfumati e più spiritualizzati
rispetto a quelli del custode del purgatorio, sul cui
aspetto esteriore il Poeta insiste particolarmente
(lunga la barba e di pel bianco mista; Purgatorio canto
I, verso 34 ); inoltre alla solennità un poco dura e
burbera del veglio solo sulla spiaggia del purgatorio,
San Bernardo oppone una benigna letizia diffusa per li
occhi e per le gene (canto XXXI, versi 61-62) e mentre
il primo è degno di tanta reverenza in vista, che più
non dee a padre alcun figliuolo (Purgatorio I, 32-33),
il secondo è in atto pio quale a tenero padre si
converto (canto XXXI, versi 62-63 ). A proposito di
questi ultimi versi il Gallardo commenta molto bene: "La
fusione di linguaggio aulico e di espressioni affettuose
crea intorno a questa figura una particolare atmosfera
di tenerezza e di nobiltà", per cui l'umanissimo
personaggio di San Bernardo appare "capace di innalzarsi
fino al più alto linguaggio mistico e di volgersi
paternamente verso la debole umanità del Poeta". |
4 |
«La piaga
che Maria richiuse e unse,
quella ch'è tanto bella da' suoi piedi
è colei che l'aperse e che la punse. |
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4 |
"Quella che siede tanto bella ai piedi
di Maria è colei che aperse e inasprì la piaga del
peccato originale, che la Vergine chiuse e risanò. |
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Eva con il suo peccato, che inasprì spingendo anche
Adamo a seguire il suo esempio, fu causa della rovina
dell'umanità; questa rinacque a nuova vita con la
Vergine Maria, nella quale si realizzò l'incarnazione. |
7 |
Ne l'ordine
che fanno i terzi sedi,
siede Rachel di sotto da costei
con Bëatrice, sì come tu vedi. |
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7 |
Nella terza fila di seggi, sotto ad
Eva, siede Rachele insieme con Beatrice, come puoi
vedere. |
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Rachele, figlia di Labano e seconda moglie di Giacobbe,
è simbolo della vita contemplativa ( Purgatorio XXVII,
104) ed appare, come Dante ha già rivelato nell'Inferno
(canto II, verso 102), accanto a Beatrice che, come
simbolo della verità rivelata, prepara alla
contemplazione. "Il sedere insieme, ovviamente, esprime
idea della loro complementarità, del loro fecondo e
necessario accordo." (Mattalia) |
10 |
Sarra e
Rebecca, Iudìt e colei
che fu bisava al cantor che per doglia
del fallo disse 'Miserere mei', |
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10 |
Sara e Rebecca, Giuditta e
Rut, colei che fu bisavola di Davide, il sacro cantore
che per manifestare il dolore per il proprio peccato
scrisse il salmo “Abbi pietà (miserere) di me”, |
13 |
puoi tu
veder così di soglia in soglia
giù digradar, com' io ch'a proprio nome
vo per la rosa giù di foglia in foglia. |
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13 |
puoi vedere disposte in ordine decrescente di gradino in
gradino, nella successione in cui le vengo elencando
scendendo di seggio in seggio lungo la rosa. |
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Sara, moglie di Abramo e madre di Isacco (che sposò
Rebecca), può essere considerata la progenitrice dei
credenti nel Cristo venturo. Giuditta liberò il popolo
eletto dal pericolo degli Assiri, uccidendo il loro
generale Oloferne (cfr. Purgatorio XII, 58-60).
Rut, moglie di Booz, è qui presentata come la bisavola
di Davide, che dopo l'adulterio commesso con Betsabea,
Pianse il proprio peccato e manifestò il proprio
pentimento nel Salmo LI, che inizia con le parole
"Miserere mei". |
16 |
E dal
settimo grado in giù, sì come
infino ad esso, succedono Ebree,
dirimendo del fior tutte le chiome; |
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16 |
E dal settimo gradino in
giù, fino all’ultimo, si succedono donne ebraiche,
dividendo tutti i petali del fiore, |
19 |
perché,
secondo lo sguardo che fée
la fede in Cristo, queste sono il muro
a che si parton le sacre scalee. |
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19 |
perché esse
costituiscono una specie di linea dalla quale, a seconda
che la loro fede si rivolse al Cristo venturo o al
Cristo venuto, sono divisi i beati. |
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Tutti i seggi immediatamente sotto quello della Vergine,
fino all'ultimo, sono occupati dalle donne dell'Antico
Testamento (Dante ne ha nominato, compresa Maria, solo
sette). Si forma così una linea che taglia verticalmente
la candida rosa; a questa linea, di fronte, ne
corrisponde un'altra, formata, come Dante spiegherà più
avanti ( versi 28 sgg.), dai seggi di San Giovanni
Battista, San Francesco, San Benedetto, Sant'Agostino e
altri. L'Empireo viene cosi diviso in due parti uguali,
occupate rispettivamente dai beati dell'Antico
Testamento e da quelli del Nuovo: i primi credettero in
Cristo venturo, i secondi in Cristo venuto ( secondo lo
sguardo che fee la fede in Cristo). |
22 |
Da questa
parte onde 'l fiore è maturo
di tutte le sue foglie, sono assisi
quei che credettero in Cristo venturo; |
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22 |
Da questa parte (a sinistra del muro divisorio), dove il
fiore si presenta completo di tutti i suoi petali (cioè:
i seggi sono tutti occupati), sono seduti i credenti in
Cristo venturo; |
25 |
da l'altra
parte onde sono intercisi
di vòti i semicirculi, si stanno
quei ch'a Cristo venuto ebber li visi. |
|
25 |
dall’altra parte (a destra), dove i semicerchi sono
interrotti da seggi vuoti, si trovano coloro che volsero
gli occhi della fede verso Cristo venuto. |
28 |
E come
quinci il glorïoso scanno
de la donna del cielo e li altri scanni
di sotto lui cotanta cerna fanno, |
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28 |
E come da questa parte il
glorioso seggio di Maria, la regina del cielo (la donna:
dal latino domina, "signora") e gli altri seggi di sotto
al suo segnano la grande separazione (fra i beati
dell’Antico e del Nuovo Testamento), |
31 |
così di
contra quel del gran Giovanni,
che sempre santo 'l diserto e 'l martiro
sofferse, e poi l'inferno da due anni; |
|
31 |
così dalla parte opposta
(segna un’analoga divisione) il seggio del grande
Giovanni, che, santo prima ancora di nascere, sopportò
il deserto e il martirio, e poi l’inferno per circa due
anni; |
|
San Giovanni Battista, "pieno di Spirito Santo fin dal
seno di sua madre" (Luca I, 15), rimase per un lungo
periodo nel deserto per prepararsi, nella solitudine e
nella penitenza, alla sua vita di predicazione e subì il
martirio sotto Erode (Purgatorio XXII, 151-154; Paradiso
XVIII, 134-135). Dopo la morte dovette rimanere nel
limbo per due anni, fino al momento in cui Cristo
discese all'inferno per liberare le anime dei patriarchi
dell'Antico Testamento. |
34 |
e sotto lui
così cerner sortiro
Francesco, Benedetto e Augustino
e altri fin qua giù di giro in giro. |
|
34 |
e sotto di lui ebbero in sorte di
operare questa divisione Francesco, Benedetto e Agostino
e altri fino qua giù in fondo di gradino in gradino. |
|
Sotto il seggio del grande precursore di Cristo,
appaiono quelli di San Francesco d'Assisi (Paradiso XI.
43 sgg.), di San Benedetto da Norcia (Paradiso XXII,28
sgg.), di Sant'Agostino (a. 354-430), grande filosofo e
teologo è uno dei più grandi e famosi Padri della
Chiesa. Benché Dante nella Commedia lo nomini solo
incidentalmente ( Paradiso X, 120), nel Convivio, nella
Monarchia, nelle Epistole dimostra una notevole
conoscenza delle opere di Agostino.
Le anime di questo muro dovrebbero essere quelle dei
fondatori di ordini religiosi e dei teologi, "in certo
modo i continuatori dell'opera del Battista nel "parare
Domino plebem perfectam " (Luca I, 17)" (Vandelli).
Sforzandosi di penetrare nella logica di questo elenco
di santi, alcuni critici hanno pensato che Giovanni sia
posto di fronte a Maria perché nessun nato di donna -
secondo le parole di Cristo (Matteo XI, 11 ) - fu più
grande del Battista, oppure perché il Poeta ha voluto
stabilire un supremo vincolo fra il paradiso e il suo
bel San Giovanni, oppure perché intese simboleggiare in
Francesco, Benedetto e Agostino l'ardore mistico, la
contemplazione, la teologia. E' forse nel giusto il
Tommaseo quando così commenta questi versi: "Di faccia
alla santa tra le donne, siede il santo tra gli uomini,
padre d'anime a Dio conquistate; sotto lui i fondatori
d'ordini religiosi vengon di contro alle madri giudee,
come padri d'anime anch'essi". |
37 |
Or mira
l'alto proveder divino:
ché l'uno e l'altro aspetto de la fede
igualmente empierà questo giardino. |
|
37 |
Ora contempla la
profondità del disegno provvidenziale, perché l’uno e
l’altro gruppo dei credenti (l’uno e l’altro aspetto
della fede: in Cristo venturo e in Cristo venuto)
riempiranno in ugual misura questo fiore. |
40 |
E sappi che
dal grado in giù che fiede
a mezzo il tratto le due discrezioni,
per nullo proprio merito si siede, |
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40 |
E sappi che sotto il
gradino che interseca a metà le due linee che dividono i
beati, non si siedono anime che si sono salvate per
merito proprio, |
43 |
ma per
l'altrui, con certe condizioni:
ché tutti questi son spiriti asciolti
prima ch'avesser vere elezïoni. |
|
43 |
ma per merito altrui,
sotto certe condizioni, perché tutti questi sono spiriti
sciolti (dai legami corporei) prima di possedere la
facoltà della libera scelta fra bene e male. |
46 |
Ben te ne
puoi accorger per li volti
e anche per le voci püerili,
se tu li guardi bene e se li ascolti. |
|
46 |
Te ne puoi facilmente
accorgere per i volti e anche per le voci infantili, se
tu li guardi bene e se li ascolti. |
|
L'Empireo appare diviso in due parti non solo in senso
verticale, ma anche in senso orizzontale: la parte:
superiore è occupata dai beati morti adulti, quella
inferiore dalle anime dei bambini.
Questi, morti (l'espressione assolti significherebbe,
per alcuni critici: " liberati dalle conseguenze del
peccato originale") prima di pervenire all'uso di
ragione, godono l'eterna beatitudine non per meriti
propri, ma grazie al verificarsi di una delle condizioni
che il Poeta enumererà ai versi 79-84.
Tutti i teologi medievali sono concordi nell'affermare
che gli uomini risorgeranno, nel giorno del Giudizio
Universale, nella pienezza delle forze e nel vigore
degli anni giovanili, senza i difetti inerenti alla
vecchiaia e alla fanciullezza. Invece a Dante "la
presenza dei fanciulli e quella di venerandi vecchi
nella gloria dell'Empireo non parve sconveniente, come
sembrò invece a quasi tutti i teologi suoi
contemporanei; e come i volti dei bambini aggiungono un
grazioso elemento pittorico al paradisiaco quadro, così
la soavità di bianche voci puerili, mista ai robusti e
gravi toni della voce virile e ai gorgheggi del canto
muliebre, serve a rendere più completo il coro de la
melode che là su si canta, cui rispondono i cori degli
angeli, accompagnati dalla solenne armonia delle sfere
celesti" (Nardi). |
49 |
Or dubbi tu
e dubitando sili;
ma io discioglierò 'l forte legame
in che ti stringon li pensier sottili. |
|
49 |
Ora tu dubiti, e nel dubbio taci; ma io
scioglierò il difficile nodo in cui ti avvolgono i tuoi
sottili ragionamenti. |
|
Il dubbio di Dante può essere cosi formulato: perché i
bambini, che non giunsero alla salvezza per i propri
meriti, godono la beatitudine celeste in diversa misura
(apparendo, infatti, distribuiti in diversi gradini, in
ordine decrescente, nella zona inferiore della candida
rosa)? |
52 |
Dentro a
l'ampiezza di questo reame
casüal punto non puote aver sito,
se non come tristizia o sete o fame: |
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52 |
Nel regno di Dio, in tutta
la sua grandezza, non si può trovare neppure un punto
che sia destinato a caso, così come in esso non esistono
(difetti o bisogni umani come) tristezza o sete o fame, |
55 |
ché per
etterna legge è stabilito
quantunque vedi, sì che giustamente
ci si risponde da l'anello al dito; |
|
55 |
perché tutto ciò che vedi
(qui) è stabilito da Dio fin dall’eternità, così che
tutte le cose nel paradiso si corrispondono con la
stessa perfezione con cui l’anello corrisponde al dito (
per il quale è stato fatto). |
58 |
e però
questa festinata gente
a vera vita non è sine causa
intra sé qui più e meno eccellente. |
|
58 |
E perciò questi bambini
che sono giunti precocemente (fesfinata: letteralmente
significa "affrettatasi") alla vera vita (quella eterna)
non senza ragione si trovano qui destinati a diversi
gradi di beatitudine. |
61 |
Lo rege per
cui questo regno pausa
in tanto amore e in tanto diletto,
che nulla volontà è di più ausa, |
|
61 |
Dio, il re grazie al quale
questo regno riposa in così grande carità e letizia, che
nessuna volontà può ardire di desiderarne di più, |
64 |
le menti
tutte nel suo lieto aspetto
creando, a suo piacer di grazia dota
diversamente; e qui basti l'effetto. |
|
64 |
creando, con un gioioso
atto di amore, tutte le anime largisce ad esse la sua
grazia in misura diversa, a suo piacere; e riguardo a
ciò (qui) bisogna accontentarsi di costatare il fatto. |
|
A partire dal verso 52, il "Catone benevolo e lieto"
(Croce), "tanto lieto e benevolo, che non sa altrimenti
che con questa gaiezza spirituale indirizzare gli occhi
di Dante a mirare la gran luce di Dio: Bernardo
m'accennava e sorrideva, perch'io guardassi in suso",
svolge l'ultima lezione teologica del Paradiso. Essa, si
noti bene, ribadisce due temi che si possono definire
due leit-motiv della terza cantica: quello dell'ordine
del paradiso (dal quale dipende l'ordine di tutto
l'universo) e quello della predestinazione, legato
all'esaltazione di Dio come mistero di grazia, di
potenza e di giustizia, davanti al quale la ragione si
inchina riverente (e qui basti l'effetto). In queste
terzine il dogma divino è presente, ancora una volta,
come misteriosa essenza, come trascendente e
inaccessibile maestà, come ribadita affermazione di una
inviolabile profondità che nega anche ai beati ogni
possibilità di comprensione. Ma accanto a questo epico
sentimento della magnificenza divina, si fa luce una
teologia più intima, più affettuosa: Dio è lo rege di un
regno infinito ed eterno, ma questo regno " riposa in
Lui, appagato d'amore e di gioia per tutta l'eternità,
restituendo al suo Creatore l'amore che ha ricevuto al
momento della creazione, quando il volto di questo Dio
misterioso è apparso quello di un padre affettuoso (le
menti tuffò nel suo lieto aspetto creando). |
67 |
E ciò
espresso e chiaro vi si nota
ne la Scrittura santa in quei gemelli
che ne la madre ebber l'ira commota. |
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67 |
E questa verità vi è espressamente e
chiaramente affermata nella Sacra Scrittura con
l’esempio di quei gemelli che incominciarono a lottare
fra loro, mossi dall’ira, quando erano ancora nel ventre
materno. |
|
Per dimostrare che Dio dota della grazia le sue creature
in misura diversa, Dante ricorre, per la seconda volta (cfr.
Paradiso VIII, 130-131), all'esempio di Esaù e di
Giacobbe, i due gemelli nati da Isacco e Rebecca. Prima
ancora che essi nascessero (prima ancora, quindi, che
essi acquistassero meriti o demeriti), Dio aveva
stabilito che Giacobbe fosse il fondatore del
popolo eletto e che ad Esaù toccasse un compito di
minore importanza (cfr. Genesi XXV, 20 sgg.; Malachia I,
23; Epistola ai Romani IX, 11-13): così i due gemelli
cominciarono a lottare fra di loro fin da quando erano
ancora nel ventre materno (Genesi XXV, 22). |
70 |
Però,
secondo il color d'i capelli,
di cotal grazia l'altissimo lume
degnamente convien che s'incappelli. |
|
70 |
Perciò è giusto che la luce divina
incoroni degnamente (i beati ), a seconda della
diversità della grazia assegnata a ciascuno. |
|
L'espressione secondo il color de' capelli allude alla
diversa quantità di grazia che Dio assegnò a Esaù e
Giacobbe: "come a Dio piacque che Esaù avesse il colore
e i capegli rossi, e Jacob neri (cfr. Genesi XXV, 25),
così gli piacque dar grazia più a Jacob che a Esaù"
(Landino). |
73 |
Dunque,
sanza mercé di lor costume,
locati son per gradi differenti,
sol differendo nel primiero acume. |
|
73 |
Dunque, senza alcun merito derivato
dalle loro azioni, questi bambini sono collocati su
gradini differenti ( e godono, quindi, di diversa
beatitudine), ma solo perché (al momento della nascita)
fu loro assegnata una disposizione più o meno pronta (a
vedere Dio). |
|
Il Nardi, riportandosi anche a una pagina del Convivio
(IV, XXI, 4-10), riconosce che "Dante ha compreso,
meglio dei teologi del suo tempo, che ogni fanciullo
possiede, sia pure allo stato latente, una sua propria
individualità e personalità". Dio, infondendo la sua
grazia nelle anime dei bambini, rispetta "la diversa
fisionomia psicologica di ogni bambino e la diversa
personalità che potenzialmente si cela in ciascuno di
essi". Nella visione dei bambini, distribuiti per gradi
differenti nella candida rosa dei beati, senza nullo
proprio merito acquistato con azioni virtuose, si
avverte, secondo il Nardi, un'intuizione, ben altrimenti
profonda di quella dei teologi contemporanei,
"dell'irriducibile e originario carattere individuale
della personalità. Ogni anima di fanciullo che si
schiude alla luce è un nuovo piccolo mondo di sentimenti
e di tendenze, che comincia a roteare nel cielo degli
spiriti". Anche se, - conclude il critico - non è
possibile chiedere a Dante una spiegazione e una
giustificazione completa riguardo all'arduo concetto
della personalità e della originaria individualità, che
solo il pensiero posteriore è riuscito a conquistare,
dobbiamo, tuttavia, "riconoscere che nessuno fra gli
antichi ebbe del valore spirituale della personalità un
senso più vivo e più forte di lui". |
76 |
Bastavasi
ne' secoli recenti
con l'innocenza, per aver salute,
solamente la fede d'i parenti; |
|
76 |
Nei primi secoli era
sufficiente, perché (i bambini) fossero salvi, insieme
con la loro innocenza, soltanto la fede dei genitori. |
|
Nelle prime due età del mondo (da Adamo ad Abramo)
affinché i bambini morti precocemente potessero
salvarsi, era necessaria la fede dei loro genitori nel
Cristo venturo (cfr. San Tommaso Summa Theologica III,
LXX, 2). |
79 |
poi che le
prime etadi fuor compiute,
convenne ai maschi a l'innocenti penne
per circuncidere acquistar virtute; |
|
79 |
Trascorso questo primo
periodo, fu necessario, per i maschi, acquistare,
mediante la circoncisione, la forza necessaria alle loro
ali innocenti (per volare in cielo). |
82 |
ma poi che
'l tempo de la grazia venne,
sanza battesmo perfetto di Cristo
tale innocenza là giù si ritenne. |
|
82 |
Giunto il tempo della
Grazia (con la redenzione operata da Cristo), i bambini
morti senza il battesimo furono trattenuti nel limbo. |
|
Nel periodo successivo (da Abramo alla venuta di Cristo)
si aggiunse, alle due condizioni elencate nei versi
77-78, anche la circoncisione: in quel periodo, infatti,
"era diminuita la fede, poiché molti si erano
abbandonati alla idolatria; si erano oscurate anche le
capacità razionali per il diffondersi della
concupiscenza della carne... E perciò allora, e non
prima, fu giustamente istituita la circoncisione per
rafforzare la fede e per diminuire la concupiscenza
della carne" (San Tommaso Summa Theologica III, LXX, 2).
Sempre nello stesso passo San Tommaso specifica che il
peccato originale, contro il quale. in particolare, era
stata istituita la circoncisione, si contrae dal padre e
non dalla madre". Sanza battesmo perfetto di Cristo: il
battesimo, come sacramento, fu infatti istituito da
Cristo, laddove la circoncisione ne era solo la
imperfetta prefigurazione ( San Tommaso , Summa
Theologica 111, LXX, 2). |
85 |
Riguarda
omai ne la faccia che a Cristo
più si somiglia, ché la sua chiarezza
sola ti può disporre a veder Cristo». |
|
85 |
Contempla ora il volto
della Vergine, la creatura che assomiglia a Cristo più
di ogni altra, perché solo il suo splendore ti può
preparare a sostenere la visione di Cristo". |
88 |
Io vidi
sopra lei tanta allegrezza
piover, portata ne le menti sante
create a trasvolar per quella altezza, |
|
88 |
Io vidi scendere su di lei
tanta letizia! portata dalle intelligenze angeliche
create per volare da Dio ai beati e dai beati a Dio, |
91 |
che
quantunque io avea visto davante,
di tanta ammirazion non mi sospese,
né mi mostrò di Dio tanto sembiante; |
|
91 |
che quanto avevo
contemplato (nel paradiso) fino a questo momento non mi
aveva tenuto sospeso in così grande meraviglia, né mi
aveva mostrato tanta somiglianza con Dio; |
94 |
e quello
amor che primo lì discese,
cantando 'Ave, Maria, gratïa plena',
dinanzi a lei le sue ali distese. |
|
94 |
e l’arcangelo Gabriele
che, primo fra gli angeli, era disceso accanto a Maria,
cantando "Ave Maria, piena di grazia", si librò ad ali
aperte davanti a lei. |
|
Primo li discese:
l'arcangelo Gabriele era sceso per celebrare le lodi di
Maria durante il suo trionfo nel cielo Stellato (cfr.
canto XXIII, 91-111). |
97 |
Rispuose a
la divina cantilena
da tutte parti la beata corte,
sì ch'ogne vista sen fé più serena. |
|
97 |
Tutta la
corte beata rispose da ogni parte a quel canto divino (o
ripetendo o continuando il saluto dell’angelo alla
Vergine), così che l’aspetto di tutti (angeli e beati)
divenne più luminoso. |
100 |
«O santo
padre, che per me comporte
l'esser qua giù, lasciando il dolce loco
nel qual tu siedi per etterna sorte, |
|
100 |
"O padre
santo, che per me ti sei adattato a scendere qua giù
(alla base della candida rosa), lasciando il dolce luogo
che ti è stato assegnato fin dall’eternità, |
103 |
qual è
quell' angel che con tanto gioco
guarda ne li occhi la nostra regina,
innamorato sì che par di foco?». |
|
103 |
chi è quell’angelo che
contempla con tanta gioia la nostra regina, tutto
ardendo del suo amore?" |
106 |
Così ricorsi
ancora a la dottrina
di colui ch'abbelliva di Maria,
come del sole stella mattutina. |
|
106 |
Con queste parole ricorsi
ancora all’insegnamento di San Bernardo, che,
contemplando Maria, si adornava (del suo splendore) come
la stella del mattino (Venere o Lucifero) si adorna (
della luce ) del sole ( che sta sorgendo). |
109 |
Ed elli a
me: «Baldezza e leggiadria
quant' esser puote in angelo e in alma,
tutta è in lui; e sì volem che sia, |
|
109 |
Ed egli mi rispose: "Tutta
l’esultanza e la letizia che si possono trovare in un
angelo e in una creatura umana, si raccolgono in lui; e
siamo felici che sia così, |
112 |
perch' elli
è quelli che portò la palma
giuso a Maria, quando 'l Figliuol di Dio
carcar si volse de la nostra salma. |
|
112 |
perché egli è colui che
fece l’annuncio a Maria, quando il Figlio di Dio volle
prendere su di Sé il peso della nostra natura corporea
(salma: letteralmente significa "peso", "soma"). |
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Portò la palma giuso a Maria:
come "segno della vittoria, ch'ella vinceva tutte
l'altre creature in piacere a Dio" (Buti). Spesso,
infatti, nell'arte figurativa, l'arcangelo annunciante
reca in mano una palma. |
115 |
Ma vieni
omai con li occhi sì com' io
andrò parlando, e nota i gran patrici
di questo imperio giustissimo e pio. |
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115 |
Ma segui ora con i tuoi occhi le mie
parole, e osserva i grandi dignitari di questo impero
giustissimo e santo. |
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I gran patrici di questo imperio: Dante si serve spesso
della terminologia feudale per indicare i santi del
paradiso (ad esempio: conti, baroni), ma in questo
momento le espressioni patrici, imiperio e, più avanti,
Augusta, si riferiscono più direttamente al mondo
romano. In questo momento il paradiso si offre a Dante
come l'archetipo perfetto dell'Impero che dovrebbe
governare, con "giustizia" e "pietà" (cfr. Paradiso XIX,
13), il mondo intero. |
118 |
Quei due che
seggon là sù più felici
per esser propinquissimi ad Agusta,
son d'esta rosa quasi due radici: |
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118 |
Quei due beati che siedono
in alto più felici (di tutti) per essere i più vicini a
Maria, l’imperatrice del cielo, sono quasi le due radici
di questa rosa: |
121 |
colui che da
sinistra le s'aggiusta
è il padre per lo cui ardito gusto
l'umana specie tanto amaro gusta; |
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121 |
colui che le siede accanto
(le s’aggio, sta: il verbo è formato con la preposizione
latina iuxta, "presso") è Adamo, il progenitore che per
aver osato gustare (il frutto proibito) è stato causa di
tanta amarezza per l’umanità; |
124 |
dal destro
vedi quel padre vetusto
di Santa Chiesa a cui Cristo le chiavi
raccomandò di questo fior venusto. |
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124 |
dalla parte destra vedi
San Pietro, il primo capo della Santa Chiesa, al quale
Gesù affidò le chiavi del paradiso. |
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Accanto alla Vergine siedono coloro che furono i
fondatori del popolo credente in Cristo venturo (Adamo)
e di quello credente in Cristo venuto ( Pietro): per
questo son d'esta rosa quasi due radici. Il Vandelli
nota che Adamo siede a sinistra, il lato meno nobile per
significare che la vecchia legge è meno nobile della
nuova, portata da Cristo. |
127 |
E quei che
vide tutti i tempi gravi,
pria che morisse, de la bella sposa
che s'acquistò con la lancia e coi clavi, |
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127 |
E San Giovanni
Evangelista, colui che, mentre era ancora in vita, ebbe
la visione di tutti i dolori attraverso i quali sarebbe
passata la Chiesa, la bella sposa che Cristo fece sua
con la morte in croce, |
130 |
siede lungh'
esso, e lungo l'altro posa
quel duca sotto cui visse di manna
la gente ingrata, mobile e retrosa. |
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130 |
siede accanto a Pietro, e
presso Adamo si trova Mosè, il condottiero sotto la cui
guida visse di manna il popolo ingrato, incostante e
restio (ad eseguire i suoi ordini). |
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San Giovanni Evangelista ebbe, ancora vivo, la profetica
visione delle avversità, delle persecuzioni, delle
difficoltà che avrebbero colpito, nel tempo, la Chiesa.
Tale visione fu da lui descritta nell'Apocalisse.
Mosè guidò gli Ebrei dall'Egitto verso la terra
promessa, attraverso il deserto, dove il popolo eletto,
spesso indocile e disubbidiente agli ordini del suo
condottiero, si cibò di manna miracolosamente caduta dal
cielo ( Esodo XVI, 13-35; Numeri XI, 7; Salmi LXXVIII,
24; Giovanni VI, 31-34). |
133 |
Di contr' a
Pietro vedi sedere Anna,
tanto contenta di mirar sua figlia,
che non move occhio per cantare osanna; |
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133 |
Di fronte a San Pietro
(nella parte opposta della rosa, a sinistra di San
Giovanni Battista) vedi sedere Anna (la madre della
Vergine), tanto felice di contemplare sua figlia, che,
sebbene canti ( con gli altri beati ) le lodi di Dio,
non distoglie il suo sguardo (dalla figura di Maria); |
136 |
e contro al
maggior padre di famiglia
siede Lucia, che mosse la tua donna
quando chinavi, a rovinar, le ciglia. |
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136 |
e di fronte ad Adamo, il
padre di tutta l’umanità, siede Lucia, che esortò
Beatrice a venire in tuo soccorso, quando tu tornavi a
volgere gli occhi verso il basso, dove stavi
precipitando. |
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Lucia, la santa martire siracusana, alla quale Dante fu
particolarmente devoto, fu colei che, per volere della
Vergine, pregò Beatrice di soccorrere Dante, allorché
questi, perduta la speranza dell'altezza (Inferno I, 54)
dopo l'apparizione delle tre fiere, stava di nuovo
precipitando nella selva oscura (Inferno I, 61). Per
l'intervento delle tre donne benedette in aiuto di
Dante, cfr. Inferno II, 52 sgg. |
139 |
Ma perché 'l
tempo fugge che t'assonna,
qui farem punto, come buon sartore
che com' elli ha del panno fa la gonna; |
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139 |
Ma poiché fugge il tempo che ti riempie
di sonno, ci fermeremo qui (nella rassegna dei beati),
come fa un buon sarto che confeziona la gonna secondo il
panno a sua disposizione; |
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L'interpretazione del verso 139 è molto controversa,
perché alcuni ritengono che qui Dante faccia riferimento
alla sua condizione di essere vivente, che non può
sopportare una lunga veglia: sarebbe quindi prossimo il
suo ritorno, dal mondo dell'eterno e dell'infinito, alla
terra. Il Barbi, invece, si richiama ad un'espressione
di Sant'Agostino, che così rappresenta il mistico
rapimento di San Paolo al terzo cielo: "quasi dormiens
vigilaret" (come se, dormendo, continuasse a restare
sveglio), e a quel passo del Purgatorio (canto XXIX,
verso 144) nel quale Dante presenta San Giovanni, autore
dell'Apocalisse, mentre avanza dormendo con la faccia
arguta, per concludere, molto giustamente, che il
tempo... che t'assonna è quello "assegnato alla
contemplazione dei più alti misteri divini, per i quali
occorre la totale astrazione dai sensi, e l'uomo riman
quindi come dormente". |
142 |
e drizzeremo
li occhi al primo amore,
sì che, guardando verso lui, penètri
quant' è possibil per lo suo fulgore. |
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142 |
e alzeremo gli occhi a
Dio, il primo amore, così che, guardando verso di Lui,
tu possa penetrare, per quanto è possibile, nel suo
fulgore. |
145 |
Veramente,
ne forse tu t'arretri
movendo l'ali tue, credendo oltrarti,
orando grazia conven che s'impetri |
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145 |
Tuttavia, affinché tu,
credendo di inoltrarti ( nella visione di Dio) con le
tue ali non retroceda invece (come avviene quando l’uomo
vuole giungere a Dio con le sue sole forze), è
necessario che tu chieda il soccorso della Grazia con la
preghiera; |
148 |
grazia da
quella che puote aiutarti;
e tu mi seguirai con l'affezione,
sì che dal dicer mio lo cor non parti». |
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148 |
questa grazia (si ottiene)
da Maria, colei che sola può aiutarti (in questo
momento); e tu accompagnerai la mia preghiera con
intensa devozione, in modo che il tuo cuore segua
fedelmente le mie parole”. |
151 |
E cominciò
questa santa orazione: |
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151 |
E incominciò questa santa
preghiera. |
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