Il Cellini
della vita
Io vorrei anzi rompermi la mia gamba di legno, che
lasciar passare l'opportunità di tornar a dire che noi
non abbiamo alcun libro nella nostra lingua tanto
dilettevole a leggersi quanto la Vita di quel Benvenuto
Cellini scritta da lui medesimo nel puro e pretto
parlare della plebe fiorentina. Quel Cellini dipinse
quivi sé stesso con sommissima ingenuità, e tal quale si
sentiva di essere: vale a dire bravissimo nell'arti del
disegno e adoratore di esse non meno che de' letterati,
e spezialmente de' poeti, abbenché senza alcuna tinta di
letteratura egli stesso, e senza saper più di poesia,
che quel poco saputo per natura generalmente da tutti i
vivaci nativi di terra toscana. Si dipinse, dico, come
sentiva d'essere, cioè animoso come un granatiere
francese, vendicativo come una vipera, superstizioso in
sommo grado, e pieno di bizzarria e di capricci; galante
in un crocchio di amici, ma poco suscettibile di tenera
amicizia; lascivo anzi che casto; un poco traditore
senza credersi tale; un poco invidioso e maligno;
millantatore e vano, senza sospettarsi tale; senza
cerimonie e senza affettazione; con una dose di matto
non mediocre, accompagnata da ferma fiducia d'essere
molto savio, circospetto e prudente. Di questo bel
carattere l'impetuoso Benvenuto si dipinge nella sua
Vita senza pensarvi su più che tanto, persuasissimo
sempre di dipingere un eroe. Eppure quella strana
pittura di sé stesso riesce piacevolissima a' leggitori,
perché si vede chiaro che non è fatta a studio, ma che è
dettata da una fantasia infuocata e rapida, e ch'egli ha
prima scritto che pensato; e il diletto che ne dà mi
pare che sia un po' parente di quello che proviamo nel
vedere certi belli, ma disperati animali armati
d'unghioni e di tremende zanne, quando siamo in luogo di
poterli vedere senza pericolo d'essere da essi tocchi ed
offesi. E tanto più riesce quel suo libro piacevole a
leggersi, quanto che, oltre a quella viva e natural
pittura di sé medesimo, egli ne dà anche molte rare e
curiosissime notizie de' suoi tempi, e specialmente
delle corti di Roma, di Firenze e di Parigi; e ne parla
minutamente di molte persone già a noi note d'altronde,
come a dire d'alcuni famosi papi, di Francesco primo,
del contestabile di Borbone, di madama d'Etampes e
d'altri personaggi mentovati spesso nelle storie di que'
tempi, mostrandoceli non come sono nelle storie
gravemente e superficialmente descritti da autori che
non li conobbero di persona, ma come apparirebbero
verbigrazia, nel semplice e familiar discorso d'un loro
confidente o domestico servidore; sicché io ne
raccomando la lettura a chiunque ama di leggere un bel
libro, assicurando ognuno che questo è proprio un libro
bello ed unico nel suo genere, e che può giovare assai
ad avanzarci nel conoscimento della natura dell'uomo. |