IL SITO DELLA LETTERATURA

 Autore Luigi De Bellis   
     

Critica letteraria

CINQUECENTO

 

 

 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 CRITICA DELLA LETTERATURA: IL CINQUECENTO

Gravità e piacevolezza del Furioso

Cose che in lui lodar si debbano, veggio io tante e tante, che alcuna non ce n'è che d'essere infinitamente esaltata non meriti. Et tra l'altre questa da tacere non è, ch'egli tanto leggiadramente ha saputo con le gravi cose le piacevoli mescolare; e con le travagliate le quiete; e con le affettuose quelle che nell'azione consistono; che con meraviglioso stupore dà diletto incredibile a chi il legge. La ove molti sono che o in doglianze, o in feste; o in guerra, o in pace; o in ire, o in amori con noia di ciascuno infinita sopra una sola parte di queste troppo si trattengono: e niente avveduti sono nel temperare l'una con l'altra. Sono le digressioni di questo poema e molte e diverse, si come l'uso e la ragione comporta: ma sono nientedimeno con il corpo della Francia assai conformi. Alla quale i nostri per lo più i loro avvenimenti ridotti hanno: come gli altri del già trascorso tempo alla Grecia i rapportavano. Quasi che questo distantissimo intervallo che tra Levante e Ponente si trova, conoscer ne faccia quanto diversa sia l'Heroica composizione dalla Romanzevole. Sono tuttavia esse digressioni insieme concatenate tanto, che alla fine ogni cosa con vaga unità per quanto questa poesia patisce, è debitamente guidata. Accompagnasi con gli Episodi] l'energia: la quale se in alcuno scrittore apparente si vede; vedesi ella massimamente in questa opera. Perciocché versando ella nelle descrizioni, molte vi n'abbiamo espresse sì, che ogni minuta cosa che con decoro dir si possa, chiarissimamente vi si vede. Si come è quella di Parigi e di Damasco: quella della casa del sonno, e della fabbrica fornita di statue: quella della fontana a figure intagliata...
E oltre a fortezze e a porti, e mari e fiumi e valli e laghetti e alpi e monti e colline e piagge nel cospetto ci pone più volte e più. Et ove soffiar vento bisogna, o tonare, o discender acqua dal cielo, o lampeggiare, è benissimo a tutto ciò apparecchiato. All'ordine parimenti si trova in metterci in disegno i segni del Zodiaco secondo il tempo ch'alcuno d'essi ricerca. Indi in vari modi la Primavera e l'Autunno veggiamo: e l'Estate e il Verno: e il Giorno tuttavia e la Notte; e quando sono in colmo; e quando cominciano; e quando finiscono.
Le bellezze d'Olimpia sono con maggior vivacità dipinte che se con colori lineate fossero, e sono larghissimamente trattate. Benché prima su quelle d'Alcina assai disteso si sia il parlare, e ambi questi due luoghi c'hanno un istesso soggetto son molto vicini, e tanto l'uno alla perfezione riguarda, quanto l'altro. E quello ch'è stupendo, è diversità grandissima nell'uno e nell'altro. Né si smarrì il Poeta nell'esporre questa medesima Olimpia all'Orca, quantunque poco dianzi legata fosse al sasso Angelica, pur per l'effetto medesimo. Le quali due somiglianze sono notabilmente dissimili. Et altre volte altresì ha due cose d'una istessa materia con gran diversità e con grande ampiezza trattato: come due naufragi, due cataloghi di gente da guerra, e due assalti di due terre, e altre imprese. E non pur tre o quattro volte; ma ancora più: come Duelli a piè, e a cavallo: e particolari abbattimenti succeduti a caso. E poi generali battaglie, e fatti d'arme: e giostre ancora e feste e trionfi e nozze e essequie e presure e incendi e uccisioni quanto il bastevole comporta. E l'impacciarsi in somiglianti cose bene spesso o toccate, o maneggiate non gli lieva l'ardire. Né è men bello e compiuto in un lato che in un altro. Né una giovane da una vecchia il disgiugne: né una vaga donna da una sozza: né un uomo gentile e bello da uno robusto e fiero. Né fiere ch'egli si pigli o monstri overo creature umane o divine gli togliono quelle cose che d'intelletto mancano e di senso. Né dalla penna gli esce qualche parte che strettissima debba essere, se ben egli in qualche lunga tirata prima s'è compiaciuto. Ma che dirò delle Comparazioni, che tutte ad una ad una divinissime sono Chi meglio le usate in altra lingua in Volgar verso riduce? Chi meglio formane da se stesso di nuove? Chi più a tempo di loro si serve? Chi più con esse ogni qualità altera, e in accrescere e in diminuire, e in far leggere le cose gravi, e in far alte le basse, e in recare ornamento e a queste e a quelle? E mestiero in lui solo talmente a perfezione ridotto, ch'a volere una magnifica cosa comprendere in proverbio s'è tratto: le comparzioni dell'Ariosto. Quasi che come ciascuno de' sette miracoli del mondo nella regione in che è, è tanto nominato, che tacesi d'ogni altra macchina che vi sia; che così queste in costui tutte l'altre grandezze occupando, elle sole il titolo portino d'ogni eccellenza.

Giovan Battista Pigna

© 2009 - Luigi De Bellis