Naturalezza e serenità nel Furioso
Nel Furioso la tela sviluppasi di soverchio, e la
memoria può appena giovarci nel tener dietro a tante
complicazioni sino alla fine. I vari casi non riescono
ad una grande catastrofe, né sorgono fuori dalla
principale azione del poema. Molti canti potrebbero
mettere insieme un'altra opera che stesse da sé, nella
quale non troveremmo avventura che avesse la menoma
relazione con Orlando furioso o con Parigi assediata. I
cavalieri si urtano l'uno coll'altro, e appunto quando
chi legge si fa più sollecito d'ascoltare il séguito de'
loro casi, e più curioso di saperne la fine, il poeta
interrompe d'un tratto e svagasi altrove; e poiché non
ripiglia la narrazione interrotta finché il lettore non
l'abbia quasi dimenticata, ci ricomincia con alcune
ottave le quali ne contengono in breve le più notabili
circostanze. Ma rammentiamoci che la consuetudine aveva
legittimato un tal metodo, e che il poema cavalleresco
era fatto per essere recitato.
L'Ariosto aveva pensato sull'arte e sul gusto de' suoi
coetanei, e una lunga esperienza gli aveva giovato. El
tenevasi certo del buon effetto del suo poetare poiché,
parlando col Pigna di altro poema da sé ideato, gli
disse che non si sarebbe partito da quel suo metodo di
complicare l'azione principale frapponendovi gran
varietà di favole secondarie, le quali, sebbene possano
sviare chi legge, pure hanno virtù di colpirgli la
fantasia, e di strascinarlo alla catastrofe del poema
dove si vede lo scioglimento delle varie avventure.
Facile il disegnare, ma l'eseguire è cosa difficile
anche ai grandissimi. Nel Furioso le persone principali
scompariscono lungo tempo innanzi la fine. Elena piange
sul corpo di Ettore nell'ultimo dell'Iliade; Angelica,
che è la cagione del 'furore di Orlando e di guerre sì
fiere, è perduta da noi di vista prima d'essere giunti a
metà del poema. Pur tali osservazioni non montano,
poiché ci avvediamo di aver ragione, e nondimeno
intendiamo che il poeta non crede bene di dover far caso
delle nostre ragioni. Egli inebria la fantasia, vuole
che quanto a sé piace piaccia anco a noi, che solo
vediamo ciò ch'egli vede. - Palazzi aerei - Fate -
l'anello che rende invisibile chi lo tiene - la lancia
d'oro,
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Ch'al fiero scontro abbatte ogni giostrante, |
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- il cavallo alato - la salita alla luna, e tante altre
strane finzioni che negli altri poeti ci divertono e
insieme ci movono a compassione sulla credulità della
moltitudine, vengono tutte rappresentate dall'Ariosto
come se fossero creazioni fantastiche veramente della
natura. Che se vi pensiamo alcun poco, non possiamo loro
dar fede; pure, mentre leggiamo, è appena possibile di
soffermarci a pensare. L'Ariosto ci padroneggia ognor
più tra per la sospensione nella quale ci tiene una
serie tanto variata di casi, e per la confusione che
questi producono nella memoria. Nell'istante medesimo
che la narrazione di un'avventura ci scorre innanzi come
torrente, questo diventa secco ad un tratto, e subito
dopo udiamo il mormorio di ruscelli di cui avevamo
smarrito il corso, desiderando pur sempre di tornare a
trovarlo. Le loro acque si mischiano, poi tornano a
dividersi, poi si precipitano in direzioni diverse;
talché il lettore rimansi piacevolmente perplesso al
pari del pescatore, che attonito all'armonia de' mille
stromenti che suonano nell'isola di Circe, pende le
reti.
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...Stupefatto
Pende le reti il pescatore, ed ode. |
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