La cultura del tempo di Dante
Il Sapegno presenta il quadro della cultura dello scorcio
del Duecento, mettendo in particolare rilievo come, accanto
al persistere ancora vigoroso delle grandi costruzioni
filosofiche e teologiche e delle strutture politiche e
sociali proprie del sistema feudale, si avvertano i segni di
profondi rivolgimenti e crisi. Dante riassume in sé,
soffrendole a fondo, queste contraddizioni e le traduce
nella complessità drammatica del suo mondo poetico,
sottoposto, tuttavia, a una salda visione unitaria.
Quanto al modo della genesi della Commedia, il discorso
tende a farsi anche più complesso e arduo; se è vero che, ad
intendere appieno il significato di un'opera, la quale è non
solo il maggior poema della nostra letteratura, ma per così
dire il compendio e il supremo fastigio di tutta la civiltà
europea medievale, l'indagine dovrà essere estesa, ben al di
là delle scarne notizie biografiche, e oltre la stessa
personalità individuale dello scrittore, nel senso della
ricostruzione totale di un patrimonio unitario e secolare di
dottrine filosofiche e teologiche, giuridiche e politiche,
di esperienze letterarie e di canoni rettorici, di
tradizioni storiche e di cronaca vissuta, nell'ambito di un
orizzonte che supera di molto i limiti di una particolare
comunità nazionale e linguistica e tende a spaziare fino
agli estremi confini della cristianità. E parrà ovvio
anzitutto osservare che l'opera nasce in un momento di
suprema fermentazione e di miracoloso quanto instabile
equilibrio, sulla soglia di una crisi, che sta per investire
e che ben presto travolgerà l'assetto dell'Europa cristiana,
scardinando le sue basi ideali e distruggendo ad uno ad uno
gli schemi della sua organizzazione politica. Nel corso del
secolo XIII l'erudizione storica e scientifica del Medioevo
e l'immenso lavorio della speculazione scolastica hanno
trovato ormai il loro assetto definitivo e relativamente
immobile in un complesso vistoso di repertori, di
enciclopedie e di summae, che rappresenta una delle più
grandiose ed organiche sistemazioni del sapere umano che mai
siano state ideate da Aristotele in poi, ma già ai margini
di questo sistema e dal seno medesimo di esso, sorge tutta
una problematica nuova, irrequieta e frammentaria, che pur
rispettando le linee fondamentali della costruzione e i
criteri metodologici della ricerca, anzi esasperandone
talora l'estremo indirizzo razionalistico, tende, sebbene
inconsapevolmente, a corrodere l'armonia della struttura e a
spostare pericolosamente il piano dell'indagine. La
filosofia, senza rinnegare apertamente il presupposto
teologico, già comincia ad affermare timidamente la propria
autonomia ed accoglie in sempre più larga misura elementi
mondani ed ereticali. La concezione provvidenziale,
agostiniana, della storia non riesce più ad aderire
interamente alla varietà e molteplicità del reale, mentre la
storiografia spicciola fa sempre più largo campo alle
faccende, alle passioni, ai contrasti della vita d'ogni
giorno. Le dottrine politiche non rinunziano allo schema
delle due autorità universali e dibattono il problema dei
rapporti fra la Chiesa e l'Impero, che anzi proprio in
quegli anni attinge da una parte e dall'altra alle sue
formulazioni più rigorose e sistematiche; ma intanto quello
schema si vien facendo più duttile, più ricco di contenuto
particolare e concreto; mentre, accanto alle istituzioni
universali già in fase di rapida decadenza, sorgono e
prosperano le nuove formazioni statali, si consolidano le
monarchie nazionali, i comuni lacerati da aspre lotte
interne evolvono a poco a poco verso le signorie; e intanto,
nell'attrito della dolorosa esperienza quotidiana, si fa
strada nelle coscienze il contrasto fra quegli ideali
immobili di giustizia e di ordine e la realtà corrotta,
iniqua, caotica e turbolenta dei contrasti di interesse e di
predominio. Nell'assetto sociale sono ancor vive, e
dureranno a lungo, le rigide strutture economiche e
giuridiche del sistema feudale, con i congiunti ideali di
vita cortese e cavalleresca e i severi rapporti di
distinzione e subordinazione tra i diversi ceti, nonché fra
i due grandi ordini del clero e del laicato; ma in quel
quadro già s'avvertono incrinature e contraddizioni
profonde, già si delineano i segni. di una realtà nuova, con
la rapida ascesa degli elementi cittadini e borghesi, mentre
il concetto della nobiltà di sangue si evolve in quello,
assai più mobile e aperto, della gentilezza e virtù
individuale, e prendono rilievo, diventando consapevoli
della loro forza, i valori effettivi che, nel seno delle
singole comunità, operano, al di fuori e spesso in contrasto
con le gerarchie teoricamente riconosciute, l'incessante e
sempre più intenso modificarsi dei rapporti di egemonia:
intelligenza, astuzia, intraprendenza, potenza di súbiti e
vasti guadagni. Prevalgono tuttora nella letteratura
l'esigenza dottrinale e il fine moralistico, con una netta
distinzione e quasi contrapposizione degli elementi
contenutistici e formali, della materia sapienziale e della
disciplina tecnica e rettorica, che a quella materia si
adatta dall'esterno con un processo di adeguazione
illustrativa, decorativa od ornamentale, regolato da precisi
schemi intellettualistici; ma in quegli schemi si avverte
ora il lievito di una sensibilità nuova, più mossa ed
articolata, subentra una molteplicità di atteggiamenti e di
reazioni individuali; sullo sfondo anonimo e immobile delle
idee, dei sentimenti e dei moduli espressivi affiorano
singole situazioni drammatiche e liriche, si ergono le prime
figure nettamente caratterizzate dei poeti nuovi, e mentre
sorge un gusto più accorto, una nuova maniera più intensa di
leggere ed assimilare gli esempi della poesia classica, già
si elabora per i diversi usi quotidiani una sempre più ricca
e varia letteratura di confessione e di intrattenimento, con
una crescente autonomia di intendimenti e di funzioni più
propriamente estetici, non più asserviti a uno scopo
strettamente pedagogico, anzi assai spesso dettati da un
impulso schiettamente affettivo o da un proposito vagamente
edonistico. E intanto, accanto e quasi in contrasto con la
lingua dotta e universale della cultura scolastica, che
tende a fissarsi in immobili schemi lessicali e
grammaticali, s'accampa lo strumento nuovo degli idiomi
volgari e prende a poco a poco coscienza della sua dignità e
della sua potenza espressiva. Dante partecipa, anzi é tra i
rappresentanti e gli artefici più notevoli, di questo
momento della civiltà che conclude il Medioevo e prepara il
Rinascimento: in lui l'ascetismo religioso e la sapienza
teologica vivono accanto alla curiosità degli umani
contrasti e degli aspetti naturali; l'anelito del
trascendente non distrugge né soffoca l'ansiosa
considerazione degli eventi politici; il lungo studio dei
filosofi scolastici non contrasta con il grande amore della
letteratura e della lingua nuova e insieme con
l'appassionata ricerca e imitazione dei poeti classici; il
proposito didattico e la concezione allegorica della poesia
si alleano con una fede ferma e apertamente dichiarata
dell'arte, non pur come mezzo e disciplina rettorica, sì
anche in quanto valore autonomo di bellezza. In maniera più
esatta si potrà affermare che nella personalità
dell'Alighieri confluisce, e per così dire si esemplifica,
con una consapevolezza quale in nessun altro si ritrova
altrettanto chiara vigorosa e drammatica, la crisi degli
istituti e delle forme della civiltà medievale; mentre la
sua opera rappresenta l'estremo e supremo sforzo per
superare quella crisi e restaurare l'equilibrio ormai
compromesso. La salda quadratura mentale ed etica e la
conseguente esigenza di una concezione armonica e coerente,
di una robusta sistemazione teorica dei dati
dell'esperienza, anziché indurlo, come avverrà nei suoi
immediati successori, ad acquetarsi nell'avvenuta
frantumazione e dissoluzione di quegli schemi
intellettualistici, porta piuttosto il poeta a riaffermarne
con appassionata fede l'insostituibile e perenne validità;
Senza respingere e rinnegare nessuno degli elementi vivi,
che affiorano nella nuova realtà intellettuale e morale,
sociale e politica, del suo tempo, rivolge il suo intento à
ricomporli e reinserirli nella complessa unità del sistema;
investe quella realtà con tutte le armi del ragionamento e
dell'eloquenza, dell'invettiva, della predicazione e della
satira, con una fiducia continuamente insidiata, ma che ogni
volta risorge più fiera e battagliera, nella possibilità e
necessità di una sintesi intellettuale, che si proponga come
strumento infallibile di giudizio e guida sicura dell'umano
operare. In questo contrasto, non sopito, ma dominato da una
volontà di certezza, è il momento drammatico sempre presente
nella poesia di Dante: la ragione del suo dilatarsi e
spaziare in una gamma infinita di sentimenti terrestri, e
insieme della rigorosa struttura che si sovrappone a quella
materia informe e multiforme e la riassorbe e l'inquadra
nell'ordinato flusso di una concezione unitaria, dove tutte
le contraddizioni e le lacerazioni si risolvono, si
giustificano e si chiariscono. Si che anche l'arte, pur
sentita come non mai nel suo valore specifico e nella sua
potenzialità inesauribile, non si rassegna a rinchiudersi
nei cancelli di un raffinato lirismo o a sviarsi nei
labirinti di una dilettosa fantasia; non rinnega, anzi
accentua, la sua qualità strettamente funzionale e il suo
compito in largo senso educativo; fino a proporsi, nella
fase estrema della cultura scolastica, quando gli schemi
elaborati dai pensatori sembrano ormai incapaci nella loro
astrattezza ad aderire alla molteplicità e all'irrequietezza
dell'esperienza viva, come un nuovo strumento più agile ed
appropriato di esposizione di quella realtà concettuale, con
una capacità, a paragone dei trattati e delle summae, di
gran lunga piú vasta di persuasione, di esortazione e di
stimolo, più direttamente efficace ed estesa senza limiti
nello spazio e nel tempo. |