Fantasia
filosofica e filosofia fantastica
Quando ad un genio artistico sovrapotente si congiunge una
vivace disposizione riflessiva, può accadere che il poeta
ponga bastoni nelle ruote al pensatore e viceversa. Entrambi
i casi si verificarono in Dante.
Lo spettacolo più singolare però lo si ha non quando il
poeta viene interrotto e danneggiato dal pensatore, ma
piuttosto quando il pensatore riflette sopra le visioni del
poeta, dandogli motivo di svilupparle nell'uno o nell'altro
senso, e facendogli da ultimo prendere l'oro della fantasia
per moneta corrente.
Nei conosciamo già un esempio di tal genere. Come filosofo,
Dante negava, a1 pari dì Tomaso, il concetto della materia
spirituale. Sostanze intelligibili come gli angeli o le
anime dei defunti venivan da lui concepite come immateriali.
invece, come poeta, egli le riveste di un corpo di ombra; ma
poscia finisce col credere egli stesso ingenuamente alla
realtà di tale corpo poetico e si fa spiegare seriamente da
Stazio, quasi si trattasse di un fatto positivo, il come e
il perché del fenomeno. Oppure: egli giunge peregrinando
alle rive del fiume infernale Flegetonte, la cui sorgente
non esiste che nella fantasia del poeta. Ciò non ostante
egli domanda della sorgente geografica e si fa raccontare la
saga misteriosa del vecchio di Creta. Vede nell'inferno
pareti di roccia infrante e ponti rotti, e apprende che tale
danno venne cagionato dal terremoto del Golgota. Gli accade
di osservare che alcuni spiriti predicono il futuro e che
altri non conoscono neppure il presente, ed ecco si fa
spiegare la dottrina della conoscenza nei trapassati.
Insomma non v'è miracolo poetico, intorno al cui fondamento
questo razionalista si scordi di indagare.
Ma qui sta appunto un grande segreto dell'arte sua. Ciò
ch'egli crea con la fantasia, lo considera sul serio anche
intellettualmente. Egli va sezionando i suoi sogni come
fossero fatti storici. La sua critica perspicace,
lasciandosi imprigionare dalla propria illusione poetica,
imprigiona al tempo stesso i lettori. Il confine fra la
realtà empirica e la poesia scompare...
Non è solo il potere della fantasia, ma è pure la forte
impronta filosofica di essa, che ci fa apparire reale il
mondo poetico della Commedia. Anche l'Ariosto e il La
Fontaine ci hanno posto innanzi colla più vivace evidenza il
mondo meraviglioso delle loro fole. Ma noi sappiamo bene
come dobbiamo comportarci a loro riguardo. Invece dinanzi al
poema di Dante il pubblico medievale dovette seriamente
domandarsi se il suo Inferno non fosse di fatto l'Inferno ed
il suo Purgatorio il vero Purgatorio.
Poiché una cosa era sicura: il suo Paradiso era davvero il
Paradiso. 1 dieci cieli inarcantisi sopra la terra egli non
li aveva inventati; la esistenza e le forme ne erano
scientificamente provate. E tutto l'edificio si fonda su
questa base astronomica; sicché la luce
astronomica-teologica del Paradiso getta sulla costruzione
dantesca del Purgatorio e dell'Inferno il miraggio
abbagliante della realtà.
Una sciocca critica positivistica, che non sa afferrare il
carattere filosofico, l'invigorimento scientifico, la
sublimazione critica e teologica, il fondamento religioso
della fantasia dantesca, si affatica oggi ancora a cercare
in questo o in quell'anfiteatro romano, in questo o in quel
cratere vulcanico il modello dell'Inferno dantesco, e in
questo o in quel colle arrotondato il modello del
Purgatorio. Questa è ricerca delle fonti fatta col criterio
d'un collezionista di cartoline illustrate!
Invece, basta partire dal sistema celeste
tolemaico-cristiano, per comprendere la costruzione degli
altri due regni; imperocché in quello sta la loro vera
origine. Con ciò non si deve negare che la fantasia del
poeta tragga nutrimento anche dalla realtà terrestre
specialmente trasportando nell'al di là linee e colori del
paesaggio italiano. Ma per lo più tali quadri servono
piuttosto alla decorazione che non alla costruzione: l'idea
costruttiva del poema è sopra tutto speculativa e teologica,
qual doveva essere d'un fantasiare disciplinato dalla fede e
dalla scienza. L'armatura ne venne formata secondo le misure
del simbolismo e del parallelismo; sicché noi possiamo
prenderci l'ardire di ricostruire la concatenazione delle
idee del poeta, seguendo il ritmo stesso del suo spirito,
ossia la sua fantasia concettuale. Se una simile
ricostruzione non sarà forse esatta, sarà però certo
approssimativa, verosimile, e istruttiva...
Simili edifici ideali sono poesia al servizio di una
concezione del mondo preformata, quindi costruzione
cosciente e sistematica di miti; sono, in fondo, ciò che era
la stessa teologia medievale. La domanda qual'è l'aspetto
dell'Inferno? non è per Dante un problema poetico, bensì una
questione teologica. Egli non giuoca con la fantasia a
figurarsi come l'Inferno possa apparire; ma deduce e
costruisce come - data l'esattezza dei calcoli, e fatta
riserva di errore - esso debba apparire. Ritengo dunque
assolutamente impossibile distinguere accuratamente caso per
caso e tenere distinto quanto Dante sapesse di aver
inventato come poeta da quanto egli credesse di aver
scoperto come teologo. Figlio fedele della Chiesa, egli
riteneva per lo meno probabile la partizione del Purgatorio
secondo i sette peccati mortali. Avrà egli creduto
inverisimile quella divisione morale dell'Inferno, che egli
stesso aveva costruita? Ed era per lui materia di
convinzione o di persuasione il fatto delle anime, che si
raccolgono alla foce del Tevere, vicino alla Roma dei Papi,
aspettando il loro destino? Chi può decidere ove graviti il
centro di tali simboli, se nella poesia o nella scienza? O
si crede forse che Dante abbia posto per ischerzo i suoi
nemici, e persino alcuni dei suoi più cari amici,
nell'Inferno? A nessun poema si intese mai dare un
fondamento più rigorosamente scientifico, né più oggettivo;
mai poeta fu così coscienzioso. Noi non conosciamo nella
letteratura mondiale alcun altro lavoro artistico, che sia
così profondamente penetrato di filosofia.
Una volta o l'altra però doveva ben destarsi anche in Dante
la coscienza critica, la coscienza cioè che egli stava
piantando, a guisa di un giardiniere artista, delle favole
variopinte sul sacro suolo della realtà ultraterrena, per
sua natura diafana ed incolore. Sono noti i passi del poema,
nei quali egli accenna agli elementi di sogno e di finzione,
all'inconsistenza delle sue figurazioni, e disincanta se
stesso e il lettore. Non si dovrà attendere tuttavia da lui,
poeta, che sapesse distinguere sempre e dappertutto
quant'egli credeva per fede o perché dato teologico, da
quanto gli porgeva l'invenzione personale o la tradizione
leggendaria. Qual genio poetico può sottrarsi a simile
illusione? Benedetta illusione del resto. Il poeta pensa
d'essere sulla via delle Indie, ed ecco scopre un mondo
nuovo; pensa di descrivere Paradiso e Inferno quali sono in
realtà e crea un'epopea mitica. |