Dante poeta del Medioevo
Per il De Sanctis la Commedia è il monumento epico del
Medioevo, quel Medioevo che il critico romantico concepiva
come dominato da astratte concezioni teologiche. Di qui
dipendono, sempre secondo il critico, gli aspetti caduchi
dell'opera dantesca, mentre la novità e la forza di questa
poesia consistono nella suprema capacità di impossessarsi
della realtà e della storia.
Che cosa è dunque la Commedia? È il medio evo realizzato,
come arte, malgrado l'autore e malgrado i contemporanei. E
guardate che gran cosa è questa! Il medio evo non era un
mondo artistico, anzi era il contrario dell'arte. La
religione era misticismo, la filosofia scolasticismo. L'una
scomunicava l'arte, abbruciava le immagini, avvezzava gli
spiriti a staccarsi dal reale. L'altra viveva di astrazioni
e di formole e di citazioni, drizzando l'intelletto a
sottilizzare intorno a nomi e alle vacue generalità che si
chiamavano «essenze». Gli spiriti erano tirati verso il
generale, più disposti a idealizzare che a realizzare: ciò
che è proprio il contrario dell'arte. Ne' poeti semplici
trovi il reale rozzo, senza formazione, come nei misteri,
nelle visioni, nelle leggende. Nei poeti solenni trovi una
forma o crudamente didascalica o figurativa e allegorica.
L'arte non era nata ancora. C'era la figura; non c'era la
realtà niella sua libertà e personalità.
Dante raccoglie da' misteri la commedia dell'anima, e fa di
questa storia il centro di una sua visione dell'altro mondo.
Tutta questa rappresentazione non è che senso letterale: la
visione è allegorica, i personaggi sono figure e non
persone; ma ciò che è attivo nel suo spirito lo porta verso
la figura e non verso il figurato. La sua natura poetica,
tirata per forza nelle astrattezze teologiche e scolastiche,
ricalcitra e popola il suo cervello di fantasmi, e lo
costringe a concretare, a materializzare, a formare anche
ciò che è più spirituale e impalpabile, anche Dio. Quel
mondo letterale lo ammalia, lo perseguita, lo assedia e non
posa che non abbia ricevuta la sua forma definitiva e non è
più lettera ma è spirito, non è più figura ma è realtà; è un
mondo in sé compiuto e intelligibile, perfettamente
realizzato. Visione e allegoria, trattato e leggenda,
cronache, storie, laude, inni, misticismo e scolasticismo,
tutte le forme letterarie e tutta la cultura dell'età sta
qui dentro inviluppata e vivificata, in questo gran mistero
dell'anima o dell'umanità; poema universale, dove si
riflettono tutti popoli e tutti i secoli che si chiamano il
«medio evo».
Ma questo mondo artistico, uscito da una contraddizione tra
l'intenzione del poeta e la sua opera, non è compiutamente
armonico, non è schietta poesia. La falsa coscienza poetica
disturba l'opera di quella geniale spontaneità, e vi gitta
dentro un tentennare, un non so che di mal sicuro e di non
compiuto, una mescolanza e crudezza di colori. E pensiero,
ora nella sua crudità scolastica, ora abbellito d'immagini
che pur non bastano a vincere la sua astrattezza, vi ha
troppo gran parte. Le sue figure allegoriche ricordano
talora più i mostri orientali che la schietta bellezza
greca; personificazioni astratte, anzi che persone conscie e
libere. Preoccupato del secondo senso che ha in mente,
spesso gli escono particolari estranei alla figura, che
turbano e distraggono il lettore e gli rompono l'illusione.
La presenza perenne di un altro senso, che aleggia al di
sopra della rappresentazione ed introducevisi a quando a
quando, ne turba la chiarezza e l'armonia. Anche lo stile,
inviluppato alcuna volta in rapporti lontani e sottili,
perde la sua lucidità e riesce intralciato e torbido.
Non è un tempio greco: è un tempio gotico, pieno di grandi
ombre, dove contrari elementi pugnano, non bene armonizzati.
Ora rozzo, ora delicato. Ora poeta solenne, ora popolare.
Ora perde di vista il vero e si abbandona a sottigliezze,
ora lo intuisce rapidamente e lo esprime con semplicità. Ora
rozzo cronista, ora pittore finito. Ora si perde nelle
astrattezze, ora di mezzo a quelle fa germogliare la vita.
Qui cade in puerilità, là spicca il volo a sopraumane
altezze. Mentre tiene dietro a un sillogismo, brilla la luce
dell'immagine; e mentre teologizza, scoppia la fiamma del
sentimento. Talora ti trovi innanzi ad una fredda allegoria,
quando tutto ad un tratto vi senti dentro tremare la carne.
Talora la sua credulità ti fa sorridere, talora la sua
audacia ti fa stupire. Fu un piccolo mondo, dove si
rifletteva tutta l'esistenza, com'era allora. 1 contrari
elementi, che fermentavano in una società ancora nello stato
di formazione, contendevano in lui, e senza che ne avesse
coscienza. Se guardi alle sue aspirazioni, tutto è armonia.
Filosofo, pensa il regno della scienza e della virtú.
Cristiano, contempla il regno di Dio. Patriota, sospira al
regno della giustizia e della pace. Poeta, vagheggia una
forma tutta luce e proporzione e armonia, «lo bello stile»:
il suo autore è Virgilio. Maggiore era la barbarie e la
rozzezza, e più si vagheggiava un mondo armonico e concorde.
Ma il poeta è inviluppato egli medesimo in quella rozza
realtà e in quelle forme discordi; e ne sente la puntura, e
gli manca la serenità dell'artista. E gli esce dalla
fantasia un mondo dell'arte in gran parte realizzato, ma
dove pur trovi gli angoli e le scabrosità di una materia non
perfettamente doma. |