L'ultima pagina della "Commedia"
L'analisi delle ultime terzine della Commedia permette al
critico di indicare per quali gradi si attua poeticamente la
suprema esperienza mistica e intellettuale di Dante.
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Cosí la mente mia, tutta sospesa,
mirava fissa, immobile e attenta,
e sempre di mirar faciesi accesa.
A quella luce cotal si diventa,
che volgersi da lei per altro aspetto
è impossibil che mai si consenta;
però che 'l ben, ch'è del volere obietto,
tutto s'accoglie in lei; e fuor di quella
è defettivo ciò ch'è lì perfetto. |
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È qui il
vertice dell'esperienza del poeta-pellegrino: in questa
assorta contemplazione in cui l'anima si appaga e da cui non
potrebbe distogliersi, e a dirne la beatitudine gli soccorre
un vero e proprio sillogismo, un ragionamento, tradotto e
compendiato, di San Tommaso, che viene a far parte
integrante del passo, divenuto cosa poetica anch'esso per
virtù di ritmo, conclusione necessaria di quel periodo
poetico. Si riconosceranno in questo contemplante quanti
hanno speculato le dolcissime verità: né parrà strano che
così, non diversa da una assorta meditazione di altissimi
veri, si sia configurata al poeta nostro la visione divina,
come non parrà strana e poco conveniente al momento e al
soggetto la similitudine del geometra, che ci aveva dapprima
lasciato dubbiosi. Anche quella similitudine è conforme
all'ardore di tutto vedere, di tutto comprendere da cui
Dante è preso, a quella mancanza di abbandono, per cui la
sua persona ci sta dinanzi sino agli ultimi versi simile a
quella che ha fitto lo sguardo nelle tenebre infernali,
negli aspetti diversi dei regni dell'Oltretomba, per
divenire esperta dei vizi e del valore, simile a quella che
nella Commedia e nel Convivio abbiamo veduta intesa alla
ricerca e all'apprendimento del vero. Ogni verità aveva per
lui un valore religioso, era, per quanto insufficiente ad
appagare il nostro desiderio che soltanto dalla verità
ultima può essere appagato, un passo verso quella verità:
perciò nel geometra giunto a uno di quei limiti che la
scienza trova a un certo punto dinanzi a sé, e ricercante il
principio che gli permetta di misurare il cerchio, egli ha
potuto vedere, senza timore di essere irriverente,
un'immagine di se medesimo, che cerca invano di intendere
come la nostra natura si unisca con la divina. Non è tutta
l'anima del geometra nella sua ricerca?
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Qual è 'l geometra che
tutto s'affige
per misurar lo cerchio, e non ritrova,
pensando, quel principio ond'elli indige... |
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Alla fine soltanto scompare la persona del poeta: quando per
un nuovo miracolo, senza che le forze sue più vi abbiano
parte, si compie il suo desiderio e vien meno ad un tempo la
profonda visione.
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Ma non eran da ciò le proprie penne:
se non che la mia mente fu percossa
da un fulgore in che sua voglia venne.
A l'alta fantasia qui mancò possa... |
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Dio solo campeggia ora, e col suo nome, come doveva, termina
il poema: Dio, alla cui volontà si conforma ormai la volontà
del poeta, sì che non gli può essere dolorosa la rinuncia.
Ma nemmeno qui l'individuo si sprofonda e si annulla nella
divinità. Non in un abisso di amore si sente il lettore
portato col suo poeta, bensì levando gli occhi dal libro
contempla dal suo banco l'universo tutto, in cui ogni essere
è mosso dall'amore di Dio: l'universo che aveva col poeta
trasceso e che ora gli sta di nuovo dinanzi con le sue piú
alte creature e prima fra tutte «il padre d'ogni mortal
vita», «il ministro maggior della natura», il Sole.
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Ma già volgeva il mio disio e 'l velle,
sì come rota ch'igualmente è mossa,
l'amor che move il sole e l'altre stelle. |
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