LA POESIA GIOCOSA DEL DUE E
TRECENTO
La poesia giocosa non va letta - avverte il Marti in
queste pagine - come espressione diretta di esperienze e
circostanze biografiche, ma come frutto di un «gioco»
prevalentemente letterario, che va dal puro gusto
dell'espressione plebea e dello scherno al tentativo di
rappresentare una realtà quotidiana e corposa, che si
discosta o si oppone al mondo stilnovista.
Nel fervido panorama culturale, cosí suggestivo ed
avvincente, che offrono allo studioso i primi capitoli
della nostra storia letteraria, mentre agli ultimi
aneliti di una letteratura in lingua latina
s'intrecciano spontaneamente e naturalmente vi si
inseriscono le prime voci di una nuova umanità in lingua
volgare in una innegabile continuità di ideali e di
passioni, un gruppo di poeti chiassosi e scapigliati è
facilmente riconoscibile: Rustico, Cecco, Meo, Folgore,
Cenne... Hanno una comune visione della vita,
godereccia, sensuosa, realistica, antiplatonica; una
comune poetica di opposizione allo stile «tragico» e di
predilezione dello stile parlato, pedestre, « comico»:
sono i poeti che noi abbiamo scelto di chiamar
«giocosi», con parola che vuol individuare la loro arte
e la loro personalità. «Giocoso», infatti, a noi sembra
intensamente comprensivo di tutti gli altri
qualificativi con i quali sono stati fin qui indicati
quei poeti, essendo termine ricco di un duplice valore
psicologico e stilistico; e «giocoso» assorbe in sé
anche le precise indicazioni di «realistico» e di
«comico», poiché l'antico poeta giocoso, per sua natura,
operava sempre in tacita o aperta polemica con
l'idealismo letterario di Provenza, di Sicilia, di
Toscana, oltre tutto per sazietà e per fastidio; e si
ispirava, di conseguenza, ai dettami che le varie Artes
dictandi suggerivano per uno stile mezzano o basso, per
lo stile «comico», appunto. Del resto, «giocosa» fu
sempre chiamata la poesia del Berni, il quale non è il
creatore, non il punto di partenza di una poesia «tolta
in giuoco» come ben la definì Benedetto Croce, ma un
solido punto di arrivo, un rielaboratore (sapiente e
litteratissimo rielaboratore!) dei temi e della tecnica
giocosi, quali si erano formulati e maturati da Rustico
a Cecco, al Burchiello, al Pistoia, al Pulci. Pure di
res jocosa e di sermo jocosus sulla scorta della poetica
oraziana trattavano le citate Artes, ad illustrare quel
particolare genere, quei temi, insomma, d'obbligo, e la
tecnica peculiare ad esso più idonea.
Una simile condizione critica non può, quindi, indulgere
ad interpretazioni autobiografiche o di tipo romantico;
anzi, estrema cura ed attenzione occorrerà ad evitare, e
sarà talvolta oltremodo difficile, i pericoli più
sottili e nascosti di falsare la biografia, o
l'autobiografia, la letteratura e la storia: quello,
cioè, di scambiare per reale elemento di vita, per
verità biografica, un antico tema d'obbligo in siffatta
rimeria, e quello di lasciarsi suggestionare
dall'andamento apparentemente romantico o addirittura,
altre volte, da poeta maledetto o decadente, di questo o
quel componimento poetico.
Sembra ingiusto, perciò, accusare i giocosi, poggiandosi
soltanto sull'esame tematico e contenutistico delle loro
rime, di dissipazione morale, di scarsa interiorità, di
mancanza di serietà, di poco coraggio verso i tremendi
doveri che c'impone la vita. La loro piú alta serietà
consiste nell'onestà e nell'impegno con cui affrontarono
praticamente e risolvettero secondo le proprie
possibilità e la propria vocazione i loro problemi di
cultura, di tecnica, di stile; nella coerenza con cui
tennero fede alla loro visione della vita e la
espressero secondo i modelli di una decisiva tradizione.
Rappresentarono il fastidio e la sazietà che ormai
poteva generare la poesia aulica, ricca di aneliti verso
l'ideale, ma assai povera, o del tutto priva, del gusto
della realtà; si richiamarono alla vivace varietà della
vita in contrapposizione all'uniforme immagine
platonizzante, che essi potevano sentire indecisa nei
contorni e vaga e fumosa nel. suo sottile teologico
valore; non accettarono un'arte assai schifiltosa e
sprezzante, monotona costituzionalmente per la sua
stessa essenzialità, per amore verso la sempre
rinnovantesi plasmabilità del parlato e anzi ne
beffarono ed irrisero gli ormai consueti luoghi comuni;
alle sublimazioni sognate e celestiali vollero opporre i
rinnovati ed antichissimi diritti della terra e del
senso, mentre batteva alle porte la rivendicazione
umanistica e si preannunziava il trionfo naturalistico
del Rinascimento. Ma se questa serietà di fabbri del
parlar materno nell'unità di intenti e di propositi
(unità invero facile a degenerare anch'essa in gioco
accademico: accademia contro accademia) è decisiva a
riscattare i poeti giocosi dalla ripetuta accusa di
incolti e di illetterati, non si dimentichi, d'altra
parte, che moltissimi di loro appartenevano a famiglie
assai potenti ed illustri d'antica nobiltà, sulle quali
gravavano non poche responsabilità della vita del
Comune; che altri furono anche «messeri», cavalieri o
notari; e che le loro rime politiche, pensose robuste
impetuose, testimoniano, infine, la loro appassionata e
totale partecipazione agli avvenimenti del tempo, di cui
furono talvolta attori, talvolta spettatori, affrontando
coraggiosamente le conseguenze non sempre liete delle
loro azioni o delle loro particolari convinzioni
politiche, nel vivo della lotta. Ricorderemo le
sferzanti rime politiche di Rustico di Filippo, quelle
violente e beffarde di Folgore da San Gimignano, e le
pensose ed impetuose di Pietro dei Faitinelli, per
tacere degli altri.
[ ... ] alla tradizione giocosa latina medievale, a
quella piú antica dei temi misogini ed anti-uxorii,
della variabilità. della fortuna, delle tenzoni, degli
foca ecc., e a quella piú recente del goliardismo
sensuale e scapigliato, chiassoso e taverniere,
s'innesta, sulla scorta dei perentori paragrafi delle
Artes dictandi, la nuova tradizione giocosa in volgare.
Letteraria anch'essa, dunque; anch'essa accademia,
quanto lo stilnovismo e il petrarchismo. E se dello
Stilnovo fu detto che è «una scuola creata dai posteri»,
e però solo riconoscibile «come aura poetica e
dottrinale» (Flora), la stessa cosa potrebbe ripetersi
per i piú antichi nostri giocosi, concordi nel
rivolgersi ad una precisa tradizione letteraria e
nell'accettare i suggerimenti della retorica, e
riconoscibili nella loro ispirazione terrestre,
sensuosa, anti-aulica. Da loro, per via di imitazione e
di assimilazione, deriverà il «genere» che da Rustico si
prolunga almeno sino al Berni: in esso, a volta a volta,
pur tra il vano ripetersi degli antichi temi, come in
cera obbediente alle intenzioni dell'artista, si
plasmeranno l'estro di un Burchiello, la loquace e
facile letterarietà di un Pistoia, il sapiente
umoristico gioco di un Pulci.
Balza da questa affollata e rumorosa rimeria un
insegnamento storico che ci riporta ad un momento della
civiltà e della cultura europee ancora profondamente
unitaria, ed una panoramica visione che ci ridona la
vita ed il colore di quel tempo. A volerla rievocare
simultaneamente, dall'alto e quasi da lontano, essa ci
riconduce intero e assai vivo il fervore delle idee e
delle lotte, il fitto muoversi degli uomini con le loro
debolezze, le loro delusioni, le loro ambizioni. Vi
risentiamo le grossolane risate, le empie bestemmie, le
violente invettive; il pittoresco e multicolore fluire
della vita quotidiana del Comune vi rivive, nelle piazze
incorniciate dai palazzi degli Uffici o negli stretti e
bui vicoletti dominati dalle lussuose case gentilizie. E
se anche molti di quei piccoli ed affannati uomini sono
oggi muti e senza fisionomia (un nome scarno e vuoto;
null'altro), tuttavia la loro forza è significatíva e
suggestiva: eco di pettegolezzi e di risse e di cronaca
nera, espressione di una particolare sensibilità, segno
della vivacità e dell'impegno di una cultura militante.
La rimeria giocosa e «comica», pur rimanendo fenomeno
squisitamente letterario e culturale nella sua
ispirazione, nei suoi motivi e nella sua tecnica,
affonda le proprie radici nella vita e ci riporta il
senso ed il colore del tempo in una maniera che la
poesia «tragica», per la sua stessa natura, rifiuta e
condanna. E perciò sentiamo che quella, piú che questa,
è ricca di carica sociale ed affronta, pur nell'alveo
della tradizione tematica già - crediamo - a sufficienza
messa in rilievo, i problemi della vita quotidiana. |