IL "GRAVE STIL
NUOVO" DEL PINDEMONTE
Chi volesse
uno spaccato della cultura letteraria di fine settecento,
potrebbe certamente rivolgersi al ritratto sensibile e
pacato del Pindemonte, alla sua sintesi poetica, che è la
prima ad affermarsi con impronta sia pure stanca e slavata,
ma personale e precisa nel suo centro di movimento. E in
questo fin de siècle settecentesco, dominato idealmente
dall'Alfieri e dalla prima apparizione foscoliana, mentre
altrove il romanticismo è già pieno nella sua autorizzazione
teorica e pratica come Goethezeit, Schillerzeit, epoca dell'Athenaum,
la trama sottile delle direttive artistiche pindemontiane
segna anche sul fondo di un temperamento ancora
settecentesco, non raggelato dalla alta mania di
Winckelmann, il trasferimento della crisi cesarottiana in
tentativi di precisazione di un costume sentimentale in una
finitezza lineare, in una dinamica composta e perfetta. Il
grafico che uscendo fuori dal cerchio che ci siamo
disegnato, svolge le sue curve esili entro l'epoca
foscoliana e canoviana e s'intreccia con quelle della figura
mondana, le cui radici più chiaramente si nutrono nell'humus
neoclassico, è il grafico che meglio indica come, in
generale, atteggiamenti preromantici si svolsero senza
contrasto interiore in atteggiamenti neoclassici che di quel
primo momento più vasto mantennero il più originale calore.
«Tra classicismo e romanticismo» hanno collocato alcuni,
sulle orme del titolo più celebre del Folkierski, il
Pindemonte, ma più ragionevolmente lo storico situa una
esperienza così multipla e pur monotona sulla linea sinuosa
e non drammatica di un trapasso di stagioni letterarie
dall'ultimo canto di Arcadia, dal brio del sensismo e dalla
precisione scientifica illuministica, a chiare tenerezze
preromantiche, a candori neoclassici, ad irrobustimenti di
«situazione» romantica.
Sulla base di un interesse letterario, vivo in quanto
circoscritto nei confini di una gustata attenzione alla vita
aristocraticamente segnata come natura civile anche nei suoi
moti più istintivi, il Pindemonte sistema il suo
arricchimento di sensibilità originale e di volontà di
struttura in successive posizioni di equilibrio, in sintesi
letterarie tutte caratterizzate dalla sua scrittura blanda e
allungata, elusiva ed attenta, ma volta per volta adeguate a
successivi aspetti della maniera preromantica dalle sue
origini arcadiche e illuministiche al suo svolgimento
neoclassico, alle sue più audaci punte romantiche.
È forse questa sua facilità di adesione al proprio tempo
letterario e di rapido assestamento (sì che mai il suo volto
si scopre in crisi e le sue linee volta per volta si
precisano in una sagoma non scomposta anche se non
fortemente incisa) che costituisce la sua strana monotonia
in una molteplicità di esperienze, la sua assoluta mancanza
di tumulto nel pieno della crisi preromantica di cui egli è
così autorizzato rappresentante. Quella sua lontananza da
impegni estremi anche quando la sua letteratura assumeva gli
atteggiamenti più nuovi l'Arminio ad esempio), quel suo
rifiuto (lui amico di Alfieri) di un passaggio da motivi di
mestiere a giustificazioni più profonde dei nuovi modi,
mentre lo mette fuori dall'impeto più chiaramente
«protoromantico», precisa la sua curiosità letteraria in
maniera più indiscutibile e rende la sua testimonianza tanto
più preziosa quanto più, su di un primo stimolo spirituale,
si costruisce con un certo distacco, con una forma di
superiorità dello stile che viceversa non raggiunge mai la
piena padronanza del più cosciente neoclassicismo
winckelmanniano. Donde il lieve gusto contenutistico, il
tepido abbandono sentimentale, il discorso diffuso, poco
cristallizzato. Personalità viva nella sua intensità scarsa,
ma individuabile nel suo grado e nella sua continuità, fin
dalle prime esperienze rivelava il suo tono di tenuità
sostenuta, di tepore intellettuale e sensibile che per un
suo fremito lieve si diversifica ormai dalla sfumatura
arcadica anche quando quella è la esbase del suo
equilibrio...
Si sa che il Pindemonte vive nella memoria dei lettori
italiani per una poesia e più per un inizio di strofa che
pare rapprendere in una linea breve e miniaturistica, dunque
catalogabile come rococò, un movimento di tenerezza
preromantica non esente da una mitizzazione fra arcadica e
di grazia neoclassica:
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Melanconia
ninfa gentile. |
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In realtà
la grazia arcadica si è consumata in languore e in finezza
lineare e la sintesi come non può prescindere dal candore
classicheggiante, vive però in termini preromantici di
fronte a cui ogni altro elemento decade a temperamento di un
sostanziale animus poetico e di un programma che mira, come
un po' avviene anche nel Bertola, ad una tenue musica
sentimentale preparata e appoggiata ad un fondo di cultura
letteraria (gli inglesi) omogeneo e stimolante.
E giustamente l'esile distico diventa emblema del Pindemonte
e di una stagione poetica desiderosa insieme di una misura e
di una tensione, rappresentata dal simbolo suggestivo e
perfino dallo stimolo fonico della Melanconia. Gli urti più
passionali che pure vivevano nelle poesie degli
«estremisti», son qui smorzati, rappresi in brevi sospiri
soavi, in ritmi di sublime patetico e pittoresco; non più il
semplice piacevole arcadico o sensistico, non ancora il
bello tempestoso dei romantici di cui già però la esperienza
più rozza è scontata nelle prove degli estremisti e ridotta
in un equilibrio aristocratico.
Dal cerchio di una sensibilità leggermente trasognata di
malato e di convalescente (perfino verificabile in un
presente stato fisico del poeta «in tempi che una scomposta
salute minacciava non leggermente, benché di lontano, i suoi
giorni» - dice la lettera introduttiva di Elisabetta Mosconi
-), nascono da un gusto di rallentato, di «sentimentale»
abbandono, (e non distensione nel suo senso di lucida pace)
un trepido ritmo elegante quanto più stentato e
apparentemente negletto, che il neoclassicismo conclude
nelle Poesie Campestri, una ricerca di equilibrio
preromantico che il Pindemonte non otterrà in un tono più
solenne o più parlato. Si può dire del resto che la sua
natura un po' slavata e pur ricca di capacità formali e di
una larga inventività, corrisponde centralmente al tono
cercato in questa sintesi letteraria, dove il pittoresco e
il sentimentale si accordano nella fase di una mediocre
forza interiore a cui ripugna una rottura senza soluzione.
Solitudine, malinconia, che altrove servono a rompere
l'edonismo settecentesco, qui si posano come soavi miti la
cui suggestione non supera i limiti della tenerezza musicale
e della composizione pittorica del paesaggio.
E lo stesso mito della melanconia, centro di immagini di
moderata religiosità naturalistica moralistica («cuor
puro»), di gradazioni coerenti di colore («quel di viola tuo
manto»), di una coscienza di poetica nuova in quanto pensosa
musica di accordi interiori («il nuovo grave mio stil»),
subisce una preziosa modifica tutta pindemontiana
(Pindemonte vive di trovate poco appariscenti e sensibili).
Meglio che melanconia «leucocolia»: «una dolce melanconia,
leucocolia; ch'è come dire una bianca tristezza». |