SCHOPENHAUER E
LEOPARDI
Schopenhauer è un ingegno fuori del comune; lucido, rapido,
caldo e spesso acuto; aggiungi una non ordinaria dottrina. E
se non puoi approvare tutti suoi giudizi, ti abbatti qua e
là in molte cose peregrine, acquisti svariate conoscenze, e
passi il tempo con tuo grande diletto: ché è piacevolissimo
a leggere. Leopardi ragiona col senso comune, dimostra così
alla buona come gli viene, non pensa a fare effetto, è
troppo modesto, troppo sobrio. Lo squallore della vita che
volea rappresentare si riflette come in uno specchio in
quella scarna prosa; il suo stile è come il suo mondo, un
deserto inamabile dove invano cerchi un fiore. Schopenhauer,
al contrario, quando se gli scioglie lo scilinguagnolo non
sa tenersi; è copioso, fiorito, vivace, allegro; gode
annunziarti verità amarissime, perché ci è sotto il
pensiero: - La scoperta è mia -; distrae e si distrae; e
quando ragiona, ti pare alcuna volta che si trovi in una
conversazione piacevole, dove, tra una tazza di thè ed un
bicchier di champagne, declami sulla vanità e la miseria
della vita. Sicché leggi con piacere Schopenhauer e stimi
Leopardi.
A. Capisco. Leopardi morì giovine, martire delle sue idee;
Schopenhauer continua ancora a morire senza cessar di
vivere.
D. Tu fai come i fanciulli, co' quali si è fatto troppo a
fidanza; ché questo è un'insolenza bella e buona.
A. Tu vuoi il monopolio dello scherzo. Viva Schopenhauer
molti e molti anni ancora, e ci regali un nuovo trattato sul
«Wille». Anzi ti prometto che mi porrò a studiare davvero, e
voglio fare una traduzione della sua opera principale e
propagarla nel regno di Napoli. Perché penso che dee piacere
molto a Campagna che i fedelissimi sudditi si dedichino alla
vita contemplativa, facciano voti di castità, di povertà e
di ubbidienza, e lasciando lui vittima della vita, passino
il tempo a fare una meditazione sulla morte.
D. Ma se vuoi che la tua edizione faccia frutto, hai da
bruciare innanzi tutti gli esemplari del Leopardi.
A. Mi pare che Shopenhauer ti abbia inculcata la malattia
del paradosso. Abbiamo detto che tutt'e due pensano allo
stesso modo.
D. Perché Leopardi produce l'effetto contrario a quello che
si propone. Non crede al progresso, e te lo fa desiderare;
non crede alla libertà, e te la fa amare. Chiama illusioni
l'amore, la gloria, la virtù, e te ne accende in petto un
desiderio inesausto. E non puoi lasciarlo, che non ti senta
migliore; e non puoi accostartegli, che non cerchi innanzi
di raccoglierti e purificarti, perché non abbi ad arrossire
al suo cospetto. È scettico, e ti fa credente; e mentre non
crede possibile un avvenire men tristo per la patria comune,
ti desta in seno un vivo amore per quella e t'infiamma a
nobili fatti. Ha così basso concetto dell'umanità, e la sua
anima alta, gentile e pura l'onora e la nobilita. E se il
destino gli avesse prolungata la vita infino al quarantotto,
senti che te l'avresti trovato accanto, confortatore e
combattitore. Pessimista od anticosmico, come Schopenhauer,
non predica l'assurda negazione del «Wille», l'innaturale
astensione e mortificazione del cenobita: filosofia
dell'ozio che avrebbe ridotta l'Europa all'evirata
immobilità orientale, se la libertà e l'attività del
pensiero non avesse vinto la ferocia domenicana e la
scaltrezza gesuitica. Ben contrasta Leopardi alle passioni,
ma solo alle cattive; e mentre chiama larva ed errore tutta
la vita, non sai come, ti senti stringere più saldamente a
tutto ciò che nella vita è nobile e grande. L'ozio per
Leopardi è un'abdicazione dell'umana dignità, una
vigliaccheria; Schopenhauer richiede l'occupazione come un
mezzo di conservarsi in buona salute. E se vuoi con un solo
esempio misurare l'abisso che divide queste due anime, pensa
che per Schopenhauer tra lo schiavo e l'uomo libero corre
una differenza piuttosto di nome che di fatto; perché se
l'uomo libero può andare da un luogo in un altro, lo schiavo
ha il vantaggio di dormire tranquillo e vivere senza
pensiero, avendo il padrone che provvede ai suoi bisogni; la
qual sentenza se avesse detta Leopardi, avrebbe arrossito di
essere «Wille» della stessa natura di Schopenhauer.
A. Finora abbiamo scherzato. Ora mi fai una faccia tragica.
D. Aggiungi che la profonda tristezza con la quale Leopardi
spiega la vita, non ti ci fa acquietare, e desideri e cerchi
il conforto di un'altra spiegazione. Sicché se caso, o
fortuna, o destino volesse che Schopenhauer facesse capolino
in Italia, troverebbe Leopardi che gli s'attaccherebbe ai
piedi come una palla di piombo, e gl'impedirebbe di andare
innanzi. |