Lo
spirito del Manzoni nei Promessi sposi
La grandezza dei Promessi
Sposi non si comprende con un'analisi minuta ma con una
considerazione sintetica della loro fisionomia, dove si
rispecchia uno spirito che ha conquistato, in un
silenzioso e gigantesco travaglio, un'unità perfetta e
assoluta. I Promessi Sposi sono la forma ultima a cui è
giunto lo spirito del Manzoni, la sintesi delle sue
ignote esperienze, la sublimazione della sua vita nelle
trasparenze dell'arte. Non le singole frasi ci guidano a
quella grandezza, ma i problemi della sua esistenza e
della sua mente. Nel romanzo le Osservazioni sono
diventate creature, paesaggi, avvenimenti, un mondo vivo
e luminoso; sono penetrate dovunque, hanno animato senza
tregua la sua fantasia.
Il Gioberti ha avuto per un momento un'intuizione
simile, ma, non facendo opera di critico, è passato
oltre; questa invece dev'essere il punto di partenza per
interpretare i Promessi Sposi. L'esame della fantasia
d'un poeta non basta a svelare il segreto della sua
arte: tutto il suo spirito vi confluisce, e la fantasia
lo regge e lo illumina. Per sentire l'armonia di quel
capolavoro bisogna conoscere la pace solenne dello
spirito del Manzoni, da cui discende quello sguardo
sapiente, comprensivo, fermo, pietoso, che si stende su
tutte le vicende umane e sul teatro stesso delle nostre
fugaci miserie. Chi è penetrato nell'intimo del romanzo
e perciò vede riflesso il tutto nelle parti, sente il
respiro della fede anche nella pagina che descrive il
temporale foriero del termine della peste: chi non ci
vede questo elemento, non la comprende. La stessa
compostezza del suono è l'eco d'una compostezza intima
d'un'incrollabile sicurezza in una verità eterna che
cancellerà le prove angosciose del mondo che passa.
Il Manzoni è un grande che noi abbiamo intuito più che
compreso. Bisogna abituarsi alla meditazione, e
immedesimarsi nella calma religiosa di quello spirito
mite e dominatore, che è germinato attraverso molti
secoli di elaborazione dell'idea cristiana ed ha
sviluppato nella sua arte uguale e tersa, più fedelmente
di ogni altro poeta, la parola di Cristo e la sua
contemplazione del mondo.
Da quella serenità superiore alle febbri e alle
agitazioni umane discende la serenità senza fremiti
della sua visione di ogni cosa, di ogni spettacolo: egli
ignora, si può dire, l'esclamazione, il moto violento;
Dio gli ha donato un po' della sua armonia. Non
altrimenti si spiega, nella sua origine prima, quella
solidità non intaccabile, quella lucidità senza macchie,
il senso continuo che ci dànno i Promessi Sposi d'un
intelletto potente che penetra, sembra, senza fatica
dovunque con una lampada inestinguibile.
L'atteggiamento più costante del Manzoni di fronte allo
spettacolo della vita ed ai suoi problemi è una
tranquillità grave, che non gli permette un attimo di
scompostezza nemmeno dinanzi ai quadri più comici.
Quante volte lo specchio del suo sguardo ci richiama
l'immagine pura e solenne dei
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vegliardi che ai casti pensieri
della tomba già schiudon la mente, |
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ci fa
pensare alle «liete voglie sante» della canizie, al modo
come deve guardare il mondo l'uomo che dopo una vita
imperturbata si avvicina al transito eterno! Solo chi ha
conquistato questo dominio, può irradiare una luce così
uguale da ogni sua pagina, vedere con tanta precisione
la natura d'un sentimento fra le complicatezze infinite
della nostra psicologia, scoprire un tal numero non di
eleganti acutezze ma di verità morali inconfutabili, non
lasciare quasi mai un'incertezza sull'evidenza della
condotta dei personaggi di fronte ai casi più vari,
mantenersi così calmo pur nella commozione più profonda,
segnare con tanta nettezza i contorni delle cose,
dipingere i paesaggi con un così semplice nitore. Da
ogni pagina s'irradia questa certezza che ha dissipate
in sé tutte le nebbie, placati in sé tutti i dissidi. La
fede equanime, senza passione, è la chiave che ha aperto
alla fantasia del Manzoni le porte del mondo, e gliel'ha
spiegato dinanzi in una chiarità contemplativa che
nessun altro poeta nostro ha conosciuto. |