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CRITICA: IL NEOCLASSICISMO
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GUSTO NEOCLASSICO
Ne méprisez la sensibilité de
personne. La sensibilité de
chacun, c'est son gene.
Parole del Baudelaire che, come
son vere per l'autore delle
Fleurs du mal, son certo vere
anche pel Winckelmann. E proprio
alla pagina precedente di Fusées,
da cui è tolta questa citazione,
si legge:
Tantót il lui demandait la
permission de lui baiser la
jambe, et il profitait de la
circostance pour baiser cette
belle jambe dans telle position
quelle dessinàt nettement son
contour sur le soleil couchant.
Sensualità come quella del
Baudelaire o quella del
Winckelmann si appagano
soprattutto di contemplazione;
un contorno, una linea polarizza
la intenta vibrazione dei loro
sensi; spirito e senso son
talmente intrecciati, che non
sai più che definir costoro
platonici o feticisti.
Non è solo, il Winckelmann, a
preoccuparsi in quei tempi di
determinare la linea della
bellezza; Hogarth, Burke, Mengs,
teorizzavano in proposito, e la
sua definizione del canone
secondo rapporti matematici sarà
ancora un riflesso di quella
filosofia wolfiana che il
Winckelmann aveva assimilato
all'università, per poi
distaccarsene. Ma codeste
tendenze dell'epoca,
incarnandosi in un Winckelmann,
assumevano una diversa
sfumatura. Filosofia wolfiana
affermare l'esistenza d'un solo
bello, come d'un solo vero,
applicando Euclide alla
metafisica, o non piuttosto
bisogno d'amante di proclamare
l'universalità di quel solo
bello che l'anima sua concepiva?
Dolce mania, che in una forma
estrema e grottesca può spingere
un Caligola a proclamare
senatore il suo cavallo.
Sostegni teorici non mancano mai
a chi non riesce a vedere il
mondo che da un suo singolare
punto di vista. «Il più sublime
oggetto che possa trattare
l'arte per l'uomo che pensa, è
l'uomo». Non è questa un'eco
dell'Essay on Man del Pope, che
il Winckelmann sapeva a memoria?
The propor study of Mankind is
Man. E quando egli sosteneva
essere necessario il fuoco della
gioventù per l'apprensione del
bello, «prima che giunga l'età
in cui s'inorridisce di
confessare che non sentiamo
nulla», e voleva poi quel bello
purgato d'ogni eterogeneità di
passione umana, come «l'acqua,
la quale è tanto migliore,
quanto ha meno gusto»,
riecheggiava assiomi del
classicismo francese e
dell'inglese, ché il Bouhours
aveva detto:
«Le beau langage ressemble à une
eau pure et nette qui n'a point
de gout, qui coule de source,
etc», e il Pope, sulle orme di
Montaigne, ripudiando la pigra
apatia (che egli, ingiustamente,
ascrive agli Stoici), assegna
alle passioni l'ufficio di
venti, e alla ragione quello di
portolano; e similmente l'Addison
aveva descritto il vincitore di
Blenheim mentre «con tranquillo
pensiero contemplava il campo
della morte, calmo e sereno
guidava il furioso uragano,
cavalcava sul turbine e dirigeva
la tempesta», versi ricopiati da
Winckelmann in una sua antologia
giovanile di scrittori inglesi e
citati poi a dare immagine della
calma nell'arte. Ma Pope o
Platone, Wolff o Baumgarten, son
parole d'un linguaggio corrente
tra gli uomini adattate a
interpretare la mal comunicabile
sensibilità d'un uomo
d'eccezione.
Chi vuole, può decifrare il
palinsesto che, dopo tutto, è
assai trasparente.
Nel famoso passo lirico
sull'Apollo del Belvedere dice
il Winckelmann che «in quella
figura nulla v'è di mortale,
nessun indizio si scopre dei
bisogni dell'umanità», e trova
poi che «la sua bocca è
un'immagine di quella dell'amato
Branco in cui respirava la
voluttà», «gli occhi suoi son
pieni di quella dolcezza che
mostrar suole allorché lo
circondan le Muse e lo
accarezzano», la sua fronte e le
sue sopracciglia son quelle di
Giove, gli occhi quelli di
Giunone; un Bacco «mostra una
mescolanza indescrivibile nel
suo volto delle più belle forme
giovanili tanto mascoline quanto
femminine, ed un mezzo fra le
due nature, quale si può
solamente sentire da un
attentissimo osservatore»; in un
Antinoo (in realtà un Ermete)
«l'occhio è dolcemente arcuato,
come nella dea d'amore, ma senza
mostrarne i desideri, non
esprime che innocenza; la bocca
nel piccolo giro de' suoi
contorni spira emozioni, ma
sembra che non le senta»; una
pittura sedicente antica (si
trattava di una contraffazione
del Mengs) di Giove in atto di
baciar Ganimede: «L'amasio di
Giove è certo una delle più
straordinariamente belle figure
che ci siano rimaste
dall'antico, ed io non saprei
trovar nulla da paragonare col
suo volto; spira da esso tanta
voluttà che l'anima di lui
sembra portarsi tutta in quel
bacio». La figura di Bacco «è
quella di bellissimo garzone che
entra nella primavera della
vita, cioè nell'adolescenza, in
cui la sensazione della voluttà,
come il tenero germoglio di una
pianta, comincia a spuntare, e
che fra il sonno e la veglia
mezzo immerso ancora in un sogno
lusinghiero, mentre cerca di
raccogliere le immagini,
comincia a riconoscersi».
Winckelmann trovava nell'arte
ellenistica la conferma della
sua fissazione all'ermafrodito;
i Greci avevan rappresentato la
bellezza ideale «prendendola in
parte dalla figura naturale dei
bei giovani, in parte dalle
molli forme de' begli eunuchi, e
sublimata poi con tale struttura
dell'intero corpo che avea del
sovrumano»; la figura, per esser
bella, doveva essere indefinita,
non esprimere alcun affetto che,
togliendo l'unità, avrebbe
offuscato la bellezza, onde gli
antichi s'ispiravano alle
persone «il verde della cui età
era mantenuto più lungamente per
la privazione de' vasi
spermatici, come ne' sacerdoti
di Cibele e di Diana efesina;
poiché in costoro viene ad
unirsi la dolce convessità da
ambedue i sessi».
Ma una pura bellezza, davvero
disincarnata e sublimata
(«figure ideali, come uno
spirito etereo purificato dal
fuoco, spogliate d'ogni
debolezza umana, talmente che
non vi si scoprono né tendini né
vene») non avrebbe saputo
suggerire quelle lascive
immagini di voluttà in
germoglio, di bocche fatte pel
bacio, di membra fatte per le
carezze, di sognante erotismo
liminare. Lo stesso carattere di
fissità, di staticità
dell'ideale estetico del
Winckelmann è la trasposizione,
in termini d'arte, d'un sostrato
erotico come il suo, ove
un'immensa somma d'energia era
impegnata in un allucinante
idoleggiamento dell'oggetto
amato. Cette belle jambe dans
telle position qu'elle dessinàt
nettement son contour sur le
soleil couchant.
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Mario
Praz | |
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