IL SITO DELLA LETTERATURA

 Autore Luigi De Bellis   
     

CRITICA LETTERARIA

IL Neoclassicismo

 
 

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CRITICA: IL NEOCLASSICISMO

GUSTO NEOCLASSICO

 

 

 

Ne méprisez la sensibilité de personne. La sensibilité de chacun, c'est son gene.

Parole del Baudelaire che, come son vere per l'autore delle Fleurs du mal, son certo vere anche pel Winckelmann. E proprio alla pagina precedente di Fusées, da cui è tolta questa citazione, si legge:

Tantót il lui demandait la permission de lui baiser la jambe, et il profitait de la circostance pour baiser cette belle jambe dans telle position quelle dessinàt nettement son contour sur le soleil couchant.

Sensualità come quella del Baudelaire o quella del Winckelmann si appagano soprattutto di contemplazione; un contorno, una linea polarizza la intenta vibrazione dei loro sensi; spirito e senso son talmente intrecciati, che non sai più che definir costoro platonici o feticisti.
Non è solo, il Winckelmann, a preoccuparsi in quei tempi di determinare la linea della bellezza; Hogarth, Burke, Mengs, teorizzavano in proposito, e la sua definizione del canone secondo rapporti matematici sarà ancora un riflesso di quella filosofia wolfiana che il Winckelmann aveva assimilato all'università, per poi distaccarsene. Ma codeste tendenze dell'epoca, incarnandosi in un Winckelmann, assumevano una diversa sfumatura. Filosofia wolfiana affermare l'esistenza d'un solo bello, come d'un solo vero, applicando Euclide alla metafisica, o non piuttosto bisogno d'amante di proclamare l'universalità di quel solo bello che l'anima sua concepiva? Dolce mania, che in una forma estrema e grottesca può spingere un Caligola a proclamare senatore il suo cavallo.

Sostegni teorici non mancano mai a chi non riesce a vedere il mondo che da un suo singolare punto di vista. «Il più sublime oggetto che possa trattare l'arte per l'uomo che pensa, è l'uomo». Non è questa un'eco dell'Essay on Man del Pope, che il Winckelmann sapeva a memoria? The propor study of Mankind is Man. E quando egli sosteneva essere necessario il fuoco della gioventù per l'apprensione del bello, «prima che giunga l'età in cui s'inorridisce di confessare che non sentiamo nulla», e voleva poi quel bello purgato d'ogni eterogeneità di passione umana, come «l'acqua, la quale è tanto migliore, quanto ha meno gusto», riecheggiava assiomi del classicismo francese e dell'inglese, ché il Bouhours aveva detto:
«Le beau langage ressemble à une eau pure et nette qui n'a point de gout, qui coule de source, etc», e il Pope, sulle orme di Montaigne, ripudiando la pigra apatia (che egli, ingiustamente, ascrive agli Stoici), assegna alle passioni l'ufficio di venti, e alla ragione quello di portolano; e similmente l'Addison aveva descritto il vincitore di Blenheim mentre «con tranquillo pensiero contemplava il campo della morte, calmo e sereno guidava il furioso uragano, cavalcava sul turbine e dirigeva la tempesta», versi ricopiati da Winckelmann in una sua antologia giovanile di scrittori inglesi e citati poi a dare immagine della calma nell'arte. Ma Pope o Platone, Wolff o Baumgarten, son parole d'un linguaggio corrente tra gli uomini adattate a interpretare la mal comunicabile sensibilità d'un uomo d'eccezione.

Chi vuole, può decifrare il palinsesto che, dopo tutto, è assai trasparente.

Nel famoso passo lirico sull'Apollo del Belvedere dice il Winckelmann che «in quella figura nulla v'è di mortale, nessun indizio si scopre dei bisogni dell'umanità», e trova poi che «la sua bocca è un'immagine di quella dell'amato Branco in cui respirava la voluttà», «gli occhi suoi son pieni di quella dolcezza che mostrar suole allorché lo circondan le Muse e lo accarezzano», la sua fronte e le sue sopracciglia son quelle di Giove, gli occhi quelli di Giunone; un Bacco «mostra una mescolanza indescrivibile nel suo volto delle più belle forme giovanili tanto mascoline quanto femminine, ed un mezzo fra le due nature, quale si può solamente sentire da un attentissimo osservatore»; in un Antinoo (in realtà un Ermete) «l'occhio è dolcemente arcuato, come nella dea d'amore, ma senza mostrarne i desideri, non esprime che innocenza; la bocca nel piccolo giro de' suoi contorni spira emozioni, ma sembra che non le senta»; una pittura sedicente antica (si trattava di una contraffazione del Mengs) di Giove in atto di baciar Ganimede: «L'amasio di Giove è certo una delle più straordinariamente belle figure che ci siano rimaste dall'antico, ed io non saprei trovar nulla da paragonare col suo volto; spira da esso tanta voluttà che l'anima di lui sembra portarsi tutta in quel bacio». La figura di Bacco «è quella di bellissimo garzone che entra nella primavera della vita, cioè nell'adolescenza, in cui la sensazione della voluttà, come il tenero germoglio di una pianta, comincia a spuntare, e che fra il sonno e la veglia mezzo immerso ancora in un sogno lusinghiero, mentre cerca di raccogliere le immagini, comincia a riconoscersi».

Winckelmann trovava nell'arte ellenistica la conferma della sua fissazione all'ermafrodito; i Greci avevan rappresentato la bellezza ideale «prendendola in parte dalla figura naturale dei bei giovani, in parte dalle molli forme de' begli eunuchi, e sublimata poi con tale struttura dell'intero corpo che avea del sovrumano»; la figura, per esser bella, doveva essere indefinita, non esprimere alcun affetto che, togliendo l'unità, avrebbe offuscato la bellezza, onde gli antichi s'ispiravano alle persone «il verde della cui età era mantenuto più lungamente per la privazione de' vasi spermatici, come ne' sacerdoti di Cibele e di Diana efesina; poiché in costoro viene ad unirsi la dolce convessità da ambedue i sessi».

Ma una pura bellezza, davvero disincarnata e sublimata («figure ideali, come uno spirito etereo purificato dal fuoco, spogliate d'ogni debolezza umana, talmente che non vi si scoprono né tendini né vene») non avrebbe saputo suggerire quelle lascive immagini di voluttà in germoglio, di bocche fatte pel bacio, di membra fatte per le carezze, di sognante erotismo liminare. Lo stesso carattere di fissità, di staticità dell'ideale estetico del Winckelmann è la trasposizione, in termini d'arte, d'un sostrato erotico come il suo, ove un'immensa somma d'energia era impegnata in un allucinante idoleggiamento dell'oggetto amato. Cette belle jambe dans telle position qu'elle dessinàt nettement son contour sur le soleil couchant.

Mario Praz

© 2009 - Luigi De Bellis