IL CONCETTO DI
BAROCCO
Il Croce,
al quale si deve un decisivo impulso nell'indagine sulla
letteratura e sulla cultura del seicento in Italia, è ancora
decisamente legato a un giudizio negativo sul barocco. IL
barocco è per lui una manifestazione del brutto, che non può
portare a nessun risultato d'arte: alla base di ciò che il
seicento ha prodotto nella letteratura non c'è un'intenzione
di fare poesia, ma il desiderio puramente pratico e
utilitario di costruire opere gradevoli, intese soltanto a
dare diletto e piacere. La caratteristica che distingue il
barocco dalle altre categorie di brutto artistico è la
ricerca continua della meraviglia, dell'effetto nuovo e
imprevisto, che suscita il diletto proprio con la sorpresa
che determina nel lettore.
Il barocco è una sorta di brutto artistico, e, come tale,
non è niente di artistico, ma anzi, al contrario, qualcosa
di diverso dall'arte, di cui ha mentito l'aspetto e il nome,
e nel cui luogo si è introdotto o si è sostituito. E questo
qualcosa, non obbedendo alla legge della coerenza artistica,
ribellandosi a essa o frodandola, risponde, com'è chiaro, a
un'altra legge, che non può essere se non quella del libito,
del comodo, del capriccio, e perciò utilitaria o edonistica
che si chiami. Onde il barocco, come ogni sorta di brutto
artistico, ha il suo fondamento in un bisogno pratico, quale
che questo sia, e comunque si sia formato, ma che, nei casi
come questo che si considera, si configura semplicemente in
richiesta e godimento di cosa che diletta, contro tutto, e,
anzitutto, contro l'arte stessa.
Per distinguere il «barocco» tra le altre sorte del brutto o
dell'impoetico bisogna perciò cercare a quale
soddisfacimento edonistico esso corrisponda: non senza
avvertire per altro che la ricerca in questa materia non può
mirare se non a una classificazione empirica, a causa della
varietà infinita, delle infinite tonalità o sfumature dei
modi del piacere. S'intende anche che le varie classi o tipi
del piacere che è sotto l'impoetico non si escludono e anzi
spesso si mescolano tra loro e l'una si tira dietro l'altra,
come il Manzoni notava del suo immaginario «Anonimo»
secentesco, che sapeva riuscire, nella prosa che componeva,
«rozzo insieme ed affettato».
E veramente non c'è difficoltà alcuna ad additare la
caratteristica del barocco, quella che lo distingue
dall'«accademico», per es., o dal «sentimentalistico» o
dallo «svenevolo», e che consiste nel sostituire la verità
poetica, e l'incanto che da essa si diffonde, con l'effetto
dell'inaspettato e dello stupefacente; che eccita,
incuriosisce, sbalordisce e diletta mercé la particolare
forma di scotimento che procura. Non c'è difficoltà, perché,
com'è notissimo, tale caratteristica fu programmaticamente
esposta dai letterati di quella scuola, e dal principale di
essi, il Marino, che dié al poeta per «fine» la
«meraviglia», ammonendo che «chi non sa far stupire» lasci
di fare il poeta e «vada alla striglia», vada a fare il
mozzo di stalla. |